martedì 22 luglio 2014

LE MULTINAZIONALI CONTROLLANO TUTTO CIÒ CHE MANGIAMO


Il loro obiettivo è il profitto, senza alcun riguardo per la salute umana

Dai nostri campi alle nostre forchette,le grandi corporation hanno una quantità enorme di potere sul nostro approvvigionamento alimentare, spiega Mychael Snyder sul blog 'The Economic Collpase'. Attualmente più di 313 milioni di persone vivono negli Stati Uniti e il compito di nutrirle tutte è concentrato nelle mani di poche decine di compagnie. Lo scopo di queste aziende è quello di massimizzare la ricchezza dei propri azionisti. Così il popolo americano finisce per mangiare miliardi di chili di cibo estremamente malsano, curato con sostanze chimiche e additivi.

Se gli Usa avessero avuto un vero sistema capitalistico, avrebbero un elevato livello di concorrenza nel settore alimentare. L’industria alimentare statunitense è, invece, diventata sempre più concentrata ogni anno che passa. Basta considerare i seguenti numeri sul settore agricolo degli Stati Uniti …

Il settore agricolo degli Stati Uniti soffre di livelli anormalmente elevati di concentrazione. La maggior parte dei settori economici ha rapporti di concentrazione di circa il 40%, il che significa che le prime quattro imprese del settore controllano il 40% del mercato. Se il rapporto di concentrazione è superiore al 40%, gli esperti ritengono che la concorrenza possa essere minacciato e gli abusi di mercato sono più probabili: più alto è il numero, maggiore è la minaccia.

I rapporti di concentrazione nel settore agricolo sono scioccanti.

-Quattro società possiedono 83,5% del mercato delle carni bovine. 
-Le prime quattro imprese detengono il 66% del mercato delle carni suine 
-Le prime quattro imprese controllano il 58,5%  del mercato della carne di pollo
-Nel settore delle sementi, quattro società controllano il 50% del mercato americano e il 43% del mercato delle sementi in tutto il mondo. 
-Quando si tratta di colture geneticamente modificate, una sola società, la Monsanto, vanta il controllo di oltre l’85% della superficie coltivata a mais degli Stati Uniti e il 91% di quella coltivata a soia.

Quando così tanto potere è concentrato in poche mani, i pericoli che ne derivano sono tremendi.

E, come se non bastasse prosegue Snyder, molte di queste corporazioni giganti (come la Monsanto) sono estremamente spietate. I piccoli agricoltori in tutta l'America sono stati spazzati via e costretti ad abbandonare l'attività  a causa delle pratiche commerciali predatorie condotte da queste grandi aziende …

Naturalmente il controllo che le grandi aziende hanno sul nostro approvvigionamento alimentare non si esaurisce nelle fattorie.
 

Anche la distribuzione del cibo è altamente concentrata. L’immagine seguente, creata da Oxfam International, mostra come solo 10 gigantesche multinazionali controllano quasi tutto ciò che compriamo al supermercato ...
Ad esempio, è stato recentemente riportato che la Nestlé sta conducendo una massiccia operazione di imbottigliamento di acqua in una riserva indiana in California, colpita da siccità.

Nestlé non si ferma a pensare se sia giusto o sbagliato imbottigliare acqua nel mezzo della peggiore siccità nella storia dello stato della California. Hanno il diritto di farlo e stanno facendo grandi profitti nel farlo, e quindi continueranno a farlo.

Si potrebbe pensare di boicottare tutte queste aziende e mangiare biologico, facendo la spesa nei negozi di alimenti naturali.

Beh, avverte Snydere, non è così facile. Secondo l'autore Wenonah Hauter, anche "l'industria alimentare della salute" è a estremamente concentrata ...
Negli ultimi 20 anni, Whole Foods Market ha acquisito le sue concorrenti, anche Wellspring Grocery, Bread of Life, Bread & Circus, Food for Thought, Fresh Fields, Wild Oats Markets,  Oggi la catena domina il mercato perché non ha nessun concorrente nazionale. Negli ultimi cinque anni le sue vendite lorde sono aumentate della metà (47 per cento) a 11,7 miliardi dollari, e l'utile netto quadruplicato a 465,6 milioni dollari. Uno dei modi attraverso i quali ha raggiunto tale redditività è con la vendita di prodotti alimentari tradizionali sotto la falsa illusione che siano meglio dei prodotti venduti in un negozio di alimentari regolare. I consumatori erroneamente concludono che questi prodotti siano migliori, e sono disposti a pagare un prezzo più alto. 

Anche la distribuzione dei cibi biologici è estremamente concentrata. Una società poco conosciuta, la United Natural Foods, Inc. (UNFI)  controlla la distribuzione di prodotti biologici e naturali. La società ha un contratto con la Whole Foods, ed è la principale fonte di questi prodotti per i restanti negozi di alimenti biologici. Questo rapporto ha portato a prezzi sempre più elevati per questi alimenti. Negli ultimi cinque anni, le vendite nette della UNFI sono aumentate di oltre la metà (55,6 per cento), 5,2 miliardi di dollari. Il suo margine di profitto netto è aumentato dell’88 per cento, a 91 milioni di dollari.

Ovunque si guardi, le multinazionali hanno il controllo.

E questo è particolarmente vero quando si guarda ai grandi distributori alimentari, come la Wal-Mart. Un dollaro su tre speso per generi alimentari negli Stati Uniti è speso da Wal-Mart.

Che è assolutamente stupefacente, e dà, ovviamente, Wal-Mart una quantità immensa di potere.

Nel settore della ristorazione, le dieci più grandi società di fast food rappresentano il 47 per cento di tutte le vendite dei fast food e, considerata la storia d'amore che gli americani hanno con i fast food, queste catene non sembrano essere in pericolo.

Se ad un americano non piace come queste multinazionali si comportano, sostiene Snyder, può sempre lamentarsi. Ma sarebbe uno a fronte di 313 milioni, e la maggior parte di queste grandi multinazionali non ha intenzione di prendere in considerazione le farneticazioni di una sola persona.

Collettivamente però, spiega Snyder, abbiamo un grande potere. E il modo in possiamo ottenere che queste grandi società cambino è votando con i nostri portafogli.

Purtroppo, la stragrande maggioranza degli americani sembra abbastanza soddisfatta dello status quo. La popolazione continuerà a essere sempre più malata, più grassa e meno sana ogni anno che passa mentre le grandi aziende alimentari diventeranno ancora più potenti.



SULLE ROTTE DEL GRIFONE IN DELTAPLANO E PARAPENDIO

E' stata pubblicata in internet l'anteprima (trailer) di un documentario naturalistico e sportivo che presenta al pubblico la vita di una specie maestosa di rapaci, i grifoni europei, in maniera assolutamente inedita ed innovativa, cioè ripresi dal deltaplano o dal parapendio.

Questi due mezzi di volo libero sono la chiave interpretativa per scoprire il mondo aereo di questi uccelli che raggiungono un'apertura alare di 2,8 metri. Il progetto si propone di salvaguardare la specie facendola conoscere ad un pubblico vasto e valorizzare un bene naturale dei nostri territori.

I piloti di deltaplano e parapendio hanno il privilegio di condividere con gli uccelli il medesimo ambiente e lo stesso metodo di volo, decollando da un pendio montano, volteggiando sopra le creste, planando nell'aria o volando per centinaia di chilometri. Il tutto in modo ecologico, senza rumore di motori, guadagnando quota trasportati dalle masse d'aria ascensionali create dall'irraggiamento solare del suolo, le cosiddette termiche. Il pilota di volo libero è, quindi, in grado di avvicinare e farsi avvicinare dai volatili che lo riconoscono come loro simile. Entrambi sono inseriti in modo naturale nello stesso ambiente e sottostanno ad identiche leggi nell'affrontare il volo.

Promotore dell'interessante iniziativa è il triestino Davide Finzi Carraro, quarant'anni, da ventidue pilota di deltaplano e parapendio, membro dell'associazione Ali Libere di Gemona del Friuli (Udine), nella vita progettista di droni.

I grifoni sono di casa in un triangolo che va dalla riserva naturale del Cornino, dall'omonimo lago, dove già da anni è in corso un progetto di conservazione e reintroduzione della specie, passando da Tolmin in Slovenia, fino all'isola di Cherso in Croazia. In questo vasto territorio il deltaplano di Davide Carraro segue il volo dei grifoni allo stato selvaggio, percorre in formazione con i rapaci lunghi tratti delle loro rotte migratorie, ed il pilota li osserva da un punto di vista privilegiato, ala ad ala. Questo stretto contatto in volo, con l'ausilio dell'interpretazione del pilota, consente di seguire e riprendere gli uccelli veleggiatori in un modo che altrimenti non sarebbe possibile e può dare ai ricercatori informazioni e spunti per studiarne il comportamento e l'intelligenza.
Il documentario ci dice che l'avventura è sopra le nostre teste, a portata di mano, basta alzare lo sguardo. Seguendo il volo dei grifoni, il filmato descrive il loro modo di vivere, di interpretare l'aria, di saper scegliere dove andare e perché.

Oltre al seguito di questa straordinaria avventura, Davide Finzi Carraro pensa di organizzare degli "Air Safari", cioè portare con lui in volo studiosi e turisti che vogliono condividere l'esperienza insieme ai grifoni.

lunedì 21 luglio 2014

LE NOTTI TERRIBILI DI GAZA RACCONTATE DA UN MEDICO NORVEGESE

Mads Gilbert, medico e primario presso l'ospedale Shifa di Gaza City, ha denunciato in una lettera le gravi violazioni dei diritti umani subite dai palestinesi in questi giorni.

"Carissimi amici, la scorsa notte è stata terribile. La grande invasione di Gaza ha lasciato veicoli carichi di mutilati, di persone fatte a pezzi, sanguinanti, morenti - di palestinesi feriti, di tutte le età, tutti civili, tutti innocenti" ha iniziato così la sua lettera di denuncia pubblicata sul The Guardian, il medico e primario dell'ospedale di Shifa di Gaza City. Da anni il medico è impegnato ad aiutare le popolazioni della Strizia di Gaza e ha voluto denunciare le gravi violazioni dei diritti umani subite dai palestinesi in queste ore.

"Gli eroi nelle ambulanze di tutti gli ospedali di Gaza lavorano a turni di 12-24 ore, affaticati e con carichi di lavoro disumani (e non percepiscono un salario dall'ospedale Shifa da 4 mesi), si prendono cura delle priorità, tentano di capire il caos incomprensibile dei corpi, degli arti, delle persone umane che camminano o che non camminano, che respirano o che non respirano, che sanguinano che non sanguinano. Umani! - ha proseguito il medico -. Ora sono trattati come animali dall'esercito più morale del mondo. Il mio rispetto per i feriti è illimitato, per la loro determinazione contenuta in mezzo al dolore, all'agonia e allo shock; la mia ammirazione per lo staff e per i volontari è illimitata, la mia vicinanza al sumud palestinese mi dà forza, anche se ogni tanto desidero solo urlare, tenere qualcuno stretto, piangere, sentire l'odore della pelle e dei capelli del bambino caldo, coperto di sangue, proteggere noi stessi in un abbraccio senza fine - ma noi non possiamo permettercelo, né lo possono loro.

Facce grigie - Oh no! Non un altro carico di decine di mutilati e di persone sanguinanti, noi abbiamo ancora laghi di sangue sul pavimento nel reparto di emergenza, pile di bende gocciolanti, che grondano sangue da pulire - oh - gli addetti alle pulizie, ovunque, allontanano velocemente il sangue e i tessuti scartati, capelli, vestiti, cannule - i resti della morte - tutto portato via. per essere preparato di nuovo, per essere tutto ripetuto di nuovo. Più di 100 nuovi casi sono arrivati a Shifa nelle ultime 24 ore. Troppi per un grande ospedale ben attrezzato con ogni cosa, ma qui - quasi nulla: elettricità, acqua, dispositivi, medicine, Or-tables, strumenti, monitors - tutti arrugginiti come se fossero stati presi da un museo degli ospedali del passato. Ma questi eroi non si lamentano. Tirano avanti in questa situazione, come guerrieri, testa in su, enormemente risoluti.


E mentre vi scrivo queste parole, da solo, in un letto, sono pieno di lacrime, le lacrime calde ma inutili di dolore e di angoscia, di collera e di paura. Questo non deve accadere! E poi, proprio ora, l'orchestra della macchina da guerra israeliana inizia di nuovo la sua orrenda sinfonia, proprio ora: salve di artiglieria dalle navi contro le spiagge, i ruggenti F16, i droni ripugnanti (in arabo 'Zennanis', quelli che ronzano), e gli Apaches. Tutto fatto e pagato dagli Usa".

Infine il medico ha chiuso la sua missiva con un appello alla politica, perché intervenga al più presto per risolvere la situazione: "Signor Obama - ha un cuore? La invito - passi una sola notte - solo una notte - con noi a Shifa. Travestito come un addetto alle pulizie. Sono convinto, al 100%, che la storia cambierebbe. Nessuno con un cuore e con il potere potrebbe mai andare via, passata una notte a Shifa, senza essere deciso a porre fine alla carneficina del popolo palestinese. I fiumi di sangue continueranno a scorrere la notte prossima. Ho sentito che hanno accordato i loro strumenti di morte. Per favore. Fate quello che potete. Questo non può continuare".


venerdì 18 luglio 2014

DON CIOTTI: “LA LOTTA ALLA CORRUZIONE IN CIMA ALL’AGENDA DEL SEMESTRE EUROPEO A GUIDA ITALIANA” (VIDEO)

Riparte il futuro è un modo di esserci, di metterci la propria faccia”. Parola di Don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele, che rilancia l’appello a tutti i cittadini ad essere sempre di più a sostengo di Riparte il futuro. E si rivolge direttamente a politica e istituzioni in occasione dell’apertura del semestre europeo di presidenza italiana a Strasburgo.

Vogliamo o non vogliamo lottare contro la corruzione?”, tuona Ciotti. “C’è una volontà forte e politica al di là delle parole delle promesse e dei grandi programmi? Allora chiediamo, nel semestre affidato all’Italia, di mettere al primo punto dell’agenda la lotta alla corruzione nei territori dell’Unione Europea. Questo è un segno di libertà, dignità e attenzione per tutte le persone”.

62 eurodeputati, ricorda il presidente di Libera, hanno aderito alle richieste di Riparte il futuro: a portare il braccialetto bianco simbolo della mobilitazione e degli impegni anticorruzione è il 10% del Parlamento europeo. A loro “chiediamo di portare avanti gli impegni presi con i cittadini: la costituzione di un intergruppo contro la corruzione, la riedizione della CRIM, una direttiva europea a tutela di chi denuncia gli episodi di corruzione cui si trova ad assistere sul luogo di lavoro e l’istituzione della Giornata europea in memoria delle vittime innocenti di mafia e criminalità” il 21 marzo, come si celebra in Italia dal 1996.

Ciotti fa un appello anche alle amministrazioni locali: “Tra i nuovi sindaci eletti alle ultime elezioni ci sono solo 75 sindaci braccialetti bianchi. Ci aspettavamo di più. Questa non è una critica ma un’esortazione: ognuno deve mettersi in gioco e dimostrare rispetto ai suoi cittadini chiarezza, trasparenza e lealtà. Riparte il futuro è un modo di esserci e di metterci la faccia per dimostrare tutto questo”.


mercoledì 16 luglio 2014

L’ITALIA FINITA

Con tutto il rispetto dovuto alla figura del Presidente della Repubblica, per imprescindibile senso civico nonché ai sensi dell’art. 278 del codice penale, nonché per la riverenza dovuta alla sua carica istituzionale e costituzionale che – dice la stessa Carta – dovrebbe avere come caratteristica primaria quella di “rappresentare l’unità nazionale”, quindi tutte le componenti sociali, anche i proscritti, gli esclusi, i diseredati, è tuttavia d’obbligo contestare all’ottuagenario Capo dello Stato una qualche lentezza nelle sue constatazioni, una vagamente scarsa avvedutezza nella rilevazione dei fenomeni sociali, politici ed economici che riguardano non già l’ovattato mondo dei mercati finanziari, bensì la vita e spesso, purtroppo, la mera sopravvivenza di milioni di connazionali.
Nel corso della recente visita nella Venezia Giulia, il presidente ha affermato, lapidario: “se i giovani non trovano lavoro, l’Italia è finita”. E se ne accorge ora, signor Presidente? Lei è nella politica e nelle istituzioni da oltre sessant'anni e se ne accorge ora? Non potrà dire anche lei: “eh, ma è la crisi”; non è stato un fenomeno istantaneo, che uno si sveglia la mattina e “c’è la crisi”. Non c’è stata una guerra lampo, non hanno bombardato le fabbriche, non hanno chiuso le università e le scuole, non hanno spruzzato il diserbante sui campi e avvelenato i pozzi da un giorno all’altro. L’Italia, signor Presidente, è finita da un bel po’. Non è facendo assumere un migliaio di giovani al call-center o all’Ikea che si risolve tutto.
A voler essere pignoli, Eccellenza, l’Italia è già “finita” centinaia di volte da quando Lei abita le stanze del potere. E’ finita, negli ultimi anni, ogni volta che un suo compatriota si è messa la corda al collo perché non aveva più di che sfamare la famiglia. E’ finita ogni volta che un governo ha preso denaro in prestito da una banca centrale chiedendolo indietro, con un sistema fiscale predatorio, ai propri cittadini. E’ finita nel 2003, quando è stato dato un colpo mortale ai diritti dei lavoratori gettandoli in pasto a ogni sorta di sfruttatori. E’ finita ogni volta che si è deciso di mantenere un immigrato clandestino piuttosto che aiutare un connazionale, perché così volevano la Caritas, Confindustria e i salotti della “sinistra”.
E’ finita, l’Italia, nel 2002, quando abbiamo adottato la “moneta unica”; ed è finita nel 1992, quando abbiamo delegato alla Banca centrale il potere di decidere il tasso d’interesse con cui ci deve essere prestato il denaro; ed è finita nel 1981, quando l’ultimo residuale potere del ministero del Tesoro sulla Banca è stato cassato per legge. E’ finita ogni volta che la penna di un politicante ha servilmente firmato il trattato di Schengen, quello di Maastricht, il Patto di stabilità, il Fiscal compact.
E’ finita, signor Presidente, ogni volta che un nostro soldato è stato mandato a morire per guerre d’aggressione al seguito degli americani; ogni volta che è stato leso l’onore dei nostri fanti, dei nostri marinai, dei nostri paracadutisti, dei nostri avieri costretti a uccidere innocenti iracheni, afghani, serbi.
L’Italia non rischia di finire nel 2014, perché Ella si è accorto che il 40% dei giovani non ha lavoro. E’ finita negli anni Novanta, quando avete detto “privatizziamo tutto” e tutti saremo più ricchi. Quando avete dismesso l’industria dello Stato, quando avete ucciso l’agricoltura, quando avete delegato a una cricca di eurocrati il potere di decidere anche come schiacciare l’uva e come tagliare il grano.
L’Italia è finita nel bagagliaio della R4 in cui è morto Aldo Moro, sulle spiagge della Tunisia in cui è morto Craxi, colpevoli di aver timidamente proposto modelli di sviluppo “non allineati” a questa povera Repubblica. E’ finita sull’aereo di Enrico Mattei. E’ finita a piazza Fontana, a Ustica, sul treno Italicus, alla stazione di Bologna, quando i poteri d’oltreoceano decisero di mantenere un “ordine politico” cercando di minare l’ordine pubblico.
E’ finita, questa povera Italia, negli anni sessanta e negli anni settanta, quando le forze sane del Paese furono fatte scannare nelle piazze in nome di un “antifascismo” e di un “anticomunismo” da operetta, in una guerra di artefatti e velenosi “opposti estremismi”. E’ finita quando ci siamo inchinati alla Nato, all’Unione Europea, è finita ogni volta che una bandiera a stelle e strisce è stata piantata su una delle oltre cento basi militari che occupano il Paese da settant’anni a questa parte.
E’ finita ogni volta che viene stroncata una voce libera, ogni volta che un concittadino finisce in carcere per reati d’opinione, ogni volta che viene applicata la censura sul libero pensiero.
Qualcuno, Eccellenza, non cade più nell'imbroglio. L’Italia non rischia affatto di finire: questa Italia, la vostra Italia, è già finita. E’ finita nel 1945, quando una buona parte della Sua generazione, in intelligenza col nemico, perse la guerra e la consegnò, da Lampedusa al Brennero e unitamente al destino di milioni di cittadini, in mano al potere apolide della finanza, alla dittatura atlantica del capitalismo selvaggio, alla tirannia del pensiero unico, al magma indistinto dell’omologazione, al mesto destino della perdita di ogni identità.
Alla nostra generazione invece, e a quelle che verranno, il compito di mutarne le sorti, di raddrizzarne la schiena, di svegliarne la coscienza.

di: Fabrizio Fiorini



DOSSIER ROMA: la capitale sta morendo nell'indifferenza generale

LA FOTO SOPRA RITRAE LE CONDIZIONI IN CUI VIAGGIANO I PASSEGGERI DELLA LINEA B DELLA METROPOLITANA DELLA CAPITALE: treni sporchi e fatiscenti (sia all'interno che all'esterno) l'aria condizionata non funziona, persone stipate come animali (anzi: il trasporto degli animali prevede uno spazio dignitoso per ogni capo di bestiame...) e in un contesto così i borseggiatori hanno vita facile... non a caso Roma è in testa, insieme a Barcellona, alla classifica di Trip Advisor per il numero di borseggi.
Da anni, nelle ore di punta la situazione è quella evidenziata nella foto: i passeggeri sono stipati come sardine... ogni giorno! La linea B in particolare è qualcosa di INDECENTE, anche i tempi di attesa sono lunghi, e in un contesto così chi può, evita di usare i mezzi pubblici...

Entrare in metro con un passeggino o una carrozzina è praticamente IMPOSSIBILE; infatti se ne vede poche, in metropolitana. Alcuni mesi fa ho assistito personalmente alla scena di una ragazza che non riusciva a salire a bordo della metro da Termini direzione Rebibbia con il passeggino. Era disperata, e stava pensando di uscire dalla metro, dopo che in mezz'ora ne sono passate 3 o 4 stracariche e non è riuscita a salire a bordo.

Insieme ad una amica abbiamo aiutato la ragazza a salire, appellandoci - nei pochi secondi che dura una fermata - alla gentilezza degli altri passeggeri, due dei quali sono scesi per farle spazio, e anche noi abbiamo aspettato il treno successivo... scene da terzo mondo... Anzi, NEL TERZO MONDO LA SITUAZIONE è MIGLIORE, IN MOLTI CASI!

La foto sopra è stata pubblicata dalla pagina facebook "Roma fa schifo" con il seguente commento:

Continua su: nocensura.com: DOSSIER ROMA: la capitale sta morendo nell'indiffe...: A cura dello Staff di nocensura.com   Clicca per ingrandire l'immagine (Foto da " Roma fa schifo " Facebook) LA FOTO SO...

martedì 8 luglio 2014

GLI SMEMORATI DI BERLINO / TUTTE LE NAZIONI D'EUROPA CANCELLARONO DEBITI PER DECINE DI MILIARDI AI TEDESCHI (INGRATI)

La Germania, che fa tanto la moralizzatrice con gli altri Paesi europei, è andata in default due volte in un secolo e le sono stati condonati i debiti di due guerre mondiali per consentirle di riprendersi. Fra i Paesi che le hanno condonato i debiti, la Grecia, prima di tutto, che pure era molto povera, e l'Italia.

Dopo la Grande Guerra, John Maynard Keynes sostenne che il conto salato chiesto dai Paesi vincitori agli sconfitti avrebbe reso impossibile alla Germania di avviare la rinascita. L'ammontare del debito di guerra equivaleva, in effetti, al 100% del Pil tedesco. Fatalmemte, nel 1923 si arrivò al grande default tedesco, con l'iperinflazione che distrusse la repubblica di Weimar. Adolf Hitler si rifiutò di onorare i debiti, i marchi risparmiati furono investiti per la rinascita economica e il riarmo, concluso, come si sa, con una seconda guerra, ben peggiore, in seguito alla quale a Berlino si richiese un secondo, enorme quantitativo di denaro da parte di numerosi Paesi. L'ammontare complessivo aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora!)

La Germania sconfitta non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre, peraltro da essa stessa provocate.

Mentre i sovietici pretesero e ottennero il pagamento della somma loro spettante, fino all'ultimo centesimo, ottenuta anche facendo lavorare a costo zero migliaia di civili e prigionieri, il 24 agosto 1953 ben 21 Paesi, Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia, con un trattato firmato a Londra le consentirono di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni. In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c'era di fatto. L'altro 50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l'eventuale riunificazione delle due Germanie, ma nel 1990 l'allora cancelliere Kohl si oppose alla rinegoziazione dell'accordo, che avrebbe procurato un terzo default alla Germania. Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto.

Nell'ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro.

Senza l'accordo di Londra che l'ha favorita come pochi, la Germania dovrebbe rimborsare debiti per altri 50 anni. E non ci sarebbe stata la forte crescita del secondo dopoguerra dell'economia tedesca, né Berlino avrebbe potuto entrare nella Banca Mondiale, nel Fondo Monetario Internazionale e nell'Organizzazione Mondiale del Commercio.

Quindi: che cos'ha da lamentare la Merkel, dal momento che il suo Paese ha subito e procurato difficoltà ben maggiori e che proprio dall'Italia e dalla Grecia ha ottenuto il dimezzamento delle somme dovute per i disastri provocati con la prima e la seconda guerra mondiale? La Grecia nel 1953 era molto povera, aveva un grande bisogno di quei soldi, e ne aveva sicuramente diritto, perché aggredita dalla Germania. Eppure... Perché nessun politico italiano ricorda ai tedeschi il debito non esigito?

di Roberto Schena


sabato 5 luglio 2014

PRONTA L'EMILIA DEL VOLO LIBERO PER IL CAMPIONATO ITALIANO DI PARAPENDIO

Tra pochi giorni, il 7 luglio, si aprirà il campionato italiano di parapendio a Sestola (Modena) e fino al 12 nugoli di vele multicolori ravviveranno il cielo sopra le montagne modenesi, bolognesi e reggiane.

Decollando dal monte Calvanella in zona Pian del Falco, un prato posto a quota 1525 metri ai piedi del monte Cimone (m 2165), il maggior rilievo dell'Appennino dell'Emilia Romagna, questi mezzi che volano senza motore, sfruttando le masse d'aria ascensionali, saranno impegnati su percorsi aerei che possono estendersi per decine di chilometri. Infatti saranno le condizioni meteo di ciascuna giornata di gara che determineranno la lunghezza dei tragitti, contrassegnati da punti salienti del territorio che i piloti dovranno toccare, confermando l'aggiramento tramite GPS. Un altro strumento in dotazione dei piloti, il live tracking, permetterà di seguire la gara su computer con aumento della sicurezza dei partecipanti perchè gli organizzatori avranno sotto controllo la loro posizione in ogni momento del volo.

Saranno sei gare di velocità dove vince chi impiega meno tempo a chiudere il
percorso. Dalla somma dei punti ottenuti dai piloti nelle varie prove scaturirà la classifica finale. Due i possibili atterraggi ufficiali posti nella zona del maneggio a Sestola, l'uno, e nel comune di Fanano vicino al bivio Trignano-Lezzano, l'altro. I decolli sono previsti a partire dalle ore 11,30 e gli arrivi attorno alle 16.

L'organizzazione è affidata all'AeC Emiliainvolo, un'associazione di piloti di parapendio e deltaplano che da oltre dieci anni promuove lo sport del volo libero nella regione e fu già l'organizzatrice dei campionati italiani del 2003. Alla manifestazione parteciperanno 100 piloti non solo italiani. Infatti la formula "open" permette la presenza anche di piloti stranieri; in questo caso sono già arrivate iscrizioni da Francia, Spagna, Russia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Gli attuali detentori dei titoli italiani sono il diciottenne Nicola Donini, di Molveno (Trento) e la milanese Silvia Buzzi Ferraris. La premiazione è fissata dopo l'ultima giornata di gara, sabato12 luglio. 

venerdì 4 luglio 2014

INCREDIBILE, ECCO DOVE FINISCONO LE AUTO INVENDUTE.

La nostra critica al gigantismo produttivo, lontano dai bisogni delle persone, è datata molti anni fa.

Adesso stiamo arrivando alla resa dei conti: se si vuole andare verso una società a Dimensione Uomo si deve iniziare a produrre quello che serve alla gente, è la sola strada di salvezza. Claudio Marconi

Probabilmente non è esattamente la domanda che ci si pone appena fuori dal letto e nulla comparabile ai grandi misteri della nostra esistenza… ma se non ti è mai passato per la testa di sapere che fine facciano le auto non vendute, quel che mostreremo ti lascerà incredulo!

Nella produzione di automobili in larga scala, le varie case cercano di immettere nel mercato ogni anno un nuovo modello in un numero elevato che puntualmente supera la domanda reale dei consumatori. Buona parte dei veicoli finiranno per un tempo negli autosaloni in attesa di un acquirente, ma che succede quando si è forzato il numero di produzione, la domanda è stagnante e decine di migliaia di autovetture rimangono invendute?
Te lo mostriamo con delle immagini impressionanti.

Nella foto sopra si vedono solo alcune migliaia su decina di migliaia di auto non vendute, a Sheerness, Regno Unito. Prova a cercare su Google Mappe Sheerness, Regno Unito. Guarda verso la costa orientale, tra il fiume Tamigi e il Medway, a sinistra della A249.
Esistono centinaia di posti come questo nel mondo e la pila di auto parcheggiate non fa che crescere di giorno in giorno.
Houston, abbiamo un problema! Nessuno sta comprando macchine nuove! Beh, qualcuno ancora sì, ma non nella stessa misura di un tempo. Milioni di auto nuove non vendute rimangono parcheggiate da qualche parte nel mondo. Lì, ferme, deteriorandosi lentamente senza ricevere alcuna manutenzione.
Sotto, l’immagine di un parcheggio immenso a Swindow, Regno unito, con migliaia di migliaia di macchine invendute e nessun acquirente in vista! I produttori sono costretti ad acquistare sempre più terreno per parcheggiare le auto fuori dalla linea di produzione.

Anche questo è uno degli effetti della recessione economica che continua ad asserragliare il mondo. Le file di auto si fanno sempre più vaste e ogni anno i produttori non fanno che comprare acri e acri di terreno dove parcheggiarle.
Nota: le immagini che stiamo mostrando rappresentano sola una piccola proporzione. La vastità del problema è impressionante, pensa a quante case automobilistiche esistano sul pianeta, e quanti parcheggi come questo ognuno di essa abbia. Difficile immaginarlo, eppure queste immagine non sono state editate al computer. La parte peggiore è che il numero di auto non vendute aumenta di giorno in giorno.
È come un’epidemia che si estende a macchia d’olio e a meno che non vegano acquirenti dallo spazio, questi immensi parcheggi si vedono pure da lì, la questione non verrà risolta nel futuro immediato.
Sotto è mostrato uno squarcio delle 57.000 (in crescita) auto che attendono di essere consegnate ad un acquirente a Port of Baltimore, Maryland, USA. Dai un’occhiata su Google Mappe, cerca un parcheggio infinito a sud della Broening Hwy. Non passa inosservato!

Una soluzione per liberarsene, hai certamente pensato, potrebbe essere svalutare il loro prezzo. Semplice, eppure le case automobilistiche non rinunceranno neppure al centesimo del loro prezzo iniziale.
Sotto è mostrata un’immagine di una pista di test della Nissan a Sunderland, Regno Unito. La pista non viene più usata per i test. La ragione? Nissan ha scelto di parcheggiarvi le sue auto non vendute.

E la pista non basta a contenerle tutte. Nissan ha di fatti acquisito i terreni adiacenti alla pista e alla sua fabbrica. Un enorme lotto di auto è ben visibile da Google Mappe, e non è il parcheggio riservato ai dipendenti!

Nessuna delle immagini che stiamo mostrando su questa pagina sono foto aeree di semplici parcheggi di centri commerciali, cinema multiplex, stadi, ecc.. ma solo spiane immense di automobili nuove fiammanti rimaste invendute.
L’industria automobilistica non può certo smettere di produrre nuovi modelli: centinaia di fabbriche verrebbero chiuse e decine di migliaia di loro dipendenti si ritroverebbero dall’oggi al domani senza lavoro e avrebbe terribili ripercussioni sul già fragile equilibrio economico mondiale. Ma oltre alle fabbriche dove le auto vengono assemblate, che succederebbe all’intera industria metallurgica che produce buona parte dei componenti delle auto? Gli effetti sarebbero catastrofici.
Sotto è mostrata una piccola area di un parcheggio gigantesco in Spagna, dove decina di migliaia di automobili sono immobili a prendere il sole tutto il giorno.

Altre migliaia sono accatastate al porto di Valencia, sempre in Spagna. Sono auto che aspettano di essere esportate e altre che sono state importate ma ancora senza acquirenti.

Decina di migliaia di veicoli vengono ancora prodotti ogni settimana ma appena una piccola parte viene venduta.
Qui sotto un’altra immagina di migliaia di macchine non vendute parcheggiate su una pista d’atterraggio vicino San Pietroburgo, Russia. Sono state importate dall’Europa e adesso parcheggiate e lasciate ad arrugginire. A causa di ciò, l’aeroporto non può più usare quella pista per il suo scopo originale.

Il ciclo “compro, uso, compro, uso” è stato ormai spezzato. Oggi il consumatore cerca di sfruttare il più a lungo possibile il suo acquisto. Sotto, altre migliaia di auto invendute parcheggiate in una pista d’atterraggio in disuso a Upper Heyford, Bicester, Oxfordshire. Hanno letteralmente esaurito lo spazio dove parcheggiarle.

Un’altra decina di macchine sono parcheggiate al Royal Portbury Docks, Avonmouth, vicino Bistrol, Regno Unito. Se si fa un zoom sulla zona con Google Maps, non si vedrà altro che macchine invendute per centinaia di metri. Praticamente ogni singolo spazio della zona è stato occupato da un’autovettura.

Fai un zoom indietro sotto la stessa area, in Avonmouth. Ogni spazio grigio che si vede sono lotti di macchine non vendute. Qualcuno vuol provare ad indovinare quante siano?

Viene stimato che nel mondo esistano circa 10 miliardi di auto, praticamente più della stessa popolazione mondiale.
Sotto un altro migliaio di auto parcheggiate, stavolta della Citroen a Corby, Northamptonshire, Inghilterra. E ogni giorno ne arrivano delle altre dalla Francia senza una successiva destinazione.

Ricordiamo che si tratta di macchine nuove di fabbrica, con i contatori che segnano forse appena il tratto di strada dalle fabbriche a queste rimesse. Questa immagine da Google Mappe è proprio del maggio 2014, nei pressi di Corby, Northamptonshire.

Fabbricare nuove macchine va contro ogni logica, logistica ed economia ma la produzione continua, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana…
Sotto è mostrata un’altra immagine recente (Aprile 2014) del porto di Civitavecchia. Ognuno di quei puntini è una Peugeot nuova di fabbrica che ogni giorno raccoglie polvere e magari un po’ di brezza marina.

Sotto ancora, tutte carine e sbrilluccicose, rosse, bianche, nere, argento, viola, blu, insomma auto nuove fiammanti di tutti i colori dell’arcobaleno. Fanno un bel mosaico. Magari è questa la fine che faranno: arte urbana surreale dell’era della produzione meccanizzata.

L’economia avverte chiaramente che queste auto rimarranno invendute. Ma per quanto durerà questo ciclo? Dove verranno parcheggiate se a momenti non abbiamo più spazio neppure in strada per guidarle?
Sotto, ancora il porto di Valencia, in una suggestiva composizione di colori.

I tempi in cui una famiglia avrebbe potuto acquistare una nuova auto ogni paio di anni, adesso sono andati.
Il risultato sono immagini come quelle proposte.


Potremmo dire che queste macchine sono lasciate ad arrugginire. E più passano i giorni trascorsi in delle rimesse meno saranno le chance che verranno acquistate. Dopo mesi e mesi sotto qualsiasi condizioni climatica queste auto andranno in detrimento.
Nell’immagine sotto le automobili coprono l’intero orizzonte. Che svenderle sia l’unica soluzione radicale? Chissà se presto non inizino a regalarle con le confezioni dei cereali.

Quando un’automobile è lasciata inattiva, l’olio presente nelle parti interne del motore si deposita lentamente sul fondo della coppa dell’olio, iniziando un processo corrosivo che potrebbe danneggiare il motore stesso.
La corrosione a freddo, per esempio, avviene quando la condensazione fa estendere i cilindri e si inizia a formare la ruggine al loro interno. Il motore a quel punto s’ingolferà e avrà bisogna di assistenza meccanica per ripartire. Anche i pneumatici inizieranno a perdere aria e la batteria si sarà scaricata. La lista potrebbe continuare ancora.

Maggiore è il tempo trascorso in rimessa peggiori saranno le conseguenze. Ma allora qual è la soluzione al problema?
Le case automobilistiche continuano a produrre nuovi modelli con le ultime tecnologie a bordo. Accade quindi che il consumatore finale preferisca comprare l’ultimo modello e non quello dell’anno precedente. Per i vecchi modelli a questo punto le alternative restano poche: essere smantellate e rottamate, riciclando le sue parti meccaniche.

Alcuni marchi hanno già spostato la produzione in Cina, General Motors e Cadillac né sono un esempio tra i tanti. Le macchine qui prodotte vengono poi caricate in containers e scaricati nei porti di tutto il mondo. Gli USA, per favorire la produzione interna, ne ha limitato l’importazione. La conseguenza immediata è che centinaia di migliaia di automobili americane nuove di fabbrica si trovano ora parcheggiate in China. Nessuno in Cina può permettersi di acquistarle e bisognerà attendere che l’economia mondiale migliori perché queste automobili vengano vendute… e potrebbe richiedere diverse generazioni.

giovedì 3 luglio 2014

Salvo D’Acquisto, il cuore grande di un Carabiniere

Affrontava così da solo, impavido, la morte imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici


Quando una scarica di fucileria lo investe ha solo 23 anni: è l’eroe che la Patria ancora piange

"Esempio luminoso di altruismo, spinto fino alla suprema rinunzia della vita … non esitava a dichiararsi unico responsabile d'un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così da solo, impavido, la morte imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma".

Con queste parole al brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto viene conferita la Medaglia d’Oro al Valore Militare.

È il 23 settembre 1943, D’Acquisto deve ancora compiere 23 anni quando una scarica di piombo lo investe e ne spezza la gioventù.
Salvo D’Acquisto era nato il 15 ottobre 1920 a Napoli. Aveva due sorelle e due fratelli, una vita normale, spesa tra lo studio e la famiglia. Sul sito web dedicato a lui si legge che “i professori lo definiscono riservato, prudente e di poche parole, i compagni lo ricordano altruista, sincero e difensore dei più deboli”.

Quando viene chiamato alla leva, sceglie di arruolarsi nell’Arma dei carabinieri. Così come aveva scelto suo nonno materno, il Maresciallo Biagio Marignetti, e tre suoi zii. Il giovanissimo Salvo viene assegnato alla Legione Allievi Carabinieri di Roma e il 15 gennaio 1940 è promosso carabiniere e destinato alla Legione Territoriale di Roma. Con lo scoppio della guerra viene inviato in Africa: nel suo cuore non c’è odio, neppure verso il “nemico”, anzi scrive alla sua famiglia che spera che in futuro “i rapporti internazionali possano essere dominati e guidati da spirito di collaborazione tra i popoli e dalla giustizia sociale”. Nonostante questo, Salvo non manca di fare il suo dovere di soldato e nel febbraio del 1941 viene ferito ad una gamba. Torna in Italia nel settembre del ’42, ed è ammesso al Corso Sottufficiali presso la Scuola centrale di Firenze. A dicembre viene promosso vice brigadiere e inviato a Torrimpietra, vicino Roma.

È la sua ultima destinazione. Settembre 1943: un reparto di SS si insedia in una caserma abbandonata della Guardia di Finanza a Torre di Palidoro, la sera del 22, molto probabilmente per un incidente, una bomba esplode uccidendo un soldato tedesco e ferendone due. La rappresaglia dei tedeschi è automatica e rapida. Il mattino successivo un drappello si presenta a Torrimpietra: vogliono parlare con il Comandante, Alfonso Monteforte, che però è assente. I tedeschi parlano con Salvo D’Acquisto, cercano i responsabili di quello che loro ritengono un attentato, il brigadiere prova a far capire loro che potrebbe essersi trattato di un incidente ma non viene ascoltato. Gli intimano di seguirli. Non riescono a trovare altri carabinieri, così caricano ventidue civili e tutti vengono condotti a Torre di Palidoro.

Le ore che seguono sono terrificanti. Bene le descrive Rodolfo Putignani nel suo volume “Caccia ai vinti”: “Nel breve tragitto (da Torrimpietra a Torre di Palidoro, ndr) la paura degli ostaggi diventa terrore. Tutti conoscono D’Acquisto e ora egli, benché apparentemente calmo, mostra sul volto e nel disordine della divisa, la prova delle percosse e dei vari maltrattamenti. Come animali da macello diretti al mattatoio, gli ostaggi vengono fatti scendere dall’autocarro. Alcuni di questi vedono per la prima volta le case di Torre di Palidoro, dove secondo i Tedeschi avrebbero ordito l’attentato”.

In realtà i tedeschi, molto probabilmente, sanno bene che quei ventidue civili sono innocenti, ma la legge della rappresaglia è una sola, e non prevede una valutazione di responsabilità oggettive. “E mentre questi – continua Putignani – dichiarano la loro innocenza, domandando con le mani giunte la grazia della vita, che vedono di minuto in minuto terribilmente compromessa, i tedeschi con un urlo impongono il silenzio”.

D’Acquisto tenta di parlare con i tedeschi, di convincerli che ciò che è avvenuto è stato solo un incidente, che gli ostaggi sono innocenti, ma è tutto inutile. A ciascun ostaggio viene consegnata una vanga: devono scavare la fossa dove saranno seppelliti dopo la loro fucilazione.

Il brigadiere si avvicina all’interprete, parla brevemente con lui, l’uomo va a riferire al comando tedesco le parole del giovane carabiniere. Un militare germanico si avvicina agli ostaggi e comunica che sono rimessi in libertà per ordine superiore. I civili si guardano increduli, avevano smesso persino di sperare. Neppure il tempo di rendersi conto di quanto è avvenuto che una scarica di piombo spezza l’aria. Il giovane brigadiere Salvo D’Acquisto cade sotto i fucili tedeschi: ha pagato lui per tutti, sui suoi 23 anni innocenti  è gravata la salvezza della vita di ventidue persone.

di Emma Moriconi