Ogni anno, quasi un bambino su tre che nasce in Italia è figlio di una coppia di immigrati.
Le neo mamme immigrate sono giovani, (piu' delle madri italiane) e vivono la gravidanza con molte difficolta' perche' spesso non trovano informazioni su come accedere ai servizi sanitari, frequentemente non conoscono le tutele loro riservate, come l'esenzione dal ticket e soprattutto nei Pronto soccorso degli ospedali, primo luogo di approdo, nessuno parla la loro lingua.
Tutte concause che rendono difficoltosa la gravidanza e contribuiscono ad alzare il tasso di aborti, che arriva fino al 40% del totale.
Da un'indagine condotta all'ospedale Sandro Pertini di Roma che sara' presentata oggi al convegno 'Partorie in terra straniera', presso l'ospedale capitolino, emerge una fotografia sulle dinamiche, non nuove ma silenti della sanita' italiana: le modalita' di approccio delle donne straniere al Servizio Sanitario Nazionale. 'E' necessario rendere la sala parto un 'luogo antropologico' - ha detto Massimo Giovannini, direttore della U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia - capace di comprendere le differenze tra le culture'.
Dallo studio condotto da Rosaria Bottini, dirigente della U.O.C. emerge che i parti delle donne immigrate sono in crescita. Erano il 27,7% del totale nel 2008 e le stime sul 2010 arrivano al 32,2%. Sei donne straniere su 10 provengono dall'Europa dell'Est, il 18% dall'Asia, l'11% dall'Africa e il 6% dall'America Latina. In oltre il 60% dei casi hanno meno di 30 anni, il loro grado di istruzione e' piu' basso di quello delle italiane e solo un quarto di loro ha un lavoro.
Il primo contatto con la sanita' italiana avviene con il Pronto Soccorso (nel 44% dei casi) che spesso e' il luogo dove ci si rivolge per i controlli routinari. A questo si aggiunge il fattore aggravante dell'epoca in cui avviene il primo controllo delle immigrate gestanti, spesso molto tardi, anche dopo il terzo mese. 'L'accesso tardivo alla prima visita ostetrica e' un elemento cruciale per l'evoluzione della gravidanza - afferma Rosaria Bottini - e della salute del neonato. Preclude l'accesso a tecniche di diagnosi prenatale e ai controlli per le mamme.
Questo potrebbe spiegare il maggior ricorso al taglio cesareo in travaglio, verosimilmente per problemi non identificati nel corso delle visite di routine'.
Secondo Aldo Morrone, direttore dell'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti (INMP), è proprio tra le giovani donne immigrate che si registrano alti tassi di aborto, fino al 40%.
'Le motivazioni sono da ricercare - sottolinea Morrone - nella difficolta' di accesso alle strutture sanitarie per mancanza di informazione sui diritti e le tutele per le madri, previste dalla legge italiana anche per le irregolari'.
( di Teresa Carbone, ANSA)
Fonte: Aduc Immigrazione
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