Imprese e sindacati hanno
mostrato di poter fare a meno della legge per rinnovare le regole delle
relazioni industriali. Nell’accordo sulla rappresentanza appena sottoscritto,
la certificazione della rappresentatività sindacale e l’effettiva esigibilità dei
contratti collettivi.
REGOLE
PER LA RAPPRESENTANZA
Proprio
quando la prospettiva di un intervento legislativo in materia di rappresentanza
sindacale sembrava riprendere quota, al punto da essere inserito fra i capitoli
del “Jobs Act” appena presentato dalla nuova segreteria del Pd, ecco che le
parti sociali spiazzano tutti sottoscrivendo, il 10 gennaio scorso, un ampio e
articolato “Testo unico sulla rappresentanza”.
Sebbene la notizia abbia avuto scarsa risonanza sui media, questo accordo – che dà attuazione ai precedenti protocolli unitari del 28 giugno 2011 e del 31 maggio 2013 – è destinato a diventare il punto di riferimento fondamentale del nostro sistema di relazioni industriali e di contrattazione collettiva. I sindacati confederali hanno superato una importante prova di maturità, ponendo finalmente le basi per la certificazione della rappresentatività sindacale e per una effettiva esigibilità dei contratti collettivi. Insomma, si chiude la stagione degli accordi separati e di quel logoramento del sistema che avevano prodotto, come esito più clamoroso, l’uscita di Fiat dalla Confindustria.
Ma andiamo con ordine. Il Testo unico regola sia la misurabilità e la certificazione della rappresentanza a livello nazionale e aziendale, sia il delicato tema della efficacia dei contratti collettivi a entrambi i livelli. Rispetto al protocollo del 31 maggio dello scorso anno, il Testo unico definisce le regole di dettaglio, precisando i meccanismi della “legge elettorale” delle Rsu.La certificazione degli iscritti ai sindacati, la presentazione delle liste, le modalità di scrutinio e la ponderazione fra numero dei voti e numero degli iscritti dovranno seguire una rigorosa procedura, nella quale entreranno anche soggetti esterni come l’Inps e il Cnel.
L’ESIGIBILITÀ
DEI CONTRATTI
Per
quanto riguarda la contrattazione
collettiva nazionale di
categoria, saranno presi a riferimento i dati associativi rilevati annualmente
(deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori) e i dati
elettorali ottenuti (voti espressi) in occasione delle elezioni delle Rsu. In
tal modo sarà possibile attribuire a ogni organizzazione sindacale un
indicatore numerico che ne esprimerà la rappresentatività
relativa. Questo valore sarà determinante sia per l’ammissione
al tavolo della trattative, riservato alle organizzazioni sindacali in possesso
di un indicatore non
inferiore al 5 per cento, sia per la individuazione del Ccnl
applicabile. Il Tu prevede, infatti, che sia efficace ed esigibile il contratto
di categoria sottoscritto dai sindacati che presentino un indice di
rappresentatività di almeno il 50 per cento+1, previa consultazione a
maggioranza dei lavoratori votanti.
Quanto alla contrattazione
aziendale, il Tu stabilisce che si eserciti per le
materie delegate e con le modalità previste dal contratto collettivo nazionale
di lavoro di categoria o dalla legge. Ma, in realtà, lascia ampio spazio alla
libertà negoziale a livello di azienda laddove precisa che essa può definire
specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti
collettivi nazionali di lavoro, nei limiti e con le procedure previste dagli
stessi contratti. E laddove il Ccnl non le preveda, i contratti aziendali, al
fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi
per favorire lo sviluppo economico e occupazionale dell’impresa, possono
definire intese “in deroga” con riferimento agli istituti del contratto
collettivo nazionale che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e
l’organizzazione del lavoro.
CHI
PARTECIPA ALLA NEGOZIAZIONE
L’accordo
del 10 gennaio si è anche preoccupato di dare una risposta ai problemi
applicativi lasciati irrisolti dalla sentenza
della Corte costituzionale del
23 luglio 2013, n. 231 che, partendo dalla nota vicenda della esclusione delle
rappresentanze sindacali della Fiom all’interno delle aziende del gruppo Fiat,
ha vincolato la legittimazione delle Rsa alla effettiva partecipazione del
sindacato alle trattative per il rinnovo contrattuale, senza peraltro chiarirne
i confini. A questo proposito, il Tu precisa che, ai fini del riconoscimento
dei diritti sindacali previsti dalla legge, si intendono partecipanti alla
negoziazione le organizzazioni che abbiano raggiunto il 5 per cento di rappresentanza
e che abbiano partecipato alladefinizione della piattaforma prendendo parte alla delegazione che
ha trattato il rinnovo del Ccnl.
Di particolare portata innovativa è, infine, la parte dedicata alle procedure
di raffreddamento e alle clausole sulle conseguenze dell’inadempimento. In
particolare, si prevede che i contratti collettivi di categoria debbano
determinare le conseguenze sanzionatorie, anche di carattere pecuniario, per
gli eventuali comportamenti attivi od omissivi che impediscano l’esigibilità
dei Ccnl, mentre si stabilisce espressamente che le clausole
di tregua sindacale e sanzionatorie finalizzate
a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione
collettiva abbiano effetto vincolante per il datore di lavoro e per i sindacati.
È esclusa, invece, la vincolatività diretta sui singoli lavoratori, stante la
titolarità individuale del diritto di sciopero che deriva direttamente dalla
architettura costituzionale. In attesa che i contratti nazionali definiscano le
procedure di raffreddamento del conflitto e le sanzioni, gli eventuali
inadempimenti saranno oggetto di una procedura arbitrale da svolgersi a livello
confederale. Una commissione interconfederale permanente formata da esperti
nominati dalle parti avrà il compito di favorire e monitorare l’attuazione del
Tu e di garantirne l’esigibilità.
Ancora una volta, imprese e sindacati hanno dato dimostrazione di poter fare a meno della legge per rinnovare le regole delle relazioni industriali. A questo punto il gran dibattito sulle possibili architetture di una normativa in materia di rappresentanza sindacale perde significato. Con buona pace dei numerosi disegni di legge già presentati in Parlamento, ormai a nessuno può più sfuggire che, se mai volesse intervenire, al legislatore non resterebbe che una funzione notarile, non potendo far altro che recepire quanto le parti sociali hanno già, autonomamente, stabilito.
di Maurizio Del Conte
Fonte: http://www.lavoce.info
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