martedì 1 giugno 2010

CLASS ACTION: PARTE QUELLA DEI FUMATORI, 3,5 MILIONI DI FUMATORI CHIEDONO AI PRODUTTORI DI SIGARETTE UN RISARCIMENTO DI 10,5 MILIARDI DI EURO


La colossale class action si svolgerà davanti al tribunale di Roma per iniziativa del Codacons e di tre fumatori ridotti ormai schiavi del tabacco

Nel corso nel convegno sul tabagismo tenutosi oggi all'Iss in occasione della "Giornata mondiale senza il tabacco”, il Presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha illustrato i dettagli della prima class action italiana per danni da fumo, intentata dall'associazione e da tre fumatori oramai schiavi delle sigarette.

L'azione collettiva - ha spiegato Rienzi - partirà oggi stesso dinanzi al Tribunale di civile di Roma, nei confronti della BAT Italia s.p.a, e potranno aderirvi tutti i fumatori dei marchi di sigarette prodotti da tale società (circa 3,5 milioni di cittadini in Italia).

Il presupposto principale della class action poggia sulla responsabilità di BAT Italia per non aver eliminato dalle sigarette la nicotina, e per aver incrementato gli effetti di dipendenza dalla nicotina aggiungendo al tabacco oltre 200 additivi.

Il risarcimento che ciascun fumatore può richiedere aderendo all'azione del Codacons è pari a 3.000 euro, per un totale complessivo di 10,5 miliardi di euro, e i marchi di sigarette interessati sono: MS, Alfa, Bis, Brera, Colombo, Cortina, Esportazione, Eura, HB, Kent, Lido, MS Club, Mundial, Nazionale, Nazionali, N80, Rothmans, SAX Musical, St. Moritz, Stop, Super, Zenit, Vogue, Dunhill, Kent, Lucky Strike e Pall Mall.

Sul fronte della giurisprudenza, la class action si basa su una sentenza della Corte di Cassazione (n. 26516/09) che ha così stabilito: "la produzione e la vendita di tabacchi lavorati integrano una attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c., poiché i tabacchi, avendo quale unica destinazione il consumo mediante il fumo, contengono in se, per la loro composizione biochimica e per la valutazione data dall'ordinamento, una potenziale carica di nocività per la salute”. Da ciò ne deriva che il produttore di sigarette, esercitando attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c. è tenuto al risarcimento dei danni derivanti dall'attività che svolge, se non prova di aver adottato "tutte” le misure idonee a evitare il danno.

Al convegno odierno il Codacons ha poi svelato un importantissimo studio svizzero commissionato dall'Ufficio federale della Sanità Pubblica, che dimostra come lo scopo degli oltre 200 additivi inseriti nelle sigarette sia quello di aumentare la dipendenza nei fumatori. Si legge testualmente nella ricerca svizzera:

"La quantificazione di alcune di queste sostanze ha fatto registrare, tra le altre cose, elevate concentrazioni di mentolo in sigarette non mentolate (0,02-13,3 μg/g), di 2-etil-1-esanolo (0,06-12 μg/g) e di alcol benzilico (6,6-40,8 μg/g), tutte ottenute mediante aggiunta. Tra questi, a porre problemi è soprattutto il mentolo poichè rallenta la decomposizione della nicotina e sembra rendere più piacevole l'inalazione e il transito attraverso le vie respiratorie” … " Concludendo, si è stabilito che mediante la diffusa aggiunta di mentolo e l'alta concentrazione di ammonio si influisce sull'inalazione del fumo e sul potenziale di stimolazione della dipendenza della sigaretta”.

Al tabacco delle sigarette vengono anche aggiunti - come riferisce sempre lo studio in questione - oltre che i composti di ammonio e il mentolo, di cui sono state spiegate le connessioni con la nicotina e la dipendenza, anche il cacao e la liquirizia.

Da oggi attraverso i moduli pubblicati sul sito http://www.codacons.it/ i fumatori dei marchi prodotti dalla B.A.T. Italia S.p.a. potranno fornire la propria preadesione alla class action promossa dal Codacons. Sul blog http://www.carlorienzi.it/ è invece pubblicata la lista completa degli additivi inseriti nelle sigarette.

Disoccupazione record, i giovani i più colpiti


ISTAT diffonde stima provvisoria su occupati e disoccupati ad aprile 2010. Ad aprile persi 307 mila posti di lavoro. Tasso di disoccupazione all’8,9%, mai così male dal 2001

Mai così male dal 2001. Secondo l’ISTAT, infatti, il tasso di disoccupazione ad aprile si attesta all'8,9%, rispetto all'8,8% del mese precedente, segnando così la peggiore performance dal quarto trimestre del 2001. In un anno il numero di occupati in Italia è diminuito di 307 mila unità. Ad aprile il numero di occupati era pari a 22 milioni 831 mila unità (dati destagionalizzati), in aumento dello 0,2% rispetto a marzo, ma inferiore all'1,3% rispetto ad aprile dello scorso anno. Il tasso di occupazione, alla luce di questi dati, è quindi pari al 56,9%, in aumento rispetto a marzo di 0,1 punti percentuali, ma inferiore di 0,9 punti percentuali rispetto ad aprile dell'anno precedente.

Disoccupati - Secondo quanto riporta l’istituto statistico, nella sua stima provvisoria su occupati e disoccupati ad aprile 2010, il numero di persone in cerca di occupazione ad aprile risulta pari a 2 milioni 220 mila unità, in crescita dell'1% (+21 mila) rispetto al mese precedente e del 20,1% (+372 mila) rispetto ad aprile 2009. Per l'ISTAT tra le persone in cerca di occupazione a crescere è, in particolare, la componente maschile. La disoccupazione maschile, infatti, ad aprile ha raggiunto un livello pari a 1 milione 190 mila unità, in aumento del 2,7% (+31 mila) rispetto al mese precedente, e del 27,6% (+257 mila) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

Giovani - Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) ad aprile è salito al 29,5% con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009. Anche in questo caso si tratta del dato più elevato da quando esistono le serie storiche mensile, ovvero dal 2004.

Donne - L'occupazione femminile è pari a 9 milioni 218 mila unità, in aumento dello 0,7 per cento (+61 mila unità) rispetto a marzo ma in calo dello 0,5 per cento (-44 mila unità) rispetto ad aprile 2009. Il tasso di occupazione femminile ad aprile è pari a 46,1 per cento, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a marzo ma in calo di 0,4 punti percentuali rispetto ad aprile 2009.

Dati gravissimi, in costante aumento tutti i mesi, e ai quali mancano risposte credibili”. Così Fulvio Fammoni, Segretario Confederale della CGIL, commenta le stime diffuse oggi dall’ISTAT che, rileva, “certificano il fatto che siamo al livello più alto della disoccupazione da 9 anni mentre per i giovani si sfiora drammaticamente il 30%”.

Alla luce di questi dati, il dirigente sindacale osserva: “Smetterà il governo di fare come lo struzzo e di nascondere la testa sotto la sabbia e, allo stesso tempo, di affermare che stiamo meglio di altri proprio mentre in Germania la disoccupazione cala? L’Italia vanta purtroppo record negativi: disoccupazione giovanile, tasso di attività, lavoro nero e una sempre più grave emergenza mezzogiorno”. Rispetto a questa realtà, Fammoni rileva, “la manovra appena approvata prevede addirittura il taglio per tanti altri precari pubblici e norme sbagliate per i lavoratori in mobilità. L’inadeguatezza rispetto ai problemi del paese è evidente”.

Secondo il Segretario Confederale CGIL “per arginare questa deriva serve sviluppo, far ripartire i consumi e la produzione non certo la manovra depressiva adottata, dare immediata certezza di prosecuzione per la cassa integrazione in deroga che deve essere prorogata almeno per tutto il 2011, mentre va ampliato il ricorso alla cassa ordinaria e i periodi di disoccupazione”. Inoltre, aggiunge, “occorre dare risposta ai tantissimi giovani attualmente esclusi da ogni forma di tutela e non diminuire i propri diritti approvando le norme sull’arbitrato. Questo dovrebbe fare il governo invece di intasare il Parlamento con leggi incostituzionali sull’informazione e sulla giustizia. Questo - conclude Fammoni - rivendicheremo con la forza e l’urgenza necessaria nella manifestazione del 12 giugno e nello sciopero generale”.

Fonte:CGIL

GIOCHI: SALE LA FEBBRE DA GIOCO NEL NOSTRO PAESE. OGNI ITALIANO SPENDE CIRCA 850 EURO ANNUI.


Federconsumatori e Adusbef, preoccupati, studiano iniziative per contrastare tale fenomeno.

Cresce sempre di più in Italia la febbre da gioco: ammonta a circa 50 miliardi di Euro il giro di affari relativo a giochi, lotterie, gratta e vinci e simili registrato nell’ultimo anno, pari a quasi 850 Euro annui giocati da ciascun italiano.

Nel dettaglio, gli italiani spendono oltre 2.5 miliardi di Euro per sfidare la dea bendata con le slot machines (sono oltre 350.000 gli apparecchi installati), e 5 miliardi di Euro con il poker online, per non parlare di Bingo, gratta e vinci, Lotto, Superenalotto e Win for Life.

Si tratta di una tendenza estremamente preoccupante, sicuramente accentuata dalla crisi in atto: il potere di acquisto scende, le spese aumentano e sempre più italiani sognano vincite facili per uscire dal contesto drammatico nel quale si trovano.

Allarmante, inoltre, il crescente numero di giovani che si avvicinano a questo mondo, sensibili all’immagine dei soldi e della “vincita che ti cambia la vita”, incentivati anche dalla pubblicità dilagante sul web e in televisione.

Federconsumatori e Adusbef, preoccupati per la situazione, hanno già dato mandato alla Consulta Legale al fine di mettere in campo tutte le iniziative possibili per contrastare questo fenomeno, anche alla luce delle direttive europee in materia.

Fonte: Federconsumatori

Il Sindaco di Pianezza (Torino) nega la piazza per la raccolta firme


L'acqua è un bene pubblico e non si tocca, oramai sono in molti in Italia a condividere questo pensiero. Molti, ma purtroppo non tutti, un esempio eclatante è rappresentato dal sindaco di Pianezza, Claudio Gagliardi il quale ha negato per domenica 30 Maggio 2010 la possibilità ad un gruppo di cittadini di organizzare un banchetto per la raccolta firme a favore delle campagna referendaria contro la privatizzazione dell'acqua.

La nostra intenzione era quella di approfittare di una giornata di festa e speriamo di sole per poter incrementare le firme già raccolte nelle due giornate precedenti, in cui comunque ci era stata concessa l'autorizzazione anche se in luoghi decisamente distanti dal centro del paese.

Purtroppo non ci sarà possibile e riteniamo che questa sia una grave mancanza di Democrazia per chi della democrazia ne fa addirittura un simbolo politico. Domenica 30 maggio Pianezza organizza una giornata “Porte Aperte” e sicuramente molte persone avrebbero potuto aderire con entusiasmo a questa campagna, in cuor nostro speriamo che lo spazio a noi negato non venga assegnato ad altri banchetti con bandiere sventolanti.

Sarebbe triste scoprire che per iniziare la sua campagna elettorale il sindaco Gagliardi neghi la spazio ad una iniziativa così tanto importante. Siamo consapevoli che non sarebbero state le nostre 2/300 firme a cambiare i destini di un referendum che ormai ne ha ottenute quasi 700.000 ma siamo altresì convinti che uno vale uno ed ogni firma come ogni cittadino dovrebbe esser rispettato dalle Istituzioni.

Noi non siamo intenzionati a fermarci ed a costo di organizzare raccolte volanti vogliamo continuare questa nostra lotta per proteggere l'acqua.

Fonte: http://www.acquabenecomune.org/

UNHCR: APPELLO DI 18 MILIONI DI DOLLARI PER I RIFUGIATI AFGHANI IN IRAN


L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) chiede che vengano stanziati 18 milioni di dollari per far fronte ad una precoce carenza di fondi destinati ai rifugiati afghani nella Repubblica Islamica dell’Iran.

L’UNHCR, che collabora con il governo iraniano per assistere i rifugiati afghani, ha fissato a 36,8 milioni di dollari il budget complessivo per far fronte alle necessità dei rifugiati. Tuttavia, ad oggi, è stato ricevuto solo un quinto di tale somma.

A causa della mancanza di sicurezza e delle condizioni economiche in Afghanistan i rimpatri volontari di afghani dall’Iran negli ultimi anni sono notevolmente rallentati. Solo 6.000 perone sono rimpatriate nel 2009 e 3.600 nel 2008. Oltre un milione di afghani registrati sono ancora in Iran. Il 97% di questi vive in insediamenti urbani o semi-urbani esercitando una notevole pressione sui servizi sanitari, di istruzione e sulle altre infrastrutture locali.

L’Iran, alle prese con le proprie difficoltà economiche dovute anche alla crisi globale, ha ospitato due generazioni di rifugiati afghani ma non ha mai ricevuto un adeguato supporto da parte della comunità internazionale. I rifugiati hanno potuto usufruire dei servizi sanitari e di istruzione di base e, generalmente, sono stati messi in condizione di guadagnarsi da vivere sebbene in via informale, visto che i permessi di lavoro sono stati emessi per i rifugiati registrati solo lo scorso anno.

Vista la diminuzione nel ritmo dei rimpatri, l’UNHCR ha ampliato il suo programma in Iran per fornire servizi migliori di sostegno in attesa dei rimpatri. Ad ogni modo, attualmente, i fondi permettono di soddisfare solo il 22% dei bisogni individuati nei settori della sanità, dell’istruzione e dei mezzi di sostentamento, come anche nel potenziamento del sistema idrico, dei servizi igienici e di altre infrastrutture nei campi per rifugiati e negli insediamenti urbani con una maggiore concentrazione di rifugiati. I 18 milioni di dollari richiesti serviranno a coprire la precoce carenza di fondi.

Molti rifugiati in Iran risentono dell’aumento dell’inflazione e conducono una lotta quotidiana per riuscire a comprare il cibo e per coprire le spese sanitarie. L’UNHCR teme che la situazione potrà peggiorare quando sarà avviata la nuova programmazione economica quinquennale dell’Iran, che dovrebbe partire nel 2010. La nuova politica eliminerà i sussidi previsti per l’energia elettrica, l’acqua e altri servizi e beni primari, come il cibo. Il governo ha previsto sussidi di emergenza per gli iraniani, che non saranno estesi anche ai rifugiati. In questa situazione soprattutto i rifugiati vulnerabili avranno bisogno di ulteriore aiuto.

Oltre al milione di rifugiati afghani registrati in Iran, si contano anche 48mila rifugiati provenienti dall’Iraq. Dal 2002 l’UNHCR ha aiutato oltre 860mila rifugiati a rimpatriare in Afghanistan. Inoltre da allora circa un milione di afghani hanno fatto ritorno spontaneo in patria.

Fonte:UNHCR

I Boscimani riportano il Botswana in tribunale per farsi riconoscere il diritto all’acqua


I Boscimani hanno riportato in tribunale il governo del Botswana che continua a impedire loro di ripristinare e utilizzare il pozzo dell’acqua esistente nelle loro terre.

Il dibattimento comincerà presso l’Alta Corte del Botswana, a Lobatse, il prossimo 9 giugno.

Quando sfrattò i Boscimani dalla Central Kalahari Game Reserve (CKGR) nel 2002, il governo fece anche smantellare e cementare il pozzo che costituiva l’unica fonte d’acqua per le comunità boscimani della riserva.

Nel 2006 l’Alta Corte sancì che “il governo aveva agito in modo anticostituzionale” quando sfrattò i Boscimani contro la loro volontà e disse che essi avevano il diritto di ritornare a casa. Da allora, lo hanno già fatto a centinaia.

Nonostante i tentativi di dialogo e nogoziazione effettuati dai Boscimani, il governo continua tuttavia a vietare loro l’utilizzo del pozzo.

Per procurarsi acqua fresca, i Boscimani, che vivono in uno degli ambienti più aridi del pianeta, sono costretti ad affrontare un cammino di oltre 480 km. Da quando il pozzo è stato chiuso, almeno un membro della comunità è morto per disidratazione.

I Boscimani hanno deciso di ritornare in tribunale per disperazione, con l’obiettivo di vedersi riconoscere il fondamentale diritto umano all’acqua.

Il massimo funzionario delle Nazioni Unite per i diritti dei popoli indigeni, il professor James Anaya, “ha condannato il Botswana” per il trattamento riservato ai Boscimani sostenendo che il governo non ha saputo rispettare “i basilari standard internazionali sui diritti umani”. Ha inoltre costatato che i Boscimani “che sono rimasti o sono tornati nella riserva devono affrontare condizioni di vita dure e pericolose a causa dell’impossibilità di accedere all’acqua”, e ha chiesto al governo di riaprire il pozzo “come questione della massima urgenza”.

L’Alta Corte ha stabilito che abbiamo il diritto di vivere sulla terra dei nostri antenati” ha dichiarato Jumanda Gakelebone, un Boscimane della CKGR. “Certamente questo implica anche che abbiamo il diritto di bere la nostra acqua. Molti Boscimani, soprattutto gli anziani e i più giovani, stanno soffrendo la sete. È doloroso vedere che gli animali e i turisti che visitano le nostre terre possono bere finché vogliono mentre noi moriamo di sete. Preghiamo che la Corte ci restituisca la nostra acqua”.

Fonte:Survival