Le politiche dell`Europa Fortezza hanno prodotto negli anni
sprechi e lutti. Eppure rimangono immutate. Qual è il motivo? La frontiera
chiusa ha un consenso popolare perché rimane diffusa l`idea secondo cui il
migrante è un rivale nell`accaparramento delle risorse pubbliche e un
concorrente per il lavoro. Valorizzare esperienze come quella dei lavoratori
migranti della logistica serve a ribaltare questa idea e superare la
contrapposizione
Carmelo Bene diede una definizione di osceno
etimologicamente scorretta ma suggestiva: tutto ciò che sta fuori dalla scena. Dopo la tragedia di Lampedusa è ripreso il
dibattito sull`immigrazione contrapponendo due posizioni. Una vera e una falsa.
La prima sostiene che le vittime dipendono dalle politiche – sostanzialmente
militari – dell`Europa Fortezza che blinda le sue frontiere. La seconda, che i
morti sono solo il frutto dell`avidità di trafficanti privi di scrupoli che
sfruttano la disperazione di masse povere.
Il primo punto di
vista, pur essendo veritiero, non ha alcuna possibilità di mutare la situazione reale se non aggiunge una domanda. Perché
da anni queste politiche sono in vigore indipendentemente da tutto il resto? Il
numero degli arrivi, le situazioni di pace o conflitto nei paesi di partenza e
la crisi economica europea hanno profondamente mutato il contesto. Le politiche
basate sulla filosofia di Frontex sono rimaste identiche. Perché?
La risposta è
estremamente sgradevole: perché queste politiche hanno un consenso popolare. Basta osservare, anche nei giorni
dell`emotività del post tragedia, quando erano ancora schierate sul terreno le
decine di bare dei morti di Lampedusa, l`ondata di commenti su Internet che
possono essere riassunti in una domanda: un padre che ha difficoltà a nutrire i
suoi figli ne adotterà degli altri?
Usciamo per un
attimo dalla dicotomia razzismo / antirazzismo, buoni / cattivi e proviamo a rispondere a questa domanda. Oggi arrivano in
gran parte profughi e pochissimi migranti economici. La soluzione è a portata
di mano: una frontiera (più) aperta, con corridoi umanitari per chi scappa
(adesso) da Siria e Corno d`Africa. Una gestione europea che permetta di
uniformare criteri di accoglienza, politiche e numero di persone ospitate. La
politica può realizzare questa soluzione con poco sforzo. Persino il Brasile ha
aperto un corridoio umanitario con la Siria. Eppure la frontiera europea rimane
chiusa. Oggi non esiste una sola forza politica che conta capace di sostenere
con convinzione l`idea del corridoio umanitario. In Italia e in Europa le forze
di destra sono sempre più xenofobe ed esercitano l`egemonia culturale su quelle
di centrosinistra. Esistono solo reti che fanno pressione sulle parti
politiche. Quali risultati può ottenere un movimento se rimane sganciato dalle
forze reali della società? Dai rapporti di forza concreti? Dalle situazioni
materiali?
La frontiera
chiusa ha un consenso popolare perché rimane diffusa l`idea secondo cui il migrante è un rivale nell`accaparramento
delle risorse pubbliche e un concorrente per il lavoro. Questa idea non è del
tutto falsa. E lo sarà sempre meno con una crisi che spingerà gli italiani a
cercare lavori sempre meno «prestigiosi». L`apertura delle frontiere con l`Est
Europa non è stato quel cataclisma che i partiti di destra (e non solo)
preventivavano. L`allarme che ha portato Grillo a parlare di «sacre frontiere»
era follia. Ma ha provocato scompensi (anche tra gli stessi migranti, vedi
quello che succede nelle campagne del Sud a Vittoria e a Corigliano) che vanno
affrontati con un contratto di lavoro europeo, non con uno sterile dibattito
sui «migranti». Il «migrante», per altro, è una figura inventata dalla nostra
pigrizia: non esiste una figura unica, ma una molteplicità di situazioni che
mutano nello spazio e nel tempo.
Dovremmo quindi
introdurre nel discorso un elemento in più, fuori dalla retorica «umanitaria» e sostanzialmente cattolica che oggi è
egemone. Introducendo sulla scena, accanto all`africano che sbarca a Lampedusa,
l`operaio egiziano (che possibilmente è sbarcato seguendo lo stesso percorso di
«clandestinità» di altri) ma che arriva a sconfiggere l`Ikea e tutte le altre
aziende che usano le false cooperative di caporalato, recuperando contributi
per le casse pubbliche e migliorando le condizioni di tutti, in particolare dei
colleghi italiani che non avevano mai avuto il coraggio di pensare a uno
sciopero.
In questi ultimi
anni le cooperative in subappalto che assumevano solo stranieri a condizioni pessime hanno devastato il mercato del lavoro del Nord Italia,
ingrassando le aziende e – molto probabilmente – portando voti alla Lega. Il
lavoratore italiano ha dato una risposta istintiva, brutale e sostanzialmente
inutile. Nessuno però gli ha spiegato che la soluzione era una battaglia comune
per i diritti, non la contrapposizione che ha favorito solo lo sfruttamento.
Invece il migrante, nel discorso pubblico anche progressista, rimaneva un
semi-deficiente bisognoso di eterna «accoglienza» e assistenza.
Le leggi
sull`immigrazione, storicamente, regolano più il mercato del lavoro che gli
ingressi. Oggi
succede negli Stati Uniti con i latinos, negli emirati con gli asiatici,
persino in Libia con i subsahariani. Il consenso popolare a leggi non
proibizioniste arriverà introducendo sulla scena Mohamed Arafat e le lotte nel
polo logistico, Yvan Sagnet e lo sciopero di Nardò, le rivolte di Rosarno e
Castel Volturno. Momenti importanti e opportunità non colte per interagire con
culture diverse e non integrate, non rassegnate.
Per prendere esempio ed estendere i diritti. Per migliorare le nostre
condizioni. Altrimenti l`attenzione ai migranti rimarrà un bel gesto umanitario
di una minoranza guardata con sospetto. Rosarno 8 gennaio 2010 può diventare il
nuovo primo maggio, il giorno della ribellione alla mafia e allo sfruttamento
grazie a chi viene da fuori e porta uno sguardo altro.
Durante le
commemorazioni della strage è stata detta una cosa illuminante, a suo modo: «Basta parlare dell`Iva, occupiamoci di
Lampedusa». Ecco, è il contrario: ci dimenticheremo presto dei naufragi se non
riusciamo ad agganciare il discorso immigrazione alle condizioni materiali
delle persone.
Infine, per quanto
riguarda i profughi. Si deve rispondere a chi dice: non abbiamo soldi per accoglierli. Intanto non quanto costano
l`apparato di Frontex, il pattugliamento delle frontiere, le attività di
soccorso e l`addestramento delle forze di polizia degli altri paesi? Certamente
non poco. Poi bisogna ricordare che l`ultima «emergenza Nord Africa» si è
risolta in una misura anticrisi a favore di gruppi di assistenza e alberghi di
ogni tipo, con scarsissimi benefici per i migranti «accolti». Ma sarebbe opportuno
ricordare Riace, quel progetto lasciato nell`isolamento. Quanti luoghi di un
paese ormai vecchio, in perenne crisi demografica, potrebbero essere
rivitalizzati da una seria politica di valorizzazione dei profughi? I migliori
risultati nella storia si sono ottenuti lottando per una comunanza di
interessi. E, come dice Sagnet, tutto ciò che abbiamo di bello lo abbiamo avuto
con la lotta.
di Antonello Mangano
Fonte: http://www.terrelibere.org
Nessun commento:
Posta un commento