martedì 31 dicembre 2013

STANGATA 2014 PARI A 1384 EURO

Prezzi e tariffe: secondo le prime previsioni, la stangata nel 2014 sarà di + 1384 euro a famiglia.  

L’ennesima stangata di prezzi e tariffe si abbatterà sulle famiglie a partire dal 1 gennaio 2014, malgrado la perdurante forte contrazione dei consumi delle famiglie che ancora caratterizza il mercato. Le motivazioni di tali aumenti non sono solo legate alle solite volontà speculative, tra cui quelle perniciose delle Banche e Assicurazioni che già detengono tristi primati europei, ma anche a nodi irrisolti della nostra struttura economica, in tema di competitività e di oppressione burocratica, nonchè dei servizi pubblici che scaricano sprechi, inefficienze e clientelismo sui prezzi e sulle tariffe. Inoltre una ossessiva pressione fiscale (soprattutto su casa e caseggiati) che colpisce due volte le famiglie e cioè sia direttamente per i beni e i servizi (oltretutto scadenti) che utilizzano e sia per gli aumenti a imprese, commercio e intermediazione, artigiani e professionisti ecc. Inoltre non dimentichiamo che l’IVA al 22% oramai avrà valenza per tutto l’anno e non da Luglio come nel 2013 e che quindi porterà trascinamenti sui prezzi energetici e del carburante in particolare, nonchè tenendo conto di fibrillazioni che cominciano a intravedersi sul prezzo del petrolio. Uniche note in controtendenza sono i nuovi meccanismi di calcolo che porterebbero a previsionì di riduzione delle tariffe di luce e gas.

L’O.N.F (Osservatorio Nazionale Federconsumatori) ha calcolato le previsioni di aumento di prezzi e tariffe in arrivo nel 2014. risultato quindi, anche per l’anno alle porte, sarà drammatico. La stangata prevista per le famiglie, infatti, sarà di+1384  Euro a famiglia. 

Aumenti insostenibili che determineranno nuove e pesantissime ricadute sulle condizioni di vita delle famiglie (già duramente provate) e sull’intera economia, che dovrà continuare a fare i conti con una profonda e prolungata crisi dei consumi. “Le parole d’ordine per risollevare le sorti delle famiglie e dell’intera economia sono: ripresa della domanda di mercato, liberalizzazioni e processi di detassazione tagliando sprechi e privilegi, nonchè investimenti per l’innovazione e lo sviluppo tecnologico per il lavoro che rimane il problema fondamentale del Paese. In assenza di un serio progetto che vada in questa direzione, la fuoriuscita dalla crisi si farà sempre più lontana ed improbabile.” – dichiarano Elio Lannutti e Rosario Trefiletti –presidenti di Adusbef e Federconsumatori.   

 PREVISIONI AUMENTI 2014                                     Euro annui
                                                                             Rapportati Universo 
                                                                                 Famiglie ISTAT      
          
ALIMENTAZIONE (+5%)                                      327 euro
TRASPORTI ( TRENI E SERVIZI LOCALI)                  81 euro
SERVIZI BANCARI + MUTUI + BOLLI + TASSE           61 euro
CARBURANTI (COMPRESE ACCISE REGIONALI)         108 euro
DERIVATI DEL PETROLIO,DETERSIVI , PLASTICHE    118 euro
E PRODOTTI PER LA CASA
ASSICURAZIONE AUTO (+5%)                               53 euro
TARIFFE AUTOSTRADALI (+3%)                             57 euro
TARIFFE GAS                                                   - 55 euro
TARIFFE ELETTRICITA’                                       - 21 euro 
TARIFFE ACQUA (+5-6% )                                     22 euro
IUC ( TARI-TASI- Differenziale IMU)                       195 euro
RISCALDAMENTO ( +4%)                                       44 euro



TUTTI I SUCCESSI DEL 2013 DI VOLO IN DELTAPLANO E PARAPENDIO

Il 2013 come anno del volo libero in parapendio ed in deltaplano, lo dedicheremmo a Nicole Fedele, la pilota di Gemona del Friuli, già campionessa europea in carica, se non ci fossero altri successi degli atleti azzurri a riconfermare l'Italia ai vertici delle graduatorie mondiali.
Nicole Fedele in atterraggio ed in volo
Si comincia a gennaio, in Colombia, dove Nicole conquista la Coppa del Mondo di parapendio femminile, mentre Aaron Durogati di Merano fa sua quella maschile.

A luglio, in Bulgaria, la pilota friulana è terza ai campionati mondiali nella classifica femminile. E' anche un successo per tutta la nazionale che vince l'argento a squadre e per il torinese Davide Cassetta che vince la medaglia di bronzo maschile. La comitiva azzurra contava in più i trentini Christian Biasi e Luca Donini, Marco Littamè (Torino), Alberto Vitale (Bologna) e il CT Alberto Castagna di Milano. Emergono anche Littamé e Donini che vincono due manches.

Pochi giorni dopo un altro Donini, Nicola, figlio del precedente, vince la Coppa del Mondo di acrobazia sul Lago di Cavazzo, sempre in Friuli, regione che ha ospitato i più importanti eventi dell'anno.

Ad agosto ancora Nicole Fedele ed Arduino Persello stabiliscono i record mondiali di parapendio andata e ritorno. Tra Slovenia ed Italia volano rispettivamente 280 e 312 chilometri fino a tornare da dove erano decollati.

La ragazza replica in Brasile lo scorso novembre con il record mondiale di distanza libera su 381 chilometri ad una media di oltre 42 km/h, toccando 2787 metri di quota, un anno indimenticabile per la Fedele.

In Australa, la nazionale di deltaplano colleziona il terzo titolo mondiale consecutivo da aggiungere ai due titoli europei ed altri tre mondiali vinti negli anni passati. Singolarmente Alessandro Ploner (San Cassiano, Bolzano), campione del mondo uscente, strappa l'argento ed a Filippo Oppici di Parma va la medaglia di bronzo. Ottime le prestazioni degli altri piloti:
Christian Ciech, di Varese, vince due delle dieci manches ed il bresciano Tullio Gervasoni nell'ultima giornata di gara acquisisce punti preziosi per la vittoria azzurra. Gli altri sono Davide Guiducci di Villa Minozzo (Reggio Emilia) ed il CT Flavio Tebaldi di Venegono Inferiore (Varese).

Della nazionale fa parte anche Suan Selenati, di Arta Terme (Udine), che insieme a Manuel Vezzi tra agosto e settembre sono protagonisti di un'impresa epica. Attraversano in volo i cieli d'Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro, Albania, Macedonia, Bulgaria e Grecia,1600 chilometri, e posano le ali dei loro deltaplani alle porte dell'Olimpo, il monte degli dei. Erano decollati dal monte Zoncolan, in Friuli, 42 giorni prima.

BORSELLINO UCCISO PERCHÉ INDAGAVA SULLA TRATTATIVA, TROVATO IL FASCICOLO. E SPUNTANO NOMI “PESANTI”.

La ricostruzione dei giornalisti del Fatto, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, mette i brividi: Borsellino è stato ucciso perché stava indagando, formalmente, sulla trattativa Stato-Mafia. La conferma arriva dal ritrovamento di un fascicolo assegnato a Borsellino in data 8 luglio 1992 (11 giorni prima di essere ucciso…) in cui viene fuori l’ufficialità dell’indagine e i nomi delle persone coinvolte. Nomi pesanti. Nomi di capimafia. Nomi di politici. Nomi di esponenti dei servizi segreti.

In piena stagione stragista, a metà giugno del ‘92, un anonimo di otto pagine scatenò fibrillazione e panico nei palazzi del potere politico-giudiziario: sosteneva che l'ex ministro dc Calogero Mannino aveva incontrato Totò Riina in una sacrestia di San Giuseppe Jato (Palermo). Una sorta di prologo della trattativa. Su quell'anonimo, si scopre oggi dai documenti prodotti dal pm Nino Di Matteo nell'aula del processo Mori, stava indagando formalmente Paolo Borsellino. Con un'indagine che il generale del Ros Antonio Subranni chiese ufficialmente di archiviare perché non meritava "l'attivazione della giustizia".IL DOCUMENTO dell'assegnazione del fascicolo a Borsellino e a Vittorio Aliquò, datato 8 luglio 1992, insieme alle altre note inviate tra luglio e ottobre di quell'anno, non è stato acquisito al fascicolo processuale perché il presidente del Tribunale Mario Fontana non vi ha riconosciuto una "valenza decisiva" ai fini della sentenza sulla mancata cattura di Provenzano nel ‘95, che sarà pronunciata mercoledì prossimo. Ma le note sono state trasmesse alla Procura nissena impegnata nella ricostruzione dello scenario che fa da sfondo al movente della strage di via D'Amelio. In aula a Caltanissetta, infatti, nei giorni scorsi, Carmelo Canale ha raccontato che il 25 giugno 1992, Borsellino, "incuriosito dall'anonimo" volle incontrare il capitano del Ros Beppe De Donno, in un colloquio riservato alla caserma Carini, proprio per conoscere quel carabiniere che voci ricorrenti tra i suoi colleghi indicavano come il "Corvo due", ovvero l'autore della missiva di otto pagine.Quale fu il reale contenuto di quell'incontro? Per il pm, gli ufficiali del Ros, raccontando che con Borsellino quel giorno discussero solo della pista mafia-appalti , hanno sempre mentito: una bugia per negare l'esistenza della trattativa, come ha ribadito Di Matteo ieri in aula, nell'ultima replica. Tre giorni dopo, il 28 giugno, a Liliana Ferraro che gli parla dell'iniziativa avviata dal Ros con don Vito, Borsellino fa capire di sapere già tutto e dice: "Ci penso io".Il primo luglio ‘92, a Palermo il procuratore Pietro Giammanco firma una delega al dirigente dello Sco di Roma e al comandante del Ros dei Carabinieri per l'individuazione dell'anonimo. Il 2 luglio, Subranni gli risponde con un biglietto informale: "Caro Piero, ho piacere di darti copia del comunicato dell'Ansa sull'anonimo. La valutazione collima con quella espressa da altri organi qualificati. Buon lavoro, affettuosi saluti".NEL LANCIO Ansa, le "soffiate" del Corvo sono definite dai vertici investigativi "illazioni ed insinuazioni che possono solo favorire lo sviluppo di stagioni velenose e disgreganti". Come ha spiegato in aula Di Matteo, "il comandante del Ros, il giorno stesso in cui avrebbe dovuto cominciare ad indagare, dice al procuratore della Repubblica: guardate che stanno infangando
Mannino".Perché Subranni tiene a far sapere subito a Giammanco che l'indagine sul Corvo 2 va stoppata? Venerdì 10 luglio ‘92 Borsellino è a Roma e incontra proprio Subranni, che il giorno dopo lo accompagna in elicottero a Salerno. Borsellino (lo riferisce il collega Diego Cavaliero) quel giorno ha l'aria "assente". Decisivo, per i pm, è proprio quell'incontro con Subranni, indicato come l'interlocutore diretto di Mannino. È a Subranni che, dopo l'uccisione di Salvo Lima, l'ex ministro Dc terrorizzato chiede aiuto per aprire un "contatto" con i boss.È allo stesso Subranni che Borsellino chiede conto e ragione di quella trattativa avviata con i capi mafiosi? No, secondo Basilio Milio, il difensore di Mori, che ieri in aula ha rilanciato: "Quell'incontro romano con Subranni è la prova che Borsellino certamente non aveva alcun sospetto sul Ros".Il 17 luglio, però, Borsellino dice alla moglie Agnese che "Subranni è punciuto". Poche ore dopo, in via D'Amelio, viene messo a tacere per sempre. Nell'autunno successivo, il 3 ottobre, il comandante del Ros torna a scrivere all'aggiunto Aliquò, rimasto solo ad indagare sull'anonimo: "Mi permetto di proporre – lo dico responsabilmente – che la signoria vostra archivi immediatamente il tutto ai sensi della normativa vigente".


domenica 29 dicembre 2013

PIOMBO NEI VACCINI: LA RICERCA CENSURATA DELL'UNIVERSITA' DI PAVIA

Spesso le scoperte più inaspettate nascono dalle curiosità più ingenue.
Questa volta la curiosità è stata quella di una studentessa dell’Università di Pavia, laureanda in medicina, che decise di svolgere un’indagine nanopatologica sui vaccini, per ricercare in essi eventuali agenti inquinanti.

La scoperta – o meglio: la sorpresa – è stata quella del professor Stefano Montanari (1), laureato in Farmacia, specializzato in Microchimica e considerato tra i massimi esperti europei in nanopatologie, che ha dapprima avvallato la ricerca della studentessa e in seguito, stupito dai risultati che stava conseguendo, ha continuato a svilupparla autonomamente, arrivando a conclusioni inaspettate.

«Tutto ciò che si inietta tramite siringa dovrebbe essere prodotto in maniera assolutamente sterile, in un ambiente privo di polvere – spiega il professor Montanari – Inoltre, ogni prodotto realizzato per tale scopo, dovrebbe essere ricontrollato in modo maniacale prima di arrivare sui banchi delle farmacie».

Eppure, non va sempre così. Anzi. Va SEMPRE in modo diverso.

Continua Montanari: «Abbiamo analizzato 24 vaccini diversi, di diverse case farmaceutiche e con diversa collocazione terapeutica o preventiva. E abbiamo riscontrato che in ciascuno di essi erano presenti microparticelle fatte di sostanze inorganiche non biodegradabili e non biocompatibili, che non dovrebbero assolutamente esserci».

Il professore afferma che si tratta di particelle minuscole, grandi da pochi millesimi di millimetro fino a un milionesimo di millimetro appena, che non provocherebbero “reazioni visibili dal punto di vista clinico” ma che, proprio perché minuscole, vengono trasportate dal sangue in ogni distretto del corpo.

«E allora è questione di fortuna o di sfortuna – spiega ancora il dottor Montanari – perché, a seconda di dove le microparticelle si depositano, poiché non sono né biodegradabili né biocompatibili, possono provocare conseguenze da non sottovalutare. Se, ad esempio, finiscono nel cervello, possono provocare malattie quali l’autismo».

Il professore, sensibile alle conseguenze della sua scoperta, ha provato a informare i produttori di vaccini, ma la sua premura non è stata accolta – per dirla con un eufemismo – con grande entusiasmo.

«Nel vaccino Gardasil, oggi molto utilizzato contro il papilloma virus, responsabile del cancro al collo dell’utero, ho rintracciato del piombo. Sono stato a Roma, presso la sede dell’azienda che lo produce, e ho girato anche un servizio televisivo, che però non è mai andato in onda, a seguito delle minacce ricevute dallo stesso produttore televisivo. Nei mesi successivi, sono stato interrogato per ben due volte dai carabinieri, i quali ora hanno tutta la documentazione con i dati delle mie ricerche, ma a tutt’oggi non hanno ancora fatto nulla».

Forse la scoperta del professor Montanari è scomoda per qualcuno?

La dottoressa Rima Laibow (2), direttrice medica della Natural Solutions Foundation e da sempre impegnata nella lotta contro gli OGM e nella denuncia dei danni creati dalle lobbies farmaceutiche, afferma: «I vaccini sono tremendamente pericolosi e non hanno un background scientifico. Sono nati della frode e perpetrati in essa. Agiscono contro il sistema immunitario. Il loro scopo è fare denaro e creano infertilità, diabete… solo per citare alcuni “effetti collaterali”. Per esempio, la vaccinazione della polio. Ma poi si vede che c’era la polio post vaccino. La polio si è diffusa con la vaccinazione della polio.»

La conclusione è che l’industria farmaceutica non fa denaro se noi siamo sani (3). E allora, dove trovare le soluzioni?

La dottoressa Laibow propone un approccio olistico e il più naturale possibile alle cure, affermando che una buona alimentazione, quando assicura il giusto apporto di vitamine, minerali e bioflavonoidi, è la migliore arma per mitigare gli effetti delle sostanze tossiche, guarire le cellule malate e rafforzare il corpo.

Fonti:

(1) http://www.youtube.com/watch?v=cZyt1nm7aSU

(2) http://drrimatruthreports.com/

(3) http://saluteolistica.blogspot.it/2013/07/dr-rath-foundation-e-i-150-della-bayern.html


BUON NATALE E FELICE 2014

TANTI AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO AGLI AMICI E I LETTORI DEL MIO BLOG! 



BUON NATALE, MERRY CHRISTMAS E FELICE 2014, HAPPY 2014

mercoledì 18 dicembre 2013

CRISI SISTEMICA GENERATA DAI BANCHIERI E BONUS ELARGITI: PROFUMO ED UNICREDIT INDAGATI DA PROCURA DI ROMA, PER MAXI LIQUIDAZIONE DA 42 MILIONI DI EURO

L’attuale presidente di MPS Alessandro Profumo e Unicredit, sono stati indagati, anche mediante perquisizioni ed acquisizioni documentali, dal pubblico ministero Filippo Nardi e dal procuratore aggiunto Nello Rossi della Procura della Repubblica di Roma, dopo un esposto denuncia inviato dall’Adusbef nel 2010, sulla maxi liquidazione da 42 milioni di euro elargita al banchiere quando era alla guida di Unicredit. Ma non vi sarebbero rilievi penali, nella richiesta di archiviazione trasmessa al Gip, contro la quale Adusbef farà richiesta di opposizione.  

«I dati analizzati dal consulente tecnico, evidenziano che non vi era alcun motivo plausibile per riconoscere al dottor Profumo una liquidazione di tale entità». Dall' analisi condotta per conto della Procura dal professor Stefano Loconte, è emerso che le comunicazioni al mercato sarebbero state corrette e gli azionisti informati di tutte le delibere. Eppure, secondo il rapporto consegnato da Loconte alla procura, quei 42 milioni di «buonuscita» sarebbero effettivamente troppi, perché i risultati ai quali erano agganciate tutte le voci della retribuzione del banchiere, non sarebbero stati raggiunti, nè per quanto riguarda gli obiettivi di breve termine, e neppure per quanto riguarda quelli di lungo termine.     

Il consulente tecnico ha ricostruito, delibera per delibera, la carriera retributiva di Profumo. A partire dal 1999, quando assunse la carica di amministratore delegato dell' allora Unicredito Italiano, con un compenso annuo di 400 milioni delle vecchie lire. Già un anno dopo, la sua retribuzione era lievitata a 2 miliardi. Poco più di 12 mesi dopo un altro aumento di stipendio: 2,5 miliardi di vecchie lire. Poi avanti a colpi di bonus e incentivi. La vera svolta, secondo la ricostruzione fatta da Loconte, è arrivata nel 2006, quando oltre alla retribuzione di 2,65 milioni, a Profumo vengono riconosciuti dei benefit. Nel caso in cui avesse raggiunto tutti gli obiettivi, nel 2006 avrebbe guadagnato 14,325 milioni, 15,980 milioni nel 2007 e nel 2008 17 milioni circa.     Nel 2010 i rapporto è stato sciolto con un accordo per il pagamento di 36,5 milioni come incentivo all' esodo, 1,5 milioni per patto di non concorrenza, più il pagamento di 13sima e 14sima mensilità, oltre a un versamento di 2 milioni alla Fondazione Sasso di Maremma. Cifre che hanno lasciato i pm «esterrefatti». E sulle quali il sipario non è calato, per la ferma opposizione dell’Adusbef ad uno scandaloso compenso.   


Nella denuncia presentata in Procura, Adusbef stigmatizzava:”La crisi sistemica generata dall’avidità dei banchieri, che ha distrutto, secondo il FMI ben 32 milioni di posti di lavoro dal 7 luglio 2007, tramite la speculazione sulle materie prime con gli strumenti derivati OTC (Over The Counter) pari a 700.000 miliardi di dollari - una vera e propria creazione dal nulla di denaro e piramidi finanziarie costruite sulla sabbia per pagare le stock option e le dorate prebende dei banchieri, con le banche italiane che hanno addebitato a rate sulle spalle delle famiglie e piccole e medie imprese, gli elevatissimi costi della loro inefficienza, sia con tassi più alti rispetto alla media UE, che con prezzi dei conti corrente più esosi delle altre banche Ue, presentando il conto di una tangente annua pari a 4,2 miliardi di euro di extra spese addossata ai correntisti, che ammonta a ben 42 miliardi di euro, sottratti ai consumatori solo nell’ultimo decennio”. 

Non è più tollerabile che banche e banchieri, con il concorso diretto di Bankitalia, oltre a saccheggiare consumatori e risparmiatori con elevatissimi costi di gestione dei conti correnti e fraudolenti consigli per gli investimenti, possano continuare a ricevere milioni di euro di bonus e stipendi, mentre consumatori e famiglie a causa delle banche fanno la fame.

INSUFFICIENZA RENALE: IL TRAPIANTO PIÙ VANTAGGIOSO ED ECONOMICO DELLA DIALISI

Un risparmio per il Ssn del 29% in tre anni rispetto alla terapia dialitica. Quasi doppi i costi economici e sociali a carico dei pazienti non trapiantati e dei loro familiari rispetto ai trapiantati


Il trapianto di rene è, com'è noto, la terapia d'elezione per l'insufficienza renale terminale. Ma si dimostra anche il trattamento più economico. Il costo medio complessivo di un paziente trapiantato per il Sistema sanitario nazionale è di 95.247 euro in un periodo di tre anni, contro i 123.081 euro stimati nello stesso arco di tempo per un paziente non trapiantato e sottoposto a dialisi. Il costo del trapianto è cioè inferiore del 29,2%.

Lo studio realizzato dal Censis e dalla Società Italiana di Nefrologia, in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti, e con il contributo incondizionato di Pfizer, ha misurato i costi economici del trapianto di rene a confronto con l'alternativa del non trapianto. In una fase in cui è particolarmente acceso il dibattito sulle compatibilità economiche del Ssn, diventa ancora più urgente, sotto il profilo scientifico e delle politiche sanitarie, la verifica del costo reale di una terapia come il trapianto di rene. Seppure considerata come quella d'elezione per i pazienti uremici terminali, è particolarmente onerosa per le casse delle aziende ospedaliere e delle Regioni. Ecco perché si è scelto di confrontarla con l'altro diffuso approccio terapeutico: la terapia dialitica a tempo indeterminato.

Il costo medio complessivo stimato per un paziente trapiantato in un periodo di osservazione di tre anni ammonta a 95.247 euro. Di questi, 52.543 euro (pari al 55,2% del totale) sono relativi al trapianto stesso, corrispondenti all'intervento chirurgico e alla degenza presso il Centro trapianti di rene. I costi della fase post-trapianto, successivi alla dimissione, sono pari ai restanti 42.704 euro (pari al 44,8% del totale). In quest'ultimo caso, la terapia immunosoppressiva territoriale (i cui costi si stimano pari in media a 12.419 euro) e le complicanze, con ricoveri ospedalieri ricevuti dopo il trapianto (12.226 euro), costituiscono le voci di costo più rilevanti. I follow-up, ossia i controlli periodici sostenuti dal paziente dopo la dimissione, comportano mediamente un costo di 7.020 euro.

I costi invece riferibili ai pazienti non trapiantati per l'intero periodo considerato sono pari a 123.081 euro. In questo caso, la dialisi costituisce di gran lunga la voce di costo più significativa: in media 109.923 euro, pari all'89,3% dei costi complessivi.

L'analisi temporale evidenzia che al primo semestre i costi dei pazienti trapiantati sono nettamente superiori a quelli dei pazienti non trapiantati, perché comprendono il costo dell'attività di trapianto stessa. Ma già a partire dal secondo semestre l'assistenza ai trapiantati genera un flusso di costi nettamente inferiori a quelli rilevati per i pazienti non trapiantati. Dal terzo semestre in poi i costi medi per i pazienti trapiantati continuano a scendere, mentre quelli per i non trapiantati aumentano. All'inizio del quinto semestre (cioè 2,1 anni dopo il trapianto) i costi medi complessivi dei pazienti non trapiantati raggiungono e superano quelli dei trapiantati.

Vanno poi considerati i costi economici e sociali connessi alla condizione clinica dei pazienti trapiantati e di quelli non trapiantati che rimangono a carico dei pazienti stessi e delle loro famiglie. I costi diretti comprendono i ticket per le prestazioni ambulatoriali, le parcelle per le prestazioni private, il costo dei farmaci, gli esborsi per l'assistenza personale domiciliare (badante) e per l'aiuto familiare (colf), il costo dei trasporti per raggiungere studi medici, ospedali e ambulatori. I costi indiretti corrispondono invece alla valorizzazione economica del tempo impiegato per sottoporsi a visite, esami, terapie mediche e ricoveri ospedalieri, compreso il tempo impiegato dai familiari del paziente per accompagnarlo e assisterlo.

Il confronto mette in luce anche in questo caso il vantaggio rappresentato dal trapianto di rene. I pazienti trapiantati, seppure soggetti a una serie di limitazioni nella loro vita che si traducono spesso in costi indiretti (in particolar modo per quanto riguarda la necessità di sottoporsi a controlli medici frequenti, specie nei primi mesi successivi al trapianto), devono sostenere costi mediamente inferiori rispetto a quelli affrontati dai pazienti non trapiantati. Questi ultimi, infatti, sono costretti a utilizzare un gran numero di ore della settimana (potenzialmente produttive) per sottoporsi alla dialisi.


La differenza, già cospicua, rilevata a proposito dei costi dell'assistenza a carico del Ssn di trapiantati e non trapiantati diviene ancora più significativa se si considerano anche i costi economici e sociali a carico dei pazienti stessi nel periodo di osservazione. Si tratta complessivamente di 118.028 euro per i trapiantati (95.247 a carico del Ssn e 22.781 a carico dei pazienti e dei loro familiari) e di 165.886 euro per i non trapiantati (rispettivamente, 123.081 euro per il Ssn e 42.805 euro per i pazienti e i loro familiari). 

Rinnovo patente: da gennaio parte la procedura telematica

Dal primo gennaio 2014 cambiano le modalità di rinnovo della patente: alla sua scadenza non si attaccherà più l’etichetta adesiva, ma verrà stampato un nuovo documento, con la foto aggiornata, e sarà spedito a casa. Lo ha stabilito un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che entrerà in vigore il prossimo 9 gennaio. Sono previsti però 20 giorni di tolleranza per permettere alle strutture di aggiornarsi.

Il rinnovo della patente da gennaio sarà telematico. Con la nuova procedura il richiedente, una volta effettuata la visita medica obbligatoria per il rinnovo, otterrà ricevuta rilasciata dal sistema informatico al medico, che, in attesa dell’arrivo del nuovo documento, servirà come prova dell’avvenuto rinnovo.

La conferma di validità del documento di guida verrà effettuata in modo telematico, dopodiché la patente rinnovata, con la foto del titolare aggiornata, sarà inviata all'indirizzo di residenza.

Il costo del rinnovo, a partire dal prossimo anno, sarà di 25 euro e comprende 16 euro della marca da bollo e 9 euro dei diritti di Motorizzazione. Entrambi vanno pagati col bollettino postale dedicato, da consegnare poi al medico, insieme alla fotografia in formato cartaceo.

A questi costi si aggiungono quelli della visita medica e 6,80 euro di posta assicurata, da versare alla consegna o al ritiro presso l’ufficio posale.


martedì 17 dicembre 2013

EURO: LA RAPINA DEL SECOLO,CHE HA ARRICCHITO BANCHIERI, EUROCRATI, MANUTENGOLI DEL POTERE, RIDOTTO A MISERIA GRANDI MASSE COL CROLLO CAPACITA’ SPESA

EURO: LA RAPINA DEL SECOLO,CHE HA ARRICCHITO BANCHIERI, EUROCRATI, MANUTENGOLI DEL POTERE, RIDOTTO A MISERIA GRANDI MASSE COL CROLLO DELLA CAPACITA’ DI SPESA. DRAGHI INVECE DI DIFENDERE IL POTERE SMISURATO DEI BANCHERI, AFFERMANDO CHE L’EURO E’ IRREVERSIBILE, PENSI PIUTTOSTO A REVISIONE DEI “TRATTATI CAPESTRO” PER I POPOLI DEL SUD EUROPA.

Mario Draghi da esperto banchiere di Goldman Sachs, lo vada a raccontare al popolo greco massacrato dai “piani di salvataggio” del Fondo Monetario e della Troika, costretti a mangiare cibo scaduto ed a rinunciare alle cure sanitarie minimali; alle decine di migliaia di sfrattati e pignorati iberici; ai portoghesi senza tetto emarginati e relegati oltre la soglia di povertà; al 42 % dei giovani disoccupati italiani ai quali la “cleptocrazia europea a trazione tedesca” ha scippato perfino la speranza del futuro, oppure a quelle masse di invisibili disperati, che nel 2001 appartenevano al ceto medio e 10 anni dopo sono costretti ad affollare le mense della Caritas, solo per sfamarsi con un pasto caldo, che “l’euro è irreversibile ed è effimero pensare ad una sua uscita”.   L’effetto trascinamento del cambio lira-euro entrato in vigore dal 1.1.2002 (1.000 lire= 1 euro), con lo sciagurato tasso di cambio fissato a 1.936,27 lire ad euro (invece di un giusto tasso di 1.300 lire max per 1 euro), ha svuotato le tasche delle famiglie italiane, al ritmo di 1.100 euro l’anno di rincari speculati, per un conto finale superiore a 11.000 euro pro-capite nell’ultimo decennio.   Dall'ingresso nell' euro infatti, avvenuto senza alcun controllo nel gennaio 2002 con il Comitato Euro che assecondava gli aumenti, si è registrata una perdita del potere di acquisto, che anche le statistiche ufficiali sono costrette a riconoscere, pari a 11.054 euro per ogni famiglia (24 milioni), con un vero e proprio trasferimento di ricchezza stimato in 265,3 miliardi di euro, dalle tasche dei consumatori a quelle di coloro che hanno avuto la possibilità di determinare prezzi e tariffe, al riparo dai dovuti controlli delle inutili, forse contigue, autorità di settore.  

Il crollo dei consumi e le sofferenze economiche degli italiani, che ha colpito anche il ceto medio ed i redditi che potevano essere definiti dei “benestanti” nel 2001,è dimostrato inconfutabilmente dallo studio Adusbef sulla capacità di spesa (Cds), pari in Italia a 119 nel 2001,tra le più elevate dei paesi europei superata da Inghilterra (120); Svezia (123); Belgio (124); Austria (126); Danimarca (128); Olanda ed Irlanda (134); Lussemburgo (235); più elevata di Francia; Germania e Finlandia (116). Nel 2012, l’Italia (-16,8%) guida la classifica negativa della capacità di spesa (Cds) ridotta di 20 punti ed attestata a 99; al secondo posto la Grecia (-13,8% la Cds che passa da 87 a 75); al terzo il Regno Unito (-8,3% con la Cds a 110; al quarto il Portogallo – 7,4% che si attesta a 75; al quinto la Francia -6,9% con la Cds a 108; al sesto il Belgio a 119; mentre Austria (131); Germania (122); Svezia (129) e Lussemburgo (272) aumentano la capacità di spesa.   L’euro ha rappresentato la più grande rapina del secolo, che ha impoverito grandi masse di lavoratori e pensionati, artigiani, piccoli imprenditori, partite Iva, per arricchire banchieri, eurocrati, manutengoli del potere economico, pronti ad addossare i costi delle crisi ai più poveri.   

Sempre più masse di disperati, relegati ai margini dalle politiche economiche suicide imposte dagli Eurocrati, con a capo Mario Draghi ed Angela Merkel, non avendo più nulla da perdere se non le loro catene, si stanno giustamente ribellando ai diktat della Troika e della Germania, per contrastare la ghigliottina di Mes e Fiscal Compact e del “modello Cipro”, che ha ingiunto una taglia sui conti correnti e sul risparmio,” per imporre un prelievo forzoso del 10% del risparmio privato nei 15 paesi della zona euro come veicolo per affrontare i problemi di sostenibilità del debito pubblico, ha la finalità di demolire definitivamente un modello sociale costituito sul “valore del risparmio”, sostituendolo con società fondate sul “debito”, per rafforzare il dominio dei banchieri e della finanza di carta, degli algoritmi che strutturano i derivati killer e della troika, innescando un circolo vizioso per alimentare i profitti delle banche sulla pelle di intere generazioni intossicati dalle carte di debito.  

Non è quindi effimero, anche da parte di un’associazione fatta da europeisti convinti com’è Adusbef, pensare di uscire da questo modello di Europa a misura di eurocrati e banchieri, che ha distrutto la ricchezza delle famiglie, per trasferirla ai soliti manutengoli del potere economico, una ristretta cerchia di soggetti che decide dei destini del mondo, anche a costo di essere definiti, dal cerchio magico delle élites che rappresentano solo loro stessi, con l’appellativo di “populisti”, ossia coloro che tutelano il popolo oppresso. Il Presidente della Bce Mario Draghi, invece di affermare che l’euro è “irreversibile” continuando a foraggiare le banche con oltre 1.000 miliardi di euro regalati per taglieggiare le imprese, farebbe meglio a pensare ad una revisione dei Trattati europei “capestro”, che oltre a produrre miseria e rovine economiche, sta alimentando la rivolta degli oppressi e degli onesti in tutta Europa.


CONTROLLO TRASPORTO ANIMALI: LA METÀ DEI VEICOLI È IRREGOLARE

Animali maltrattati, trasportati in condizioni di stress fisico estremo: questo lo scenario in cui ha operato una task force della polizia Stradale che, in collaborazione con la L.a.v. (Lega antivivisezione), ha da poco concluso l'ultima delle 13 operazioni chiamate "alto impatto".

La task force, attiva su tutto il territorio nazionale, nasce nel dicembre 2012 per contrastare le irregolarità sia nel campo della sicurezza stradale che della tutela della salute e del benessere degli animali, con lo scopo di garantire la sicurezza alimentare e accertare episodi di maltrattamento da parte degli autotrasportatori.

Nell'ultima operazione, in cui sono state impiegate 450 pattuglie, su 1350 veicoli controllati, 680 non sono risultati in regola. Dalle verifiche è emerso che un veicolo su 2 effettuava il trasporto fuori norma, tanto che gli agenti hanno contestato violazioni per quasi 200 mila euro.

L'Unione europea, già dal 2005, ha tracciato delle linee guida in materia, invitando i Paesi appartenenti ad aderire al Regolamento 1/2005, entrato in applicazione dal 5 gennaio 2007, in cui sono definite le regole da rispettare per ridurre al minimo lo stress a cui sono sottoposti gli animali, riconosciuti nel trattato di Lisbona come esseri dotati di sensi e sensibilità.


SPIAGGE, NON PIÙ VENDUTE MA REGALATE. “RICCO NATALE PER I GESTORI. BABBO NATALE/LETTA PORTA IL CONDONO SUI CANONI DI CONCESSIONE”


Sarà un bel Natale questo del 2013 per i gestori delle spiagge italiane. Se è svanita infatti la possibilità (almeno per ora) di acquistare le aree demaniali, il Babbo Natale del governo Letta non delude i concessionari e concede un sostanzioso condono sui canoni di concessione, così chi non aveva pagato fino ad oggi, se la caverà pagando solo il 30% subito, oppure il 70% rateizzato.

“Questo condono è uno scandalo  - ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza –. Se prima si volevano vendere le spiagge, ora si decide di regalarle direttamente, perché di vero e proprio regalo si tratta se si decide di sanare con il 30% del dovuto i contenziosi con quanti non hanno digerito i timidi adeguamenti tariffari voluti dal Governo Prodi. Perché lo Stato deve rinunciare agli introiti – peraltro bassissimi – che gli spettano, quando gli stabilimenti balneari continuano ad incassare cifre elevatissime rispetto ai canoni richiesti? Francamente non si capisce per quale motivo il comune cittadino debba pagare tasse e affitti salati e chi guadagna con la gestione di un bene demaniale, e quindi comune, possa continuare ad agire e guadagnare in modo privilegiato. Il condono sui canoni demaniali infine è un vero e proprio sberleffo in faccia ai titolari di concessioni onesti che hanno pagato finora il dovuto e che si ritrovano ad assistere alla beffa dei soliti furbi”.

Nel nostro Paese nel 2012 sono stati incassati dallo Stato appena 102 milioni di euro dai canoni demaniali a fronte di un fatturato da parte delle circa 30.000 imprese balneari che si aggira intorno ai 10 miliardi di euro. I canoni di concessione, tradizionalmente risibili, erano stati timidamente adeguati dalla finanziaria 2007 del Governo Prodi e portati a 1,27 euro centesimo metro/q all'anno per le aree scoperte e 2,12 euro metro/q anno per le aree dove insistono attività. C'è da dire che nessuno dei Governi che si sono susseguiti al Governo Prodi ha mai impugnato o messo mano a quella normativa. Ora ci sta pensando il Governo Letta.

PENSIONI GESTITE DALLE BANCHE: PROVE GENERALI?

Il pensiero neoliberista imperante ha, tra i suoi dogmi fondamentali, l’assioma della privatizzazione più spinta: lo Stato si deve occupare del minimo “indispensabile”, dell’esercito, della riscossione delle tasse, dell’ordine pubblico (forse), ecc. Il resto deve essere lasciato all’attività dei privati che sono più “efficienti”.

Il sistema finanziario, per mano delle banche, fa la parte del leone in questa campagna di privatizzazione alla quale non deve sfuggire alcun settore della produzione di beni e servizi, anche quelli vitali per la popolazione.

A questa logica non sfugge nemmeno la previdenza che, in Italia, a partire dalla riforma Dini del 1995, ha visto trasferire al privato fette sempre più consistenti della previdenza pubblica.

Il grimaldello è stato l’introduzione del sistema contributivo per il calcolo delle pensioni, sbandierato come maggiormente equo (l’importo della pensione deve essere proporzionato all’ammontare dei contributi versati durante tutto l’arco della vita lavorativa), che in realtà perpetra l’ennesima ingiustizia in quanto favorisce quei soggetti che dai 25 anni in poi “trovano” posti da manager o da consulente pagato profumatamente e che sono i rampolli (o i servi, in qualche caso) della classe affamatrice che ci schiavizza: i figli delle varie Cancellieri e Fornero, i Michel Martone di turno, per capirci. Mentre i figli della gente comune, che non trovano lavoro e che quel poco che trovano è precario e sottopagato, non avranno mai una pensione.

Tra l’altro, dettaglio tecnico importante che il grande pubblico non conosce, il calcolo con il sistema contributivo si riduce ad un calcolo statistico affidato esclusivamente ad un elaboratore elettronico con il quale chiunque sia in grado di premere un tasto può elaborare la pensione.

Ci sarebbe molto da dire sull’aspetto sociale di siffatto modo di guardare al trattamento economico di chi non è più in grado di lavorare, ma quello che rileva è che anche una banca (udite udite!) può gestire ed erogare le pensioni: in futuro, quando ormai saremo completamente spremuti, andremo in banca a presentare la nostra domanda di pensione.
Tutto ciò non è fantascienza. L’INPS ha già da tempo avviato un processo di “esternalizzazione”, cioè di affidamento ai privati, di pezzi della propria attività istituzionale, processo strisciante, spacciato all’utenza come efficientamento e risparmio del denaro pubblico, salvo poi far pagare il servizio ai cittadini attraverso i finanziamenti a questi privati attingendo dalle entrate fiscali.

Ma ci si è spinti molto avanti: a partire dal 1° gennaio 2012, per il pagamento al di fuori del territorio nazionale dei trattamenti pensionistici, l’Istituto di previdenza si avvale di Citibank N.A. che,  in qualità di Istituto di Credito designato contrattualmente al servizio in argomento, è subentrato alle attività a suo tempo svolte dalla Banca d’Italia.

Le condizioni previste dal contratto di servizio prevedono, tra l’altro, che Citibank proceda, con cadenza annuale, alla verifica dell’esistenza in vita dei beneficiari di pensioni pubbliche riscosse all’estero, attività che, precedentemente, era svolta dalle Rappresentanze diplomatiche e consolari italiane.

Per l’ordinamento giuridico italiano, la verifica di esistenza in vita di un cittadino è demandata esclusivamente ad una Pubblica Amministrazione attraverso propri pubblici ufficiali. In questo caso, invece, un soggetto privato, Citibank N.A., invia ai soggetti interessati un plico contenente la modulistica personalizzata e i pensionati hanno a disposizione 120 giorni per trasmettere alla banca il modulo di certificazione dell’esistenza in vita compilato, firmato, datato e corredato della documentazione di supporto inviandolo ad una casella postale in Gran Bretagna. Se un pensionato all’estero, per errore, invia il modulo all’INPS, questa lo dirotterà su Citibank senza neanche guardarlo.

La mancata “adesione” entro la scadenza stabilita nella comunicazione oppure la mancata validazione dei moduli trasmessi dal pensionato per compilazione incompleta della modulistica, comporta la sospensione dei pagamenti del trattamento pensionistico. Cioè, la Citibank, un soggetto privato, ha il potere che per legge è affidato all’Ente Pubblico di sospendere la pensione al malcapitato!

Quanto sarà lungo o breve il passo per estendere anche al territorio nazionale questa gestione privata dei trattamenti pensionistici? I segnali sono allarmanti. E’ ormai in atto da tempo lo smantellamento sistematico Previdenza pubblica spacciato per razionalizzazione della Pubblica Amministrazione. La spending review, figlia del governo Monti e affidata attualmente a Cottarelli, guarda caso fino a ieri alto funzionario del Fondo Monetario Internazionale, sta falcidiando l’INPS, al quale viene richiesta una drastica riduzione del personale senza considerare che in pochi anni ha già ridotto il proprio organico del 20%ed è in una fase riorganizzativa delicatissima dopo l’assorbimento dell’INPDAP, secondo colosso della previdenza italiana, senza contare le centinaia di milioni di euro di risparmi imposti all’Istituto che finiscono dritti nelle casse dello Stato per il risanamento dei conti, cioè, quindi, nelle casse del sistema bancario per pagare gli interessi sul debito. Il futuro dell’INPS appare quanto mai incerto.

di Ida Lorusso



sabato 14 dicembre 2013

MADE IN ITALY – BASTANO 100 CONSUMATORI ITALIANI CHE MANGIANO TUTTI I GIORNI UNO YOGURT ITALIANO PER SALVARE UN POSTO DI LAVORO IN ITALIA

Giusto difendere il Made in Italy come sta facendo la Coldiretti con le proteste che manifestano il disagio di migliaia di produttori e aziende che a causa della crisi stanno chiudendo.

Eppure la ricetta per contribuire attivamente a risollevare l’economia italiana non sarebbe poi così complessa se le informazioni sull’etichetta dei prodotti fossero più trasparenti. Il consumatore ha un potere enorme ma per esercitarlo deve poter accedere ad un’informazione trasparente su ciò che consuma.
Basti pensare che 100 consumatori Italiani che consumano tutti i giorni uno yogurt del valore di 1 € fatto completamente in Italia contribuiscono a pagare uno stipendio di 36.500 € lordi annui di un lavoratore che lavora in Italia salvaguardando anche la filiera italiana del latte mentre 100 consumatori italiani che consumano tutti i giorni uno yogurt del valore di 1 € fatto ad es. in Germania contribuiscono a pagare uno stipendio di 36.500 € lordi annui di un lavoratore che lavora in Germania (*) finanziando di fatto un’altra filiera. Leggere l’etichetta può fare la differenza anche per uscire dalla crisi che stiamo vivendo. Ecco perché ci stiamo battendo con la petizione “Nessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta” (che ad oggi ha raccolto quasi 10.000 firme e che presenteremo al Parlamento Europeo. ***Se non hai ancora firmato firma qui http://goo.gl/w5hX4***) per avere su tutti i prodotti europei l’indicazione dello stabilimento di produzione identificato sia dal codice sanitario che dall’informazione testuale (Città, Via e Numero Civico). L’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione nel Regolamento Europeo 1169/2011 non c’è, e infatti quasi tutti i prodotti provenienti da altre nazioni non riportano tale informazione e dal 2014 tale informazione rischia di scomparire anche dai prodotti italiani! Eppure grazie all’indicazione dello stabilimento di produzione:
 - Si può risalire al nome del produttore del prodotto.
-  Si conosce con certezza oltre al Paese anche in quale specifico stabilimento è fabbricato un prodotto.
- Ma sopratutto si può scegliere con maggiore consapevolezza cosa consumare. Allora perché il Parlamento Europeo non inserisce nel regolamento 1169/2011  tale informazione come obbligatoria?
E’ importante quindi agire sia sul binario legislativo in tema di etichettatura e tracciabilità come stiamo cercando di fare attraverso la nostra petizioneNessuno tocchi l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta (***Se non hai ancora firmato firma qui http://goo.gl/w5hX4***) sia attraverso l’educazione al consumo.
L’esigere l’indicazione dello stabilimento di produzione sull’etichetta è un primo passo verso una tracciabilità seria e completa dei prodotti che consumiamo. Il secondo passo sarà finalizzato al cercare di ottenere la tracciabilità completa di tutte le materie prime che vanno a costituire gli ingredienti dei prodotti per evitare episodi gravi come quello del non poter sapere se le materie prime provengono da zone inquinate come la Terra dei Fuochi ad esempio. Oltre all’intervento da parte del Governo con un Decreto mirato all’emergenza in Campania si deve intervenire anche per dar modo al consumatore di sapere cosa sta mangiando, e questo si può fare solo agendo sulla normativa in tema di etichettatura. Da dove proviene la farina della pasta, da dove provengono le verdure di un minestrone? Far conoscere la filiera di un prodotto al consumatore è un’ulteriore segnale di trasparenza su cui devono puntare le aziende e le istituzioni perché chi arriverà a sposare questa visione trasparente del commercio e del rapporto con i consumatori sarà anche chi genererà profitti e rilancerà l’economia.

Terzo passo: la definizione di uno standard univoco per l’etichettatura, stili grafici di caratteri colori disposizione degli elementi in etichetta chiari e leggibili secondo regole chiare e univoche affinché tutti i lettori OCR dei non vedenti e ipovedenti possano accedere alle informazioni riportate in etichetta (ad oggi praticamente impossibile). Oltre a ciò l’obbligo di rendere le etichette accessibili anche in formato elettronico in un database unico europeo continuamente aggiornato.*Calcolo effettuato stimando da parte di 100 consumatori il consumo per 365 gg di una confezione di yogurt al prezzo medio di 1 € (100x1x365=36.500 €)LEGGI ANCHE: L’etichetta dei prodotti che vogliamo: tracciabilità e accessibilità le parole d’ordine    

AVERE PER ESSERE – CONSUMISMO E SOCIETÀ

IL CONSUMISMO OGGI E’ IL CANCRO DELLA SOCIETA’ ,non solo per motivi di ricchezza più o meno mal distribuita sul nostro Pianeta, ma proprio per una questione ambientale. Oggi il necessario è diventato possedere 3- 4 cellulari di ultima generazione, mangiare cibi super calorici e pieni di conservanti, è avere quanti più abiti e scarpe è possibile, il consumismo è uno stile di vita, una dichiarazione di ricchezza e apparenza.E’ giusto pensare che se oggi i mezzi, le tenologie, i beni, ci sono, bisogna sfruttarli, acquistarli, possederli. Ciò che si contesta è la totale noncuranza che abbiamo avuto in questi ultimi 100 anni a evolverci e a “consumare” deliberatamente e incondizionatamente le risorse di flora, fauna, minerali, ecc che il nostro Pianeta mette a disposizione.Non abbiamo avuto un occhio critico verso il futuro, non siamo stati lungimiranti verso quello che sarebbe stato il futuro delle generazioni a venire. Il benessere è diventato malessere globale a causa di inquinamento, stress, allergie, depressione. Il lavoro nobilita l’uomo, ma non la Terra.

COSA POSSIAMO FARE ADESSO CHE NOI GIOVANI ABBIAMO ereditato un pacchetto che non avevamo chiesto e un benessere travestito da mancanza di futuro? Costruiamo noi il nostro futuro, appelliamoci alle nostre coscienze e riteniamoci fortunati di poter essere ancora in grado di fare qualcosa. Il consumismo non ci serve, non ci serve avere per essere, bisogna essere per vivere. Pensiamo dunque a realizzare questa sensazione e questo desiderio di rinnovamento. Gli strumenti ci sono e il tempo (anche se non tantissimo), anche.Quando andate al supermercato controllate le etichette e le provenienze, preferite prodotti locali e biologici. E’ vero costano di più, ma alla lunga guadagnerete in salute e benessere. Favorite la filiera corta e i detersivi ricaricabili, per aiutare il riciclo e lo smaltimento.
-Acquistate i vestiti che vi servono favorendo la qualità e i tessuti con fibre naturali e ipoallergeniche. Evitate scarpe di plastica o di petrolio. Non subite il fascino totalizzante della moda che spesso comporta l’acquisto di prodotti scadenti e che dovrete cambiare l’inverno dopo.
-Spegnete i led in casa, non è necessario possedere tre-quattro televisioni se non le guardiamo… Acquistiamo i prodotti tecnologici che ci servono realmente e favoriamo il recupero di quelli vecchi. Rame, ferro, ecc, si stanno esaurendo.
-Facciamo la raccolta differenziata e favoriamo il recupero dei materiali, aiuteremo gli enti che si occupano di smaltire i rifiuti a far meglio il loro lavoro.
-Informiamoci su tutte le novità ecologiche e ambientali, impariamo ad essere sostenibili a partire dalla conoscenza di ciò che succede, perché è inutile che ci prendiamo in giro, lo stato di salute delle città, del Pianeta, riguarda TUTTI.
-Rispettiamo il territorio che ci circonda, a casa nostra non butteremmo cartacce e non sporcheremmo… Il suolo pubblico appartiene a tutti.
Questi citati sopra non sono leggi, ma consigli e modi per crescere nella consapevolezza di vivere bene, in un quotidiano che può e deve fare la differenza!

Redatto da Pjmanc: http://ilfattaccio.org

Signor Letta, lei mente

Davanti alle manifestazioni che si svolgono in tutta Italia in questi ultimi giorni, il Presidente del consiglio Enrico Letta ha affermato che il “popolo dei forconi” – parole testuali - «non è l’Italia»; che si tratta di una «piccola minoranza» la quale «non rappresenta il Paese».
Il vice-premier Alfano ha rincarato la dose e ha minacciato severe sanzioni per i perturbatori dell’ordine pubblico: ammirevole concordia fra l’ex Nipote e l’ex Delfino, i quali si sono autoproclamati i novelli salvatori dell’Italia contro il pericolo del «caos» e della «deriva protestataria», deriva alla quale bisogna opporsi specialmente ora, che il Paese sta risalendo la china.
Che stia risalendo la china, a dire il vero, è tutto da dimostrare: non solo il finlandese Olli Rehn, ma anche l’italianissimo Mario Draghi, che non è un Pinco Pallino qualsiasi, ma il Presidente della Banca Centrale Europea, vedono assai fosco il futuro dell’economia italiana e non se la sentono assolutamente di scommettere sulla tenuta dei nostri conti pubblici.
Tuttavia non ci sarebbe alcun bisogno che Olli Rehm o Mario Draghi avanzino simili dubbi e perplessità: basta essere un Italiano normale, un normale lavoratore o pensionato, un normale disoccupato o cassintegrato: basta essere un Italiano che non appartiene alla Casta, che se va in prigione non ha il ministro Cancellieri a tirarlo fuori e se viene beccato a evadere il fisco non ha settanta avvocati a difenderlo, come Berlusconi, né un volonteroso Parlamento che gli confeziona una legge “ad personam” dietro l’altra, a ripetizione, con ventennale solerzia.
Basta essere un piccolo commerciante che ha dovuto chiudere il suo negozio o il suo esercizio, schiacciato dalla tasse e dalla diminuzione della clientela; basta essere un piccolo imprenditore ridotto sul lastrico dalle commesse non pagate, magari da parte di qualche ente statale; basta essere un insegnante precario che da vent’anni viene licenziato a giugno, e non pagato per i tre mesi estivi, per essere poi riassunto a settembre, e così via, senza fine, da una classe all’altra, da una scuola all’altra, da una città all’altra, secondo graduatoria; basta essere un pensionato che non prende 30 o 40 mila euro di pensione d’oro, ma tre o quattrocento euro, con i quali deve pure – Dio sa come, ma i miracoli esistono - aiutare nipoti che non trovano lavoro o figli che l’hanno perduto, magari a quarant’anni o cinquant’anni di età.
Se il signor Letta e il signor Alfano non vivessero in un mondo tutto loro, dove i frigoriferi sono sempre pieni e dove non è un problema andare a pranzare ogni giorno nei migliori ristoranti, forse si renderebbero conto che la “vera” Italia è proprio quella cui essi negano dignità e legittimità, con la scusa dell’ordine pubblico e della “rappresentanza” democratica da difendere. Questa, infatti, è stata l’ultima trovata dell’ineffabile signor Letta: le manifestazioni contro il governo sono pericolose e potenzialmente sovversive perché contestano o rifiutano il concetto della “rappresentanza”, vale a dire, modestamente, lui stesso e gli altri membri della Casta.
Oh bella: e di quale mai “rappresentanza” va parlando? Forse che qualcuno lo ha eletto? Forse che qualcuno aveva eletto il suo degno predecessore e, come lui, sedicente salvatore della Patria, Monti (il quale ebbe la furbizia, o l’improntitudine, di battezzare il decreto finanziario che accelerava il massacro del Paese con il nome suggestivo di “salva-Italia”)? Eh già: senza costoro, l’Italia piomberebbe nel caos; e lorsignori non ci stanno a lasciar precipitare il Paese nel caos; lorsignori lo vogliono salvare, a dispetto di tutto e contro chiunque. «Mi batterò come un leone», ha detto testualmente Letta, rubando la battuta a Berlusconi. Non c’è dubbio che costoro sono dei veri leoni, quando devono battersi per difendere le loro inamovibili poltrone. Schiodarli da lì farebbe sembrare un semplice scherzo le dodici fatiche di Ercole o l’impresa degli Argonauti.
Sono sfrontati, non conoscono pudore né vergogna. Nessuno li ha eletti, eppure si ritengono legittimati a “rappresentare” in maniera impeccabile, anzi, insostituibile, il popolo sovrano; sono arrivati al potere mediante intrighi di palazzo, spintarelle, cavilli e doppi o tripli giochi, però recitano con sussiego la parte degli integerrimi idealisti, delle anime nobili e disinteressate, di tutto preoccupate tranne che del proprio vantaggio e del proprio tornaconto.
Strano: si direbbe che siano piovuti sulla Terra direttamente dal pianeta Marte. Si direbbe che non appartengano alla politica italiana, alla Casta italiana, da una vita intera; si direbbe che, mentre i governi degli ultimi vent’anni facevano aumentare, legislatura dopo legislatura, il deficit dello Stato, loro si trovassero chissà dove, su un altro pianeta, in un’altra galassia, e non nei vecchi partiti, nei vecchi governi, o seduti saldamente nel Parlamento nostrano. Con inaudita faccia tosta si presentano e dicono di essere vergini, di avere le mani nette, di non portare alcuna responsabilità nello sperpero del denaro pubblico, nella corruzione, nella gestione disastrosa della finanza, nel collasso del sistema industriale, nelle politiche fiscali sempre più rapaci e vessatorie, nella distruzione sistematica del sistema scolastico e di quello sanitario, nella vendita al migliore offerente straniero dei settori strategici della nostra economia, dalla flotta aerea alle telecomunicazioni, passando per la chimica, per la siderurgia, e perfino per l’alimentare e il manifatturiero.
Il Ministro dell’economia, Saccomanni, esulta e si compiace perché gli ultimi rilevamenti statistici dicono che, anziché in negativo, la nostra crescita è, attualmente, a “livello zero”: se non fosse una battuta ripetuta a voce alta, si penserebbe di aver capito male, oppure a uno scherzo di dubbio gusto. Questa è la gente che ha deciso di salvarci, di guidarci oltre la crisi, di traghettarci fuori dalla palude della recessione. E intanto cresce il numero dei ragazzi che non provano neppure a cercarsi un lavoro in Italia e che prendono la via dell’estero, esportando competenze ed entusiasmo: non di rado, si tratta di eccellenti laureati, di tecnici di prim’ordine, di ricercatori specializzati che le altre nazioni ci invidiano (e, infatti, se li accaparrano sottocosto, comprandoseli ai saldi di un’Italia in liquidazione).
Esportiamo cervelli, esportiamo fabbriche: sono ormai centinaia, migliaia, le nostre fabbriche migrate verso lidi più accoglienti, creando posti di lavoro altrove e facendone sparire altrettanti qui da noi. Logico, del resto: perché un imprenditore del Veneto o del Friuli dovrebbe rimanere in questa Italia matrigna, pagando circa il settanta per cento di tasse sui guadagni, mentre pochi chilometri più in là, in Austria, i suoi colleghi d’Oltralpe pagano appena il quindici per cento? E, del resto, come reggere una simile concorrenza? Come fare con le banche italiane, che non prestano un euro a nessuno se non hanno le più ampie garanzie, mentre poi, del nostro denaro, fanno tutto quel che vogliono, senza rendere conto a nessuno, e tanto meno ai loro clienti?
Caro Letta, quando lei dice che i forconi non sono l’Italia, mente: è lei che non è l’Italia, che non la rappresenta in alcun modo: lei e tutta la Casta di cui lei fa parte. Certe cose lei non può arrivare nemmeno a capirle. Non può nemmeno arrivare a capire l’indecenza di aver difeso a spada tratta il ministro Cancellieri dopo le sue vergognose telefonate alla famiglia Ligresti; non può arrivare neanche a capire quanto sia stato scandaloso, da parte sua, aver nominato Ministro della giustizia una persona come la Cancellieri, amica di una famiglia come quella dei Ligresti. La pazienza, la stanchezza, la rassegnazione degli Italiani, lei e quelli come lei hanno pensato – a torto – che debbano durare in eterno. Ora, invece, stanno finendo e lei non capisce, sa solo denigrare e disprezzare: ma non ne ha il benché minimo diritto. Dire che chi protesta per le strade e nelle piazze, in questo momento, non è la vera Italia, significa dire che la vera Italia è quella dei miliardari, dei raccomandati, dei membri della Casta: quelli stessi che hanno portato il Paese allo sfascio, che lo hanno spolpato per anni, che infine lo hanno venduto ai poteri forti internazionali, alle grandi banche e agli speculatori finanziari.
In questi primi mesi del suo governo lei non ha fatto assolutamente niente, né per dare il segnale di un reale cambiamento (nuova legge elettorale, tagli ai costi della politica, abolizione delle province e del Senato, o, almeno, dimezzamento del numero dei parlamentari), né per metter mano, e sia pure alla lontana, ai problemi strutturali della nostra economia, primo fra tutti il deficit del bilancio (taglio della spesa pubblica, imposta progressiva sulle proprietà e sui redditi). Ha conservato tutto, ma proprio tutto, così com’era prima, compresi gli stipendi d’oro e le pensioni d’oro, comprese le buone uscite d’oro per i manager pubblici: non ha avuto neppure la decenza, ma vorremmo dire l’intelligenza, di far finta di mettere mano a delle autentiche riforme.
Ha seguito l’esempio del presidente Napolitano, il quale continua a costarci, in questo suo secondo e onnipotente mandato, più dell’Eliseo e di Buckingham Palace messi insieme: neppure un giardiniere, neppure un cuoco, neppure un autista in meno di quanti ve n’erano prima, ai bei tempi della spendacciona e corrotta Prima Repubblica. Tutto è continuato come se nulla fosse stato, come se in questi ultimi anni, in questi ultimi mesi, mentre lorsignori chiedevano al popolo italiano sacrifici di lacrime e sangue, tutto, per loro, potesse andare avanti come sempre, alla solita maniera: mentre invece la povertà è venuta ormai a bussare – e sono i dati ufficiali a dirlo – alla porta di una famiglia italiana su tre. Non la ristrettezza, ma proprio la povertà: quella che spinge le persone a non pagare più le bollette, finché ti staccato il telefono, la luce e il gas; quella che spinge le persone a fare la fila ai mercati generali per portarsi via un po’ di verdura avariata, o alle mense della Caritas per farsi servire un piatto di minestra calda. Quella che costringe le persone a passare l’inverno senza riscaldamento e ad arrivare a fine mese con il frigorifero vuoto.
Difficile dire come andrà a finire, o forse anche troppo facile. Ora che ci siamo svenduti la sovranità nazionale e che la nostra classe dirigente ci ha consegnati al capitale straniero per trenta denari, in cambio della promessa di poter continuare a fare – o di poter continuare a fare finta di fare – quello che è sempre stata, la “nostra” classe dirigente; ora che essa ha ottenuto le garanzie per poter continuare a spolpare quel poco di carne che ancora rimane attaccata alle ossa del nostro popolo, di poter continuare a spremere sempre nuove tasse dai contribuenti sfiancati, e intanto recitare la commedia di preoccuparsi del bene comune e del servizio al Paese, essa che trasferisce i suoi conti bancari all’estero, che manda i suoi figli a studiare nei college anglosassoni, che va a curarsi nelle cliniche svizzere e che poi indice scandalose tavole rotonde per discutere, con sussiego, di “green economy”, di sostenibilità e di buon governo: ora possiamo metterci il cuore in pace e aspettare le prossime due o tre generazioni per sperare in un vero cambiamento. A meno che perdiamo la pazienza e decidiamo di mandarli tutti a casa.
È quello che sta incominciando ad accadere, e costoro già si lanciano in scomuniche e censure, paventando chissà quali pericoli per la nostra democrazia a causa della “piazza”, dei “populismi”, dell’”antipolitica”. Non sembrano rendersi conto che la piazza è il Paese reale, e che la rivolta non è diretta contro la politica in astratto, ma contro di loro: vale a dire contro il peggio di quel che la politica può offrire a quei malcapitati sudditi che, per pudore e per conformismo, si continua a qualificare con l’eufemismo di “cittadini”. Ma i cittadini hanno dei diritti e dei doveri, mentre gli Italiani di oggi non hanno che doveri, primo dei quali chinare la testa, pagare e tacere. Come hanno fatto sino ad oggi, complici una stampa e una televisione prezzolati, che hanno la sfacciataggine di chiedere la sovvenzione del pubblico denaro per continuare a mentirci e a disinformarci a tutto spiano.
Perché non sono soltanto i politici che bisogna mandare a casa, ma tutta la classe dirigente: banchieri, assicuratori, grandi imprenditori, professori universitari, giornalisti, senza dimenticare gran parte della magistratura, degli alti comandi militari e dei servizi segreti: mentre i nostri due marò restano in India e viene pure ventilata la loro condanna a morte. Quei due marò, dei quali tutti sembrano essersi dimenticati, sono il simbolo della vera Italia: dignitosa e tradita. E i politici e i pezzi grossi dell’esercito, che li lasciano in ostaggio dell’India, sono i degni rappresentanti di quell'altra Italia, quella della Casta: senza onore, ma ben decisa a perpetuarsi all’infinito, autocelebrandosi e autoassolvendosi in qualunque circostanza.
I forconi non sono la vera Italia? Lei mente, signor Letta. Lei è il degno rappresentante di una classe dirigente bugiarda, incapace, fuori dalla realtà, ma fieramente decisa a resistere a qualunque cambiamento, a conservare per sempre prebende e privilegi. Lei appartiene a quel partito e a quel Parlamento che non hanno saputo neanche eleggere un nuovo Presidente della Repubblica. Grillo è solo un comico? Eppure, se non fossero risate amare, diremmo che la sua comicità non è da meno


di Francesco Lamendola