sabato 2 ottobre 2010

Usa, il governo vuole controllare Facebook e Skype

Le misure antiterrorismo della Casa Bianca potrebbero coinvolgere, dal prossimo anno, i messaggi privati del famoso social-network e la chat del programma di conversazione "peer to peer".

La Casa Bianca ha anticipato che il prossimo anno presenterà un disegno di legge al Congresso per aggiornare la regolamentazione delle intercettazioni su Internet. La bozza della nuova normativa federale coinvolgerà tutte quelle informazioni criptate che, secondo l'Fbi, vengono usate negli ambienti terroristici, e criminali in generale, per sfuggire finanche ai potenti controlli della polizia di Langley. Dal quartier generale dell'ufficio investigativo federale hanno reso noto che la misura si rende necessaria dal momento che sempre più spesso le organizzazioni fuori legge agiscono tramite strumenti convenzionali impermeabili alle indagini: le e-mail trasmesse col BlackBerry, i messaggi riservati dei social-network come Facebook e le chat di programmi "peer to peer" come Skype. Se il provvedimento dovesse passare il governo potrebbe irrompere in queste piattaforme tecnologiche con bacini di utenza di centinaia di milioni di persone e acquisire tutti i dati riservati. Il bilanciamento fra la garanzia della sicurezza interna e quella del diritto alla privacy di nuovo è compromessa? PeaceReporter lo ha chiesto all'avvocato Guido Scorza, specialista in informatica giuridica e diritto delle nuove tecnologie.

Avvocato come giudica questo provvedimento annunciato dall'amministrazione Obama?

Sarebbe un fatto particolarmente grave ove si ipotizzasse un'intercettazione di massa e per di più relativa a dati sensibili. Soprattutto se parliamo di intercettare lo scambio di e-mail mi sembra un ribaltone rispetto al principio generale della segretezza della corrispondenza. Ciascuno di noi sta progressivamente trasferendo sempre di più la sua sfera di vita personale e professionale su Facebook. Se c'è un governo che, per encomiabili ragioni di sicurezza, a prescindere da un indizio di colpevolezza di taluni soggetti, acquisisce o registra il contenuto di tutte le conversazioni che avvengono attraverso queste piattaforme, allora questo governo dà vita esattamente a quello che fu l'incubo di Orwell: far cadere tutti sotto un sistema a sorveglianza globale.

La ragione della misura è la lotta alla criminalità che, oggi, usa sempre di più questi strumenti criptati per scampare ai controlli. Gli Stati Uniti hanno davvero bisogno di questa legge?

Non so dire se gli Stati Uniti ne abbiano bisogno. È ovvio che più informazioni si hanno più si è agevolati nella lotta contro la criminalità. Il problema da sempre, negli Stati Uniti come in Italia, è il bilanciamento tra l'esigenza sacrosanta alla sicurezza e quella, altrettanto sacrosanta, alla privacy degli utenti. In astratto non c'è dubbio che queste informazioni sono utili, ma in pratica potrebbero costituire un attentato molto forte alla privacy del cittadino. Questo mi preoccupa abbastanza perché potrebbe far saltare il principio di bilanciamento su cui abbiamo costruito tutti gli ordinamenti democratici. Non c'è dubbio che se tappezzo una città di telecamere, se metto telecamere nei bagni e nelle camere da letto, quella città sarà più sicura ma ciò comporta sacrificare, in nome della sicurezza, altre libertà e altri diritti.

Quali potrebbero essere i pericoli alla privacy connessi a una legge come questa?

Il pericolo facile da immaginare è uno Stato che sa tutto di noi. È curioso che la proposta venga proprio dagli Stati Uniti perché una delle caratteristiche base della disciplina sulla privacy negli Usa è quella di voler tutelare il cittadino dallo Stato, mentre in Italia questo core è stato sempre improntato sulla tutela del privato dall'altro privato o da aziende, istituti di credito e così via. In secondo luogo c'è l'obbligo per gli operatori di conservare integralmente il contenuto delle conversazioni per un periodo non precisato. Questo obbligo riporta ad esempi di eccesso, penso al caso Telecom in Italia, in cui, una volta che la banca dati esiste è difficile prevenire gli usi distorti su di essa. I due pericoli più grossi sono da un lato quello di un esercito di soggetti privati, i gestori delle piattaforme, che potenzialmente potranno accedere a dati che ci riguardano e, dall'altro, un governo che in un novero di ipotesi ancora da definire, senza bisogno di disporre un'intercettazione, potrà chiedere al gestore ogni genere d'informazione che ci riguarda.

Rendere "intercettabili" social network e programmi come Skype per le autorità di controllo non semplificherà anche il lavoro degli hacker?

Questo dipenderà da come vogliono attuare la normativa. Credo che si tratterà del diritto del governo di acquisire informazioni già registrate. Di una condotta che potenzialmente Facebook potrebbe già fare oggi. Se fosse così, io più che dire che gli hacker avranno vita più facile, penserei che questo certamente stimolerà la loro attività. Come già accaduto in passato, ogni volta che si è lanciata una nuova misura di enforcement, i pirati informatici hanno aumentato i loro sforzi per rendere una loro conversazione non decifrabile. Se vengono registrati i contenuti delle conversazioni su facebook il vero problema sarà capire chi c'è veramente dietro quella conversazione.

In Italia si vietano le "intercettazioni", negli Stati Uniti si allargano. Chi dice di voler tutelare la privacy, chi dice di voler tutelare la sicurezza. Ma come si possono tutelare entrambe?

Non è una cosa semplice. Storicamente è stato stabilito che la regola è la segretezza delle conversazioni e della corrispondenza, mentre l'eccezione è l'intercettabilità di queste conversazioni. Tra la regola e le eccezioni vi dovrebbe naturalmente essere, e vi è almeno nell'ordinamento italiano ma anche in quello statunitense, il fondato sospetto che uno strumento di comunicazione, non importa se tradizionale o elettronico, sia utilizzato per porre in essere una condotta criminale. Se salta questo passaggio abbiamo un enorme problema per la privacy dei cittadini che, personalmente, non riesco a giustificare. Modificare le abitudini di vita di milioni e milioni di persone per avere qualche chance in più di inchiodare alle proprie responsabilità un criminale è un approccio sproporzionato. Il gioco non vale la candela. Meglio un crimine in più ma il rispetto della privacy e dell'abitudine di vita di milioni di persone. In Italia nel campo intercettazioni la partita è un po' diversa perché si sta addirittura mettendo in dubbio che in ipotesi eccezionali si possa fare ricorso a tale strumento e si va a caccia di ipotesi eccezionalissime per far scattare questa procedura. Noi stiamo per varare un provvedimento agli antipodi rispetto a quello dell'amministrazione Obama. Lì si sta peccando per eccesso, espropriando tutti i cittadini, onesti e disonesti, della propria privacy. Di qua, viceversa, si sta peccando per difetto perché si sostiene che anche il criminale ha diritto alla privacy. Una considerazione che in generale mi trova d'accordo ma che quando si declina nel concreto mi lascia abbastanza perplesso.


di Antonio Marafioti
Fonte:PeaceReporter

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