Oggi entra in vigore il cosiddetto collegato lavoro e comincia il conto alla rovescia per i lavoratori precari senza più contratto.
Nel provvedimento, che la CGIL ha più volte definito “una vera e propria controriforma del diritto e del processo del lavoro”, c’è una norma ‘tagliola’: il fatto cioè che i lavoratori con un contratto a termine avranno solo 60 giorni di tempo, dopo la scadenza del rapporto di lavoro, per fare ricorso contro l’azienda in caso di irregolarità. Così se entro il 23 gennaio i lavoratori con contratto a termine scaduto non presenteranno un ricorso al proprio datore di lavoro perderanno il diritto di farlo. Una scadenza che si applicherà anche ai contratti di collaborazione o a tempo determinato senza alcuna eccezione.
Le stime della CGIL parlano di una cifra compresa tra le 100mila e le 150mila persone coinvolte. “Da oggi il lavoratore precario - spiega il segretario confederale Fulvio Fammoni -, anche con contratto a termine scaduto, viene messo nella condizione dover decidere in pochi giorni se impugnare il contratto irregolare o perdere per sempre quel diritto”. Un fatto, osserva il dirigente sindacale, “che crea una disparità fortissima anche perché, in questa maniera, si equipara la conclusione di un contratto temporaneo ad un licenziamento”.
Il sindacato di Corso d'Italia contesta anche i tempi troppo stretti. “Da oggi al 23 gennaio in molti - dice Fammoni - non saranno in grado neppure di conoscere la norma e, quindi, decadranno dal diritto”. Così come, rileva, “la probabile impennata del contenzioso: cioè l'esatto contrario di quanto il governo dichiara di perseguire con l'allargamento del ricorso all'arbitrato”.
La CGIL, con le sue strutture e sul tutto il territorio nazionale, sarà impegnata nei prossimi sessanta giorni in una attività straordinaria di consulenza e tutela.
Nel merito il sindacato sottolinea che i contratti di lavoro precari, già conclusi da tempo, se si ritiene siano viziati da irregolarità, devono quindi essere contestati per scritto entro i 60 giorni successivi all'entrata in vigore della Legge. Questo lo si può fare anche con una lettera che interrompa i termini di legge. Successivamente si avranno 270 giorni a disposizione per andare ad un giudice per riaffermare il diritto.
Fonte: CGIL
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