Un nuovo spettro si aggira tra i
Paesi occidentali: esso si chiama populismo. In questo modo vengono
classificati quei partiti che, ad esempio, in Europa mettono in discussione la
globalizzazione, i mercati finanziari, la moneta unica europea, l’attuale processo
di integrazione del Vecchio Continente, la politica di immigrazione e le
politiche di austerità. Sebbene questi partiti stiano spuntando ovunque e
stiano avendo un sempre maggiore seguito elettorale, stando ai partiti
tradizionali e ai loro organi di informazione non dovrebbero avere diritto di
cittadinanza politica. Così in Francia si ripropone senza successo (vista la
recente sconfitta a Brignoles) un “Fronte repubblicano”, formato da socialisti
e dall’UMP di Nicholas Sarkozy,
per fronteggiare l’ascesa del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. In Olanda si forma un Governo per escludere il
partito di Geert Wilders. In
Italia si fa un Governo delle larghe intese, che non tiene conto delle proposte
lanciate da Beppe Grillo. Anche
in Svizzera ci si indigna dei successi del Movimento dei cittadini ginevrino e
della Lega dei ticinesi. E così via. Non si puo’ nemmeno escludere che tra non
molto anche il Papa Francesco venga
accusato di populismo per la sua attenzione ai poveri e per le sue critiche a
questa società fondata unicamente sul denaro e quindi idolatrica.
Insomma, non è più il comunismo o la sinistra a far paura ai
gruppi di potere, che comandano il mondo, ma questi partiti e questi movimenti
che pongono sul tappeto (talvolta in modo discutibile) questioni essenziali per
il futuro delle nostre economie e delle nostre società. Essi vengono chiamati
populisti, nel tentativo di bollarli come movimenti contrari al rispetto dello
Stato di diritto, delle libertà democratiche e di tutto quanto oggi fa parte
del “politicamente corretto”. Eppure, il populismo è una categoria molto
discutibile e soprattutto che spesso non si addice a questi movimenti. Il
populismo è l’accarezzare i desideri popolari senza tenere conto delle
conseguenze politiche, sociali ed economiche di certi provvedimenti. Ad
esempio, è stato definito populista il movimento peronista in Argentina, che
con una politica di concessioni salariali e sociali protrattesi per anni ha
provocato il declino di un’economia argentina, che figurava fino alla fine
della Seconda Guerra mondiale tra le più forti del mondo.
Questi movimenti non propongono politiche di questo
genere, ma mettono giustamente in discussione tabù che i poteri forti
desiderano vengano considerati come verità “dogmatiche” assolutamente
indiscutibili. Eppure le grandi scelte politiche degli ultimi decenni
(globalizzazione, deregolamentazione dei mercati finanziari, euro, ecc.) hanno
prodotto la più grave crisi di questo dopoguerra, dalla quale non siamo ancora
usciti, un forte aumento della disoccupazione, un incremento delle disparità
sociali, un diffuso senso di insicurezza, ecc. Dovrebbe quindi apparire
naturale che si apra una discussione su queste grandi opzioni e che a questo
dibattito partecipino anche coloro che si sono affrancati dal pensiero unico
dominante. Storicamente questo ruolo era ricoperto dalla sinistra, ma oggi la sinistra è diventata
innocua. Anzi, è la ruota di scorta dei poteri forti. Infatti che
differenza c’è tra un Hollande e un Sarkozy? Nessuna, se non diversità di stile
e di accenti. I grandi deficit pubblici dei Paesi europei sono stati prodotti
negli anni in cui i partiti tradizionali di destra e di sinistra erano al
Governo e applicavano le dottrine economiche e politiche del pensiero
liberista. Sempre questi partiti hanno permesso lo stravolgimento del progetto
europeo, che oggi è diventato lo strumento attraverso cui i poteri forti
impongono le loro politiche al popolo europeo, infischiandosene anche delle
libertà democratiche. E’ quindi comprensibile che i partiti tradizionali
perdano ovunque consensi e che una crescente percentuale di elettori cerchino
alternative reali votando per i cosiddetti partiti populisti. Si potrebbe
concludere affermando “Evviva il populismo”, che almeno tenta di aprire una
discussione su quelle “verità” che i partiti tradizionali considerano
indiscutibili e che invece dovrebbero essere oggetto di una discussione aperta
scevra da pregiudizi. La saggezza popolare è comunque destinata a prevalere
contro i voleri dei poteri forti e delle formazioni politiche al loro
guinzaglio.
di Alfonso Tuor
Tratto da: http://www.giornaledelribelle.com
Strano paese l'Italia:
RispondiEliminaquando il popolo protesta allora è populista, se muore di fame in silenzio, allora sì che è popolare.
I miei complimenti.
http://www.ilcittadinox.com/blog/popolare-e-ordinario-per-chi-non-e-straordinario.html
Gustavo Gesualdo