Fonte : Migreurop & Social Watch - Rapporto Europeo 2009
La mappa dei centri di detenzione per migranti dell’Europa e dei paesi del Mediterraneo che, mediante l’istituto degli accordi riammissione, hanno aperto strutture simili. Migreurop ha censito nel 2008 235 Centri di identificazione ed espulsione. Il paese che ne conta di più è la Germania [che ne ha 41], seguito dalla Francia [37] e dalla Spagna [22]. In Italia sono 13, ma il governo ha annunciato che vorrebbe costruirne altri quattro. E negli anni scorsi era stato minacciato che sarebbe stato aperto un Cie per ogni provincia.
Le caratteristiche e le modalità di gestione dei Centri differiscono da paese a paese. In Europa, la direttiva del 2008 sui rimpatri ha stabilito le regole per il ritorno nel proprio paese dei migranti senza permesso di soggiorno. La direttiva riconosce ai migranti la possibilità di lasciare volontariamente il paese in cui vengono considerati «clandestini». La partenza dovrebbe avvenire entro un periodo che va da sette a trenta giorni. Se quest’ordine non viene rispettato, come spesso accade per ragioni comprensibili, gli stati nazionali hanno facoltà di rinchiudere in un centro i migranti per un periodo che secondo la direttiva può arrivare fino a diciotto mesi.
Chi ricade in questa fattispecie, viene bandito dal territorio europeo per cinque anni. La direttiva non stabilisce un periodo minimo di detenzione e quindi ogni paese è libero di stabilire per legge le proprie regole dentro questi limiti. Come è facile comprendere il suo effetto più incisivo è stata la legittimazione della detenzione per un illecito amministrativo nello spazio dell’Unione europea. L’Italia, che già ha dichiarato l’immigrazione clandestina reato, si è distinta anche per aver stabilito questo periodo di detenzione nel Centro di detenzione da un minimo di sessanta giorni a un massimo di 180. Le organizzazioni che difendono i diritti umani e i movimenti antirazzisti hanno definito la misura dell’Unione europea, che è stata approvata dal parlamento europeo nel giugno del 2008, come «la direttiva della vergogna». Come nota il giurista Fulvio Vassallo Paleologo nella relazione che accompagna il dossier di Social Watch, la detenzione amministrativa è in palese contraddizione con quanto stabilisce la Convenzione europea sui diritti umani che detta i principi che dovrebbero disciplinare l’arresto delle persone e afferma che nessuno dovrebbe essere arrestato per questo genere di irregolarità e soprattuto senza che la limitazione della sua libertà personale sia approvata dalla decisione di un giudice.
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