Il 2014 si annuncia un
anno di grandi cambiamenti provocati dal ciclone Renzi. “Si annuncia”,
attenzione. I politici ci hanno abituato ad annunciare profonde trasformazioni
che poi non realizzano o addirittura a presentare come riforme epocali piccole
modifiche cosmetiche che non cambiano la struttura reale dei rapporti di forza
e di potere.
Si è discusso parecchio
sul conflitto di interessi, ma non mi sembra che sia stata indicata una stella
polare in grado di guidare la politica verso una reale riforma rivoluzionaria
per risolvere questo, ormai ultradecennale, problema. “Non esiste delitto,
inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza.
Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli
agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola
divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il
quale falliscono tutti gli altri”. Joseph Pulitzer.
L’informazione deve dare
fastidio al potere. Non deve essere lo scodinzolante cane da compagnia dei
potentati, ma il feroce cane da guardia dei cittadini. Non deve avere alcun
riguardo per il potere, senza badare se il potere è di destra, di sinistra, di
centro, religioso, laico o di altro genere. Deve mordere ogni mano che vuol
tentare di guidarla. Parole che ricordiamo tutti e che fanno parte del bagaglio
di ogni buon reporter.
E’ chiaro che ogni
giornalista ha la sua sensibilità, la sua educazione e la sua cultura ed è
chiaro che filtra le informazioni che riceve attraverso di esse. Ma non è
eticamente corretto privilegiare – o addirittura costruire – notizie dirette a
confermare tesi precostituite. A un giornalista si deve richiedere di essere
intellettualmente onesto.
Già. I giornalisti. Ma gli editori? Lo ripetiamo tutti fino alla nausea. Gli editori che sono coinvolti in altri settori, industriali o politici, non fanno l’interesse dei lettori, ma il proprio.
L’intreccio di interessi è
quindi il nodo che si deve sciogliere per liberare la stampa dai bavagli che
oggi la condizionano. Occorre quindi muoversi per separare nettamente politica,
economia e informazione. Per legge. Diventa questa la madre di tutte le
battaglie e il punto di forza di chi opera in favore della democrazia. La
Rivoluzione Francese ha rovesciato uno dei punti cardinali dell’organizzazione
sociale di allora: il re assommava nella sua persona ogni potere: faceva le
leggi, le promulgava e le faceva eseguire. I sudditi sono diventati cittadini
quando è stata stabilita all’interno del potere politico una netta distinzione
tra legislativo, esecutivo e giudiziario. Un’idea rivoluzionaria, appunto, che
ha modificato sostanzialmente i rapporti sociali.
Ecco perché oggi noi dobbiamo chiedere, pretendere e puntare alla realizzazione di un programma preciso basato su questa distinzione. Un traguardo netto, difficile ma non impossibile da raggiungere.
La democrazia attuale non
basta più. Giornali e televisioni che tenacemente perseguono gli interessi dei
loro proprietari (di diritto, ma anche di fatto come i partiti politici alla
RAI) hanno intorbidito le acque della democrazia. Noi dobbiamo lottare per
farle tornare limpide, sostenendo con forza la necessità di impedire a
qualsivoglia persona di essere allo stesso tempo due di queste cose: capitano
d’industria, proprietario di giornali e titolare di una carica elettiva.
L’obiezione più comune che
mi viene fatta quando sostengo questa necessità è che non si può impedire a un
imprenditore di presentarsi alle elezioni o a un deputato di possedere un
giornale o a un editore di presentarsi alle elezioni. Si violerebbe la
democrazia. Confutazione capziosa e stravagante. Perché, invece, è vero
esattamente il contrario: la democrazia si difende impedendo ai più forti di
esercitare il potere senza controlli e senza vincoli.
La democrazia ha dei costi
(non solo economici) ed esigenze cui non si può sottrarre: è comunemente
accettato, per esempio, che gli interessi collettivi prevalgano su quelli
individuali e/o particolari. La convivenza democratica, inoltre, prevede dei
limiti all’esercizio dei diritti, uno dei quali è quello di impedire a chi è
titolare di un diritto di ledere un diritto degli altri. Chi concentra sulla
sua persona anche due di quei diritti (quello di essere imprenditore, di possedere
un media o di accedere a una carica pubblica) lede i diritti degli altri,
perché provoca un restringimento degli spazi di democrazia.
Il diritto a una libera
informazione è sacrosanto. Dovrebbe essere inviolabile e invece è violato in
continuazione. Insomma a proposito del dibattito sul conflitto di interesse,
occorre prendere il toro per le corna e far capire ai quarantenni della
politica (molti dei quali sono nati già vecchi, che comunque ci si giri,
l’informazione non è libera se è in mano a un capitano di industria o a un
ministro della repubblica. Dunque solo la strada che porta alla distinzione tra
i tre poteri anzidetti difende e implementa la democrazia, di cui la stampa è
uno dei cardini.
di Massimo
A. Alberizzi
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