Davanti alle manifestazioni che si
svolgono in tutta Italia in questi ultimi giorni, il Presidente del consiglio
Enrico Letta ha affermato che il “popolo dei forconi” – parole testuali - «non
è l’Italia»; che si tratta di una «piccola minoranza» la quale «non rappresenta
il Paese».
Il vice-premier Alfano ha
rincarato la dose e ha minacciato severe sanzioni per i perturbatori
dell’ordine pubblico: ammirevole concordia fra l’ex Nipote e l’ex Delfino, i
quali si sono autoproclamati i novelli salvatori dell’Italia contro il pericolo
del «caos» e della «deriva protestataria», deriva alla quale bisogna opporsi
specialmente ora, che il Paese sta risalendo la china.
Che stia risalendo la china, a
dire il vero, è tutto da dimostrare: non solo il finlandese Olli Rehn, ma anche
l’italianissimo Mario Draghi, che non è un Pinco Pallino qualsiasi, ma il
Presidente della Banca Centrale Europea, vedono assai fosco il futuro
dell’economia italiana e non se la sentono assolutamente di scommettere sulla
tenuta dei nostri conti pubblici.
Tuttavia non ci sarebbe alcun
bisogno che Olli Rehm o Mario Draghi avanzino simili dubbi e perplessità: basta
essere un Italiano normale, un normale lavoratore o pensionato, un normale
disoccupato o cassintegrato: basta essere un Italiano che non appartiene alla
Casta, che se va in prigione non ha il ministro Cancellieri a tirarlo fuori e
se viene beccato a evadere il fisco non ha settanta avvocati a difenderlo, come
Berlusconi, né un volonteroso Parlamento che gli confeziona una legge “ad personam”
dietro l’altra, a ripetizione, con ventennale solerzia.
Basta essere un piccolo
commerciante che ha dovuto chiudere il suo negozio o il suo esercizio,
schiacciato dalla tasse e dalla diminuzione della clientela; basta essere un
piccolo imprenditore ridotto sul lastrico dalle commesse non pagate, magari da
parte di qualche ente statale; basta essere un insegnante precario che da
vent’anni viene licenziato a giugno, e non pagato per i tre mesi estivi, per
essere poi riassunto a settembre, e così via, senza fine, da una classe
all’altra, da una scuola all’altra, da una città all’altra, secondo
graduatoria; basta essere un pensionato che non prende 30 o 40 mila euro di
pensione d’oro, ma tre o quattrocento euro, con i quali deve pure – Dio sa
come, ma i miracoli esistono - aiutare nipoti che non trovano lavoro o figli
che l’hanno perduto, magari a quarant’anni o cinquant’anni di età.
Se il signor Letta e il signor
Alfano non vivessero in un mondo tutto loro, dove i frigoriferi sono sempre
pieni e dove non è un problema andare a pranzare ogni giorno nei migliori
ristoranti, forse si renderebbero conto che la “vera” Italia è proprio quella
cui essi negano dignità e legittimità, con la scusa dell’ordine pubblico e
della “rappresentanza” democratica da difendere. Questa, infatti, è stata
l’ultima trovata dell’ineffabile signor Letta: le manifestazioni contro il
governo sono pericolose e potenzialmente sovversive perché contestano o
rifiutano il concetto della “rappresentanza”, vale a dire, modestamente, lui
stesso e gli altri membri della Casta.
Oh bella: e di quale mai
“rappresentanza” va parlando? Forse che qualcuno lo ha eletto? Forse che
qualcuno aveva eletto il suo degno predecessore e, come lui, sedicente
salvatore della Patria, Monti (il quale ebbe la furbizia, o l’improntitudine,
di battezzare il decreto finanziario che accelerava il massacro del Paese con
il nome suggestivo di “salva-Italia”)? Eh già: senza costoro, l’Italia
piomberebbe nel caos; e lorsignori non ci stanno a lasciar precipitare il Paese
nel caos; lorsignori lo vogliono salvare, a dispetto di tutto e contro
chiunque. «Mi batterò come un leone», ha detto testualmente Letta, rubando la
battuta a Berlusconi. Non c’è dubbio che costoro sono dei veri leoni, quando
devono battersi per difendere le loro inamovibili poltrone. Schiodarli da lì
farebbe sembrare un semplice scherzo le dodici fatiche di Ercole o l’impresa
degli Argonauti.
Sono sfrontati, non conoscono
pudore né vergogna. Nessuno li ha eletti, eppure si ritengono legittimati a
“rappresentare” in maniera impeccabile, anzi, insostituibile, il popolo
sovrano; sono arrivati al potere mediante intrighi di palazzo, spintarelle,
cavilli e doppi o tripli giochi, però recitano con sussiego la parte degli
integerrimi idealisti, delle anime nobili e disinteressate, di tutto
preoccupate tranne che del proprio vantaggio e del proprio tornaconto.
Strano: si direbbe che siano
piovuti sulla Terra direttamente dal pianeta Marte. Si direbbe che non
appartengano alla politica italiana, alla Casta italiana, da una vita intera;
si direbbe che, mentre i governi degli ultimi vent’anni facevano aumentare,
legislatura dopo legislatura, il deficit dello Stato, loro si trovassero chissà
dove, su un altro pianeta, in un’altra galassia, e non nei vecchi partiti, nei
vecchi governi, o seduti saldamente nel Parlamento nostrano. Con inaudita
faccia tosta si presentano e dicono di essere vergini, di avere le mani nette,
di non portare alcuna responsabilità nello sperpero del denaro pubblico, nella
corruzione, nella gestione disastrosa della finanza, nel collasso del sistema
industriale, nelle politiche fiscali sempre più rapaci e vessatorie, nella
distruzione sistematica del sistema scolastico e di quello sanitario, nella
vendita al migliore offerente straniero dei settori strategici della nostra
economia, dalla flotta aerea alle telecomunicazioni, passando per la chimica,
per la siderurgia, e perfino per l’alimentare e il manifatturiero.
Il Ministro dell’economia,
Saccomanni, esulta e si compiace perché gli ultimi rilevamenti statistici
dicono che, anziché in negativo, la nostra crescita è, attualmente, a “livello
zero”: se non fosse una battuta ripetuta a voce alta, si penserebbe di aver
capito male, oppure a uno scherzo di dubbio gusto. Questa è la gente che ha
deciso di salvarci, di guidarci oltre la crisi, di traghettarci fuori dalla
palude della recessione. E intanto cresce il numero dei ragazzi che non provano
neppure a cercarsi un lavoro in Italia e che prendono la via dell’estero,
esportando competenze ed entusiasmo: non di rado, si tratta di eccellenti
laureati, di tecnici di prim’ordine, di ricercatori specializzati che le altre
nazioni ci invidiano (e, infatti, se li accaparrano sottocosto, comprandoseli
ai saldi di un’Italia in liquidazione).
Esportiamo cervelli, esportiamo
fabbriche: sono ormai centinaia, migliaia, le nostre fabbriche migrate verso
lidi più accoglienti, creando posti di lavoro altrove e facendone sparire
altrettanti qui da noi. Logico, del resto: perché un imprenditore del Veneto o
del Friuli dovrebbe rimanere in questa Italia matrigna, pagando circa il
settanta per cento di tasse sui guadagni, mentre pochi chilometri più in là, in
Austria, i suoi colleghi d’Oltralpe pagano appena il quindici per cento? E, del
resto, come reggere una simile concorrenza? Come fare con le banche italiane,
che non prestano un euro a nessuno se non hanno le più ampie garanzie, mentre
poi, del nostro denaro, fanno tutto quel che vogliono, senza rendere conto a
nessuno, e tanto meno ai loro clienti?
Caro Letta, quando lei dice che i
forconi non sono l’Italia, mente: è lei che non è l’Italia, che non la
rappresenta in alcun modo: lei e tutta la Casta di cui lei fa parte. Certe cose
lei non può arrivare nemmeno a capirle. Non può nemmeno arrivare a capire
l’indecenza di aver difeso a spada tratta il ministro Cancellieri dopo le sue
vergognose telefonate alla famiglia Ligresti; non può arrivare neanche a capire
quanto sia stato scandaloso, da parte sua, aver nominato Ministro della
giustizia una persona come la Cancellieri, amica di una famiglia come quella
dei Ligresti. La pazienza, la stanchezza, la rassegnazione degli Italiani, lei
e quelli come lei hanno pensato – a torto – che debbano durare in eterno. Ora,
invece, stanno finendo e lei non capisce, sa solo denigrare e disprezzare: ma
non ne ha il benché minimo diritto. Dire che chi protesta per le strade e nelle
piazze, in questo momento, non è la vera Italia, significa dire che la vera
Italia è quella dei miliardari, dei raccomandati, dei membri della Casta:
quelli stessi che hanno portato il Paese allo sfascio, che lo hanno spolpato
per anni, che infine lo hanno venduto ai poteri forti internazionali, alle
grandi banche e agli speculatori finanziari.
In questi primi mesi del suo
governo lei non ha fatto assolutamente niente, né per dare il segnale di un
reale cambiamento (nuova legge elettorale, tagli ai costi della politica,
abolizione delle province e del Senato, o, almeno, dimezzamento del numero dei
parlamentari), né per metter mano, e sia pure alla lontana, ai problemi strutturali
della nostra economia, primo fra tutti il deficit del bilancio (taglio della
spesa pubblica, imposta progressiva sulle proprietà e sui redditi). Ha
conservato tutto, ma proprio tutto, così com’era prima, compresi gli stipendi
d’oro e le pensioni d’oro, comprese le buone uscite d’oro per i manager
pubblici: non ha avuto neppure la decenza, ma vorremmo dire l’intelligenza, di
far finta di mettere mano a delle autentiche riforme.
Ha seguito l’esempio del
presidente Napolitano, il quale continua a costarci, in questo suo secondo e
onnipotente mandato, più dell’Eliseo e di Buckingham Palace messi insieme:
neppure un giardiniere, neppure un cuoco, neppure un autista in meno di quanti
ve n’erano prima, ai bei tempi della spendacciona e corrotta Prima Repubblica.
Tutto è continuato come se nulla fosse stato, come se in questi ultimi anni, in
questi ultimi mesi, mentre lorsignori chiedevano al popolo italiano sacrifici
di lacrime e sangue, tutto, per loro, potesse andare avanti come sempre, alla
solita maniera: mentre invece la povertà è venuta ormai a bussare – e sono i
dati ufficiali a dirlo – alla porta di una famiglia italiana su tre. Non la
ristrettezza, ma proprio la povertà: quella che spinge le persone a non pagare
più le bollette, finché ti staccato il telefono, la luce e il gas; quella che
spinge le persone a fare la fila ai mercati generali per portarsi via un po’ di
verdura avariata, o alle mense della Caritas per farsi servire un piatto di
minestra calda. Quella che costringe le persone a passare l’inverno senza
riscaldamento e ad arrivare a fine mese con il frigorifero vuoto.
Difficile dire come andrà a
finire, o forse anche troppo facile. Ora che ci siamo svenduti la sovranità
nazionale e che la nostra classe dirigente ci ha consegnati al capitale straniero
per trenta denari, in cambio della promessa di poter continuare a fare – o di
poter continuare a fare finta di fare – quello che è sempre stata, la “nostra”
classe dirigente; ora che essa ha ottenuto le garanzie per poter continuare a
spolpare quel poco di carne che ancora rimane attaccata alle ossa del nostro
popolo, di poter continuare a spremere sempre nuove tasse dai contribuenti
sfiancati, e intanto recitare la commedia di preoccuparsi del bene comune e del
servizio al Paese, essa che trasferisce i suoi conti bancari all’estero, che
manda i suoi figli a studiare nei college anglosassoni, che va a curarsi nelle
cliniche svizzere e che poi indice scandalose tavole rotonde per discutere, con
sussiego, di “green economy”, di sostenibilità e di buon governo: ora possiamo
metterci il cuore in pace e aspettare le prossime due o tre generazioni per
sperare in un vero cambiamento. A meno che perdiamo la pazienza e decidiamo di
mandarli tutti a casa.
È quello che sta incominciando ad
accadere, e costoro già si lanciano in scomuniche e censure, paventando chissà
quali pericoli per la nostra democrazia a causa della “piazza”, dei
“populismi”, dell’”antipolitica”. Non sembrano rendersi conto che la piazza è
il Paese reale, e che la rivolta non è diretta contro la politica in astratto,
ma contro di loro: vale a dire contro il peggio di quel che la politica può
offrire a quei malcapitati sudditi che, per pudore e per conformismo, si
continua a qualificare con l’eufemismo di “cittadini”. Ma i cittadini hanno dei
diritti e dei doveri, mentre gli Italiani di oggi non hanno che doveri, primo
dei quali chinare la testa, pagare e tacere. Come hanno fatto sino ad oggi,
complici una stampa e una televisione prezzolati, che hanno la sfacciataggine
di chiedere la sovvenzione del pubblico denaro per continuare a mentirci e a
disinformarci a tutto spiano.
Perché non sono soltanto i
politici che bisogna mandare a casa, ma tutta la classe dirigente: banchieri,
assicuratori, grandi imprenditori, professori universitari, giornalisti, senza
dimenticare gran parte della magistratura, degli alti comandi militari e dei
servizi segreti: mentre i nostri due marò restano in India e viene pure
ventilata la loro condanna a morte. Quei due marò, dei quali tutti sembrano
essersi dimenticati, sono il simbolo della vera Italia: dignitosa e tradita. E
i politici e i pezzi grossi dell’esercito, che li lasciano in ostaggio
dell’India, sono i degni rappresentanti di quell'altra Italia, quella della
Casta: senza onore, ma ben decisa a perpetuarsi all’infinito, autocelebrandosi
e autoassolvendosi in qualunque circostanza.
I forconi non sono la vera Italia?
Lei mente, signor Letta. Lei è il degno rappresentante di una classe dirigente
bugiarda, incapace, fuori dalla realtà, ma fieramente decisa a resistere a
qualunque cambiamento, a conservare per sempre prebende e privilegi. Lei
appartiene a quel partito e a quel Parlamento che non hanno saputo neanche
eleggere un nuovo Presidente della Repubblica. Grillo è solo un comico? Eppure,
se non fossero risate amare, diremmo che la sua comicità non è da meno…
di Francesco Lamendola