Dalla capitale Bangui, dove è presente con una propria
delegazione, Amnesty International ha dichiarato che popolazione civile della
Repubblica Centrafricana ha assoluto bisogno di protezione.
Bambini sfollati in attesa della messa presso
la parrocchia di Saint-Paul a Bangui
© SIA KAMBOU/AFP/Getty Images
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Negli ultimi quattro giorni che hanno segnato il peggiore ciclo di violenza del
conflitto in corso da mesi, i delegati di Amnesty International hanno visto
decine di corpi nell'obitorio centrale di Bangui e hanno visitato alcuni dei
molti rifugi dove si hanno cercato riparo circa 60.000 persone. Uno scenario
simile si sta verificando anche a Bossangoa e in altre parti del paese.
"L'alto numero di persone in fuga dalle loro abitazioni attesta la diffusa paura e la profonda insicurezza che dominano la vita a Bangui" - ha dichiarato Christian Mukosa, esperto di Amnesty International sull'Africa, attualmente nella capitale della Repubblica Centrafricana.
Il numero degli sfollati cresce durante la notte, quando aumentano le probabilità di attacchi armati e la popolazione lascia le abitazioni per recarsi nelle chiese o in altri luoghi percepiti sicuri.
Persino nei ripari, la sicurezza è insufficiente a causa degli sporadici attacchi delle ex milizie Seleka, di fatto incorporate tra le forze governative.
Un campo visitato da Amnesty International, dove avevano trovato rifugio circa 3000 persone, era protetto soltanto da una manciata di peacekeeper africani che stazionavano all'ingresso.
"Alcune zone di Bangui sono a forte rischio di attacchi armati e necessitano di misure urgenti e adeguate di protezione. Questo vale soprattutto per gli ospedali, considerato quanto accaduto all'Hôpital de l'Amitié, dove le forze Seleka avrebbero portato via 10 uomini ricoverati per poi fucilarli".
Le truppe francesi sono state accolte positivamente dalla popolazione di Bangui, poiché si ritiene che il loro arrivo abbia impedito un più drammatico bagno di sangue.
La Forza multinazionale dell'Africa centrale (Fomac), composta da truppe di peacekeeping provenienti dai paesi confinanti, sta svolgendo a sua volta un importante compito di protezione in alcuni quartieri di Bangui e in altre parti del paese, sebbene la popolazione abbia sfiducia nel contingente del Ciad, sospettato di simpatizzare con le forze ex Seleka.
Il numero ufficiale dei morti negli ultimi giorni di violenza a Bangui è arrivato a oltre 400 ma si ritiene che dal 5 dicembre le persone uccise siano oltre 1000. Il numero effettivo potrebbe non essere mai conosciuto.
Secondo numerose testimonianze, molte persone sono state sepolte nei quartieri dove erano state uccise e sono state escluse dai conteggi ufficiali.
Amnesty International ha ricevuto informazioni sulla proliferazione di armi di vario tipo all'interno delle comunità che, di fronte alle minacce, hanno deciso di proteggersi da sole, tra cui armi da fuoco, granate, machete e altre armi rudimentali. Per questo motivo, l'iniziativa di disarmo avviata dalle truppe francesi - per quanto difficile da attuare - è quanto mai necessaria per porre fine alla violenza tra i gruppi armati.
"La violenza ha provocato un'esplosione di rabbia in tutto il paese e ogni
gruppo dà la responsabilità all'altro per quanto accaduto. Sebbene non vi sia
una soluzione immediata per la crisi in corso, preparata da anni, i peacekeeper
possono dare il loro contributo dando priorità alla protezione dei luoghi e dei
civili più vulnerabili" - ha sottolineato Mukosa.
"I peacekeeper devono darsi l'obiettivo di consentire ai civili di tornare
alle loro case e di viverci in sicurezza, senza timore di attacchi o
rappresaglie. Questo non può accadere senza protezione e risorse adeguate"
- ha concluso Mukosa.
Fonte: http://www.amnesty.it
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