"Ho
29 anni," inizia Nadine .. "Vengo dal villaggio di Nindja. Siccome la
zona non era sicura, abbiamo passato molte notti nascondendoci nella boscaglia.
I soldati ci hanno trovati lì. Hanno ucciso il nostro capo villaggio e i suoi
figli. Eravamo 50 donne. Ero con i miei tre figli e mio fratello maggiore a cui
i soldati hanno ordinato di fare sesso con me. Si e' rifiutato e gli hanno
tagliato la testa col machete " Il corpo di Nadine comincia a tremare.
Stento a credere che queste parole provengano da una donna che è ancora in
vita, che respira. Racconta che uno dei soldati l'ha costretta a bere la sua
urina e mangiare le sue feci, i soldati hanno ucciso 10 dei suoi amici e poi
hanno ucciso i suoi figli: i suoi due bambini di 4 e 2 anni e la bambina piu' piccola
di 1 anno. "Hanno gettato il corpo della mia bambina sul pavimento come
spazzatura", dice Nadine. "Uno dopo l'altro, mi hanno violentata. La
mia vagina e l'ano sono stati strappati." Nadine si aggrappa alla mia mano
come se stesse annegando in uno tsunami di ricordi. Anche se è distrutta, è
chiaro che ha bisogno di raccontare questa storia, lei mi chiede ascoltare
quello che ha da dire. Chiude gli occhi e dice qualcosa che faccio fatica ad
ascoltare: "Uno dei soldati ha squarciato il ventre a una donna
incinta," dice. "Era un bambino a termine e lo hanno ucciso. L'hanno
cucinato e siamo stati costretti a mangiarlo. "
Questa
testimonianza, tra molte altre e' stata raccolta da Eve Ensler nel 2010 durante
il suo viaggio nella RDC. Ci sono centinaia di migliaia di donne, bambine e
bambini congolesi a cui hanno strappato, profanato, distrutto il corpo e la
mente. Essi continuano a vivere un trauma che non ha nome, perché sanno che i
loro torturatori restano a piede libero e ancora vagano nei territori in cui le
vittime vivono.
Almeno
40 donne ogni giorno vengono violentate nel Nord-Kivu. Stima riportata da
France 24 nell'ultimo articolo del 16 ottobre scorso in cui informa di una
nuova recrudescenza della violenza nella RDC. In RDC avviene più di uno stupro
ogni ora, secondo un rapporto pubblicato la scorsa settimana dal Ministro del
Genere, Famiglia e bambini della RDC. La provincia di Nord Kivu è la più
colpita e ha identificato 4689 casi di violenza sessuale nel 2011, 7075 nel
2012: un aumento drammatico. Quest'anno, 3.172 casi sono stati registrati nel
primo semestre. I casi di stupro sono aumentati in modo esponenziale nel Nord
Kivu, negli ultimi anni, riflettendo l'incertezza in cui è la provincia della
Repubblica Democratica del Congo, dove i gruppi armati terrorizzano la
popolazione. Le donne vittime di stupro che sopravvivono sono spesso respinte,
non solo dalla società, ma anche dalle loro famiglie.
Lo
stupro e' diventata un'arma di guerra e devastazione per piegare una intera
popolazione, inoltre c'e' da notare che queste atrocità vengono compiute
laddove i depositi minerali sono sempre nelle vicinanze, questi atti barbarici
sono in realtà un'arma di guerra. Siamo testimoni di un genocidio, un olocausto
con l'utilizzo di tecniche di sterminio di una nazione in modo da avere il
sopravvento sulle ricchezze di questa nazione.
Vergogna
alla Comunità internazionale, perché assiste in silenzio questo genocidio.
E
mentre le autorità militari congolesi diffondono con clamore raffiche di
dispacci sui successi conseguiti contro la famigerata milizia ribelle hutu – le
cosiddette Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (Fdlr) – con
l’intento di far credere che la situazione sia ormai sotto controllo, la realtà
è assai diversa dalla propaganda. Il business minerario infatti fomenta a
dismisura la sporulazione di nuovi gruppi armati, al punto che non passa
settimana senza che venga annunciata la nascita di una nuova formazione. Ma il
dato forse più inquietante riguarda lo sfruttamento illegale delle risorse del
Kivu che, secondo autorevoli fonti della società civile, avviene con la
connivenza tra il regime ruandese e le Fdlr. Benché queste due entità siano
ufficialmente antagoniste, gran parte della cassiterite e del coltan estratti
nei siti minerari controllati dalle Fdlr ed esportati dal Kivu transitano
'curiosamente' - è proprio il caso di dirlo - per Kigali.
Alcuni
osservatori ritengono che la presenza delle Fdlr nel Kivu sia usata dal regime
di Kigali come pretesto per intervenire, direttamente o indirettamente, nel
Kivu stesso e mantenerlo, militarmente e politicamente, sotto il suo controllo
per poter continuare a usufruire degli enormi benefici derivanti dall’attività
commerciale delle risorse minerarie congolesi. Ecco perché non ci sarebbe
affatto da stupirsi se un giorno si venisse a sapere che le violenze ora
attribuite a 'presunti Fdlr' fossero volute e pianificate dal governo ruandese,
con il medesimo obiettivo. D’altronde l’esercito congolese ha nel proprio
organico, in seguito all’accordo di pace tra le parti, una presenza cospicua di
militari provenienti dalla milizia filoruandese del Cndp (il Congresso
Nazionale per la Difesa del Popolo). Nel frattempo, la Monuc, la forza di
peacekeeping delle Nazioni Unite, s’è risolta in un clamoroso 'fiasco'. Stando
ad un rapporto ufficiale che sarà discusso in una prossima riunione del
Consiglio di Sicurezza, la Monuc sarebbe stata incapace di contrastare le Fdlr
che godrebbero dell’appoggio di una rete di finanziamento non solo in Africa ma
anche in Europa e nel Nord America. Sempre in questo rapporto Onu si fanno i
nomi di due missionari saveriani accusati d’essere finanziatori della
guerriglia. Notizie come queste amareggiano perché le testimonianze che vengono
dalle loro comunità cristiane indicano l’esatto contrario. La questione di
fondo invece, troppo spesso sottaciuta dai media, è che la popolazione del Kivu
sta subendo un’occupazione militare occulta a seguito delle mire
espansionistiche dei paesi limitrofi, in particolare il Rwanda e l’Uganda,
coinvolti nello sfruttamento illegale delle risorse minerarie congolesi tra cui
figurano anche oro, petrolio e gas metano, diamanti, rame e coltan. Si tratta
di un minerale indispensabile per l’industria high-tech, di cui il Congo
possiede l’80% delle riserve mondiali. A causa dell’estrazione del coltan le
popolazioni locali hanno visto espropriate le loro terre. Gli introiti delle
attività hanno finanziato la guerra civile, gli impatti ambientali sono stati
gravissimi ed i diritti presenti e futuri della popolazione continuano ad
essere violati.
Vergogna
alla Comunità internazionale, perché assiste in silenzio questo genocidio.
Vogliamo
solo ricordare un'ultima cosa: ogni volta che si utilizza il cellulare, ogni
volta che si accende il computer ogni volta che i nostri bambini giocano con i
loro giochi video, ogni volta che acquistiamo gioielli in oro o diamanti, ogni
volta che prendiamo l'aereo, ogni volta che accendiamo il nostro bel tv a
schermo piatto gigante, ... e non facciamo nulla per porre fine a questa tragedia
siamo COMPLICI di questo massacro."
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