La regione amministrata dai superiori
moralmente, tanto diversi dalle "destre" e che si definiscono
ecologisti.....Poi le autorità se meravigliano degli spiaggiamenti dei cetacei.
Purtroppo sul versante Adriatico stessa storia.
Naturalmente Lannes denuncia anche le
scie chimiche con dettagli comprovati, un argomento tabù e che il bestiame
(noi) non deve sapere.
Barbara
TOSCANA. SVERSAMENTO NEL MAR TIRRENO
DI LIQUIDI NUCLEARI DEL REATTORE MILITARE
di Gianni Lannes
In Italia, adesso, va in onda - come
avevo anticipato tanto tempo fa - un disastro nucleare, nella solita
disattenzione generale. Tanto la salute pubblica non vale nulla. Si scaricano in mare 750 metri cubi di liquidi
refrigeranti del reattore nucleare. Secondo l'Arpat "i limiti di rilascio
sono entro i limiti". Una menzogna a buon mercato: infatti
per questo genere di inquinamento il limite biologico è mac zero.
Agli esperti delle istituzioni si
raccomanda la lettura del mirabile saggio Il mare intorno a noi, della biologa
marina Rachel Carson. Questo tipo di danno è irreversibile.
In altri termini: le autorità
legalizzano malattie e morte certa per la popolazione. Sono sicuro che non si
solleverà nessuno; anche nell'Italia centro-settentrionale sono quasi tutti a
cuccia.
Acque radioattive, è iniziato lo
sversamento nel Canale Navicelli
Dopo l’ok ricevuto da Enea sul primo
lotto di 30 metri cubi di liquidi trattati l’operazione è
cominciata. «I limiti di legge sono rispettati con margini altissimi, è acqua
distillata»
È iniziato venerdì mattina lo
sversamento delle acque trattate della piscina dell’ex reattore nucleare di San Piero a Grado.
L’operazione che vedrà lo smaltimento
del primo lotto dei liquidi (30 metri cubi) durerà cinque giorni. A essere
sversato ogni giorno nel Canale Navicelli sarà un piccolo quantitativo di acqua
trattata : 4.5 mc/giorno. La procedura è iniziata dopo aver ricevuto l’ok di
Enea come aveva anche confermato la Provincia di Pisa in un comunicato stampa.
«Le analisi Enea sul primo lotto indicano misure radiometriche conformi ai
valori previsti. Si procederà dunque con lo scarico attraverso il depuratore di
Pisa Sud», aveva affermato l’amministrazione pisana.
In riferimento alle analisi in corso
sulle acque trattate della piscina dell'ex reattore nucleare di San Piero a
Grado (analisi preventive effettuate in ordine al loro scarico attraverso il
depuratore biologico di Pisa Sud), il Cisam, responsabile del processo di smaltimento,
aveva, come promesso, trasmesso i risultati delle misure radiometriche che
l'Enea, (coinvolta nel procedimento per volontà del Cisam stesso) ha compiuto
sui campioni del primo lotto (batch) di 30 metri cubi. I rilevamenti, inviati
per conoscenza a Prefetture, Province e Comuni di Pisa e Livorno;
Ispra-Dipartimento nucleare rischio tecnologico e industriale; Arpat; Asl 5
Pisa; Acque Industriali Srl «confermano il rispetto, con ampi margini, dei
valori previsti dalla "formula di scarico" illustrata in occasione
dell'incontro del 16 ottobre scorso», scrive il Cisam. Il quale quindi
provvederà, con le modalità indicate dall'autorizzazione conseguente agli esiti
degli esami svolti, a eseguire «lo scarico dell'acqua suddetta attraverso il
depuratore. Con cadenza settimanale, si procederà ad analoga operazione per i
restanti batch da 30 mc, sempre previa ricezione, dall'Enea, delle misure
radiometriche che attestino il rispetto della riferita formula di
scarico».
15 novembre 2013
ATTENTATI E MINACCE DI MORTE CONTRO
GIANNI LANNES. REGIA NATO?
di Salvatore Esposito e Lucia
Russo
Non è un eroe ma un uomo al quale
ignoti stanno rendendo la vita impossibile. Chi lo vuole morto e sepolto?
Perché ben tre governi (Berlusconi, Monti, Letta) chiamati in causa da numerose
interrogazioni parlamentari, tacciono?
A ben guardare affiora una ricorrente
coincidenza che indirizza l’attenzione verso certe attività belliche e di
intelligence dell’Alleanza atlantica. Occhio alla sequenza cronologica degli
eventi.
Il 4 novembre 2008 il quotidiano La
Stampa per cui lavorava Gianni Lannes, pubblica la sua inchiesta “A PICCO PER
UNA BOMBA AMICA. Un’esercitazione Nato provocò l’affondamento di un
peschereccio nel ‘94”. Una paginone intero che documenta i fatti con lucidità e
riporta alcune testimonianze significative: una ricostruzione sintetica ed al
contempo rigorosa sulla strage del peschereccio di Molfetta “Francesco Padre.
Una tragedia consumatasi nell’Adriatico la notte fra il 3 ed il 4 novembre
1994, costata la vita a cinque onesti pescatori ed al loro cane Leone. Reazioni
ufficiali? Nessuna, almeno in apparenza.
Poco tempo dopo si fa vivo Piero
Corsini, braccio destro di Minoli alla Rai. L’inventore di Mixer, autore in
quel periodo della trasmissione La Storia siamo noi, è interessato alla vicenda
e vuole farne un documentario, commissionato proprio a Lannes.
Nei primi dell’anno 2009 partono le
riprese filmate. Lannes intervista per conto di viale Mazzini, alcuni
magistrati (Drago, Pugliese, Magrone), pescatori, familiari, tecnici e
politici. I militari protagonisti della storia si rifiutano però, di
parlare.
A fine maggio di 4 anni fa la casa
editrice La Meridiana propone al giornalista di scrivere un libro ricostruendo
la vicenda nei dettagli. E Gianni non perde un attimo: si mette subito al
lavoro.
Lannes scrive anche la sceneggiatura per
il filmato Rai. Per il 2 luglio 2009 alle ore 9 è fissata a Napoli presso lo
studio del professor Giulio Russo Krauss (docente all’università Federico II di
Napoli, titolare della cattedra di Naviglio minore). Un esperto che ha
insegnato anche all’Accademia navale di Livorno e per conto della Procura della
Repubblica di Trani aveva elaborato alcune perizie durante la prima inchiesta
archiviata nel 1997, teorizzando senza uno straccio di prova che la barca da
pesca fosse esplosa poiché portava un carico di ordigni. Si tratta dell’ultima
intervista, poi si procederà al montaggio e alla produzione.
La notte fra il primo luglio e il 2
luglio 2009, ignoti fanno saltare in aria l’auto della moglie di Gianni Lannes
non assicurata per questo tipo di inconvenienti. Lannes sporge denuncia e salta
l’intervista al Russo Krauss. Poco tempo dopo muore prematuramente Giulio Russo
Krauss. Dopodiché la Rai tenta di manomettere il lavoro di Lannes, e così
l’inchiesta non andrà mai più in onda.
Nel frattempo, Lannes è costretto a
portare al “sicuro” la sua famiglia. Il 21 luglio Gianni Lannes ha appuntamento
con Maria Pansini, la figlia del comandante del motopesca, per accompagnarla in
Tribunale a Trani ed aiutarla a visionare i fascicoli giudiziari, mai acquisiti
dai parenti delle vittime. Al mattino Lannes parte con l’auto e qualche minuto
dopo finisce fuori strada, ma incolume. I freni della vettura non funzionano. E
viene meno l’appuntamento anche con la signora Pansini.
In quei giorni roventi d’estate
Lannes sta ultimando il libro NATO: COLPITO E AFFONDATO. Consegnerà infatti le
bozze alla Meridiana a metà luglio.
A fine ottobre Lannes torna a casa
con la sua famiglia. Il 5 novembre 2009 è fissato l’incontro a Molfetta, presso
la sede della casa editrice La Meridiana per l’incontro con i familiari dei
pescatori uccisi e la consegna del volume appena stampato che verrà presentato
pubblicamente presso il seminario arcivescovile il 14 novembre successivo. La
sera torna nella sua abitazione. Durante la notte, ignoti danno alle fiamme la
sua automobile, non è assicurata per questo tipo di danno. Lannes sporge la
seconda denuncia, mentre il magistrato competente per le indagini nello stesso
giorno, in tutta fretta, firma al mattino il decreto di archiviazione per il primo
attentato. Le indagini della magistratura sono approdate ad un nulla di
fatto.
Il 6 novembre si presenta a casa
della famiglia Lannes il capitano dei carabinieri Russo. L’ufficiale dice a
Lannes che non si tratta di vendette postume, bensì di tentativi di
intimidazione o comunque di condizionamento. Da quel giorno la dimora del
giornalista è visibilmente piantonata a turno 24 ore su 24 dai
carabinieri.
Il 22 dicembre 2009 il ministero
dell’Interno assegna a Gianni Lannes una scorta della Polizia di Stato, senza
che lo stesso cronista ne avesse mai fatto richiesta. Anzi, Lannes non vuole
alcuna protezione per sé ma soltanto per la sua famiglia.
Nel gennaio del 2010 Gianni Lannes
incontra il magistrato Fini, titolare delle indagini: si verbalizza la situazione,
ipotizzando in forma scritta fatti e possibili mandanti. Nello stesso anno
Lannes porta all'attenzione dell'opinione pubblica il caso di
Eurogendfor.
Nel febbraio 2010 il capo della
Procura della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo, riapre le indagini
(archiviate nel 1997) sulla base del volume NATO: COLPITO E AFFONDATO. I
riscontri probanti di Lannes sono stati recentente suffragati anche dai
consulenti tecnici della Procura tranese. La magistratura ha inoltrato agli Usa
una rogatoria internazionale, che non ha sortito alcuna risposta.
Nel maggio 2010 Lannes si reca a
Perugia con la sua famiglia, accompagnato ovviamente dalla scorta di Polizia,
per tenere due seminari all’università organizzati da Peacelink e partecipare
alla famosa marcia della pace. La domenica sera il giornalista fa rientro a
casa., ma c’è un’altra amara sorpresa ad attenderlo. Ignoti sono penetrati
nella sua casa senza lasciare segni di effrazione, ed asportando soltanto un
computer portatile e un hard disk. I ladri non rubano altro. E in casa, Lannes
non ha l’abitudine di conservare documenti di lavoro. Lannes sporge la terza
denuncia.
In quel periodo Lannes lavora
alacremente all’inchiesta sulle navi dei veleni, come ben sa il ministero
dell’Interno, a cui giungono periodicamente i rapporti di Polizia sulle
attività giornalistiche di Lannes e dei suoi numerosi incontri pubblici in giro
per l’Italia. Il 2 agosto a Salerno Lannes intercetta la nave Frelon appena
giunta dalla Francia con un carico di materiale radioattivo di scarto e
denuncia pubblicamente la situazione. Pochi sanno, però, che Lannes sta
indagando ancora sulla NATO, più specificatamente ad una ricerca sul campo che
darà corpo in seguito al libro, non ancora pubblicato.
Per gran parte degli anni 2010 e 2011
giungono al cellulare della moglie del giornalista minacce intimidatorie.
Lannes sporge la quarta denuncia.
Il 19 luglio 2001, giorno della
strage di via D-Amelio a Palermo, ma è soltanto una macabra coincidenza, una
funzionaria del Viminale telefona a Lannes e gli comunica che dal 22 agosto
2011 sarebbe venuta meno la protezione dello Stato. Non viene addotta alcuna motivazione
scritta.
Il 2 agosto 2011 cinque deputati
presentano un-interrogazione a risposta scritta al ministro dell'Interno. A
tutt'oggi quell'atto parlamentare non ha ancora ha avuto una risposta e risulta
in corso, come decine di altre interrogazioni ed interpellanze far data dall'8
luglio 2009.
A gennaio dell'anno 2012 la moglie di
Gianni Lannes trova nella sua auto, esattamente posizionato nel seggiolino di
sicurezza per bambini, un biglietto anonimo che reca una minaccia di morte
inconfondibile. Lannes sporge la quinta denuncia. Il Corriere della Sera
riporta la notizia dell'accaduto. Nel 2012 Lannes pubblica il libro IL GRANDE
FRATELLO. STATEGIE DEL DOMINIO.
A gennaio dell'anno 2013 mentre il
figlio di Gianni Lannes si trova in ospedale, il giornalista finisce ancora una
volta fuori strada. I freni della vettura su cui viaggiava non hanno
funzionato. Quel giorno Lannes avrebbe dovuto partecipare ad una nota
trasmissione radiofonica a Roma, sul tema della guerra ambientale della Nato.
Le indagini giudiziarie dopo 4 anni non hanno accertato ancora nè mandanti nè
esecutori materiali degli atti criminosi contro la persona di Gianni Lannes e
contro la sua famiglia.
Se per curiosità si guarda il sito
del Parlamento chiunque può rendersi conto del numero considerevole di atti
parlamentari presentati sulla base di inchieste autorevoli e documentate di
Gianni Lannes. Atti di sindacato ispettivo che però nel 99 per cento dei casi
non hanno mai avuto risposta dai Governi italiani.
Dopo tutte queste intimidazioni che
non hanno di certo spaventato Gianni Lannes, i soliti ignoti passeranno
all'eliminazione fisica? Perché Gianni Lannes non può vivere tranquillamente in
Italia, nella sua terra e nella sua casa? Chi controlla il telefono di Gianni
Lannes e chi monitora il suo lavoro di ricerca? Perché Gianni Lannes non può
più condurre inchieste giornalistiche?
Strage di
tartarughe nell’alto Adriatico. Arrivano morte a riva grappoli
18 nov
2013 - Maria Ferdinanda Piva - Nell’alto Adriatico è un’autentica strage.
Causa? Mistero. Circa 165 tartarughe (di cui 15 nelle ultime ventiquattro ore)
sono arrivate morte a grappoli in poco tempo sulle spiagge dell’Emilia Romagna
e del Friuli: eppure le tartarughe Caretta caretta sono animali solitari, oltre
che rari e ultra protetti. Nessuna tartaruga (a quanto se ne sa) è stata
trovata sulle spiagge del Veneto, nessuna in Slovenia e in Croazia.
Probabilmente venti e correnti hanno concentrato le carcasse su porzioni
limitate di costa. Le spiegazioni sono varie ed opposte. Il fenomeno è così
grave che poco fa l’Arpa Emilia Romagna ha emesso un comunicato stampa.
Al
comunicato dell’Arpa emiliana si deve l’unico tentativo di mettere ordine nei
numeri: a partire da ottobre si sono spiaggiate complessivamente 35 tartarughe
in Friuli (soprattutto nella Laguna di Marano,) e circa 130 in Emilia Romagna.
E’ un “evento anomalo” perchè le carcasse sono concentrate in aree ristrette e
sono molto, molto più numerose della norma. Non si può dire che il fenomeno sia
concluso.
Anzi (e
qui intervengo io) le tartarughe stanno giungendo a riva morte quasi in un
macabro “crescendo” rossiniano. Il fenomeno è emerso per la prima volta ai
primi nel mese: la fondazione Cetacea ha parlato di 51 tartarughe trovate morte
fra il 3 e il 15 ottobre in Emilia Romagna, nella zona compresa fra Cervia e
Ferrara (in 12 giorni un terzo degli esemplari normalmente trovati morti in un
anno); gli animali presentavano “fratture ed ematomi” tali da far pensare che
fossero stati trascinati e sballottati dalle reti da pesca (allora appena
riaperta dopo il fermo stagionale) e poi buttati a mare, agonizzanti o morti,
dai pescatori.
Segue la
notizia (31 ottobre) di 12 tartarughe trovate morte sulle spiagge di Grado, in
Friuli: causa ipotizzata, le esplosioni sottomarine dovute alle ricerche di
idrocarburi. Qualche giorno di pausa e il 12 novembre News Rimini annuncia 32
tartarughe spiaggiate in poche ore; nella sola giornata di ieri, poi, due
delfini e una tartaruga a Bibione e due tartarughe nella zona di Ravenna, con
un bilancio complessivo salito a 150 animali (oggi se ne sono aggiunti altri
15) e un summit all'istituto di Veterinaria dell’Università di Padova: esclusi avvelenamenti o agenti chimici vari, la principale ipotesi diventa quella del
virus o del batterio (“l’unica cosa che si ripete su diverse tartarughe trovate
è un’emorragia ai muscoli pettorali e una sterilità dell’intestino”) anche perché sembra assodato che le tartarughe sono morte praticamente all'improvviso e fino a poco prima di trovavano in buona salute.
L’Arpa
Emilia Romagna invece oggi chiama in causa di nuovo le reti da pesca: “Permane
quindi l’ipotesi che la causa principale sia legata all’attività di pesca
esercitata con reti a strascico sia col metodo a ‘tartana’ che con ‘volante’.
La cattura non voluta è da considerarsi in tutti i casi accidentale. A
suffragare tali ipotesi sono i referti dello Zooprofilattico di Ferrara e
dell’Università di Bologna (Medicina veterinaria) che evidenziano negli
esemplari esaminati edemi, fratture degli arti, lesioni al collo”. Cioè
praticamente si è tornati al punto di partenza e alla prima spiegazione, in
ordine cronologico, data alla moria.
Io non
sono veterinario, ma le due spiegazioni mi sembrano davvero difficilmente
conciliabili: o le tartarughe erano in buona salute salvo l’emorragia dei
muscoli pettorali e la “sterilità dell’intestino” (detto in parole più
semplici, scarsa flora batterica intestinale) oppure erano tutte fratturate e
sbatacchiate dalle reti dei pescherecci. Resta il fatto che le tartarughe
muoiono a grappoli e che le Caretta caretta sono rare e protette. Nell’alto
Adriatico, indubbiamente, c’è qualcosa che non va.
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