giovedì 29 novembre 2012

KOSSOVO, NESSUN COLPEVOLE. AMNESTY INTERNATIONAL: "CHI HA COMMESSO ALLORA I CRIMINI DI GUERRA?"


Dopo l'assoluzione odierna di tre figure di primo piano dell'Esercito di liberazione del Kossovo (Uck) da parte del Tribunale penale per l'ex Jugoslavia, Amnesty International ha ribadito la richiesta che vi sia giustizia per tutte le vittime della guerra del 1998-1999 in Kossovo, così come per  i loro familiari.

L'ex primo ministro ed ex comandante dell'Uck Ramush Haradinaj, suo zio nonché ex comandante Lahi Brahimaj e l'ex vicecomandante Idriz Balaj, sono stati giudicati non colpevoli del reato di aver portato avanti una comune impresa criminale nei confronti di serbi, rom, egiziani e albanesi del Kossovo sospettati di collaborare con le autorità di Belgrado o comunque di non sostenere l'Uck.

I tre imputati sono stati anche assolti dalle singole imputazioni relative ai crimini di guerra di omicidio, trattamento crudele e tortura nei confronti delle minoranze e degli albanesi sospettati di collaborare coi serbi, commessi nella base dell'Uck di Jablanica/Jablanicë.

"Il verdetto di oggi fa emergere questa domanda: se, come ha stabilito oggi il Tribunale, i tre ex alti esponenti dell'Uck non sono colpevoli, chi ha commesso allora quei crimini? Ci sarà mai qualcuno che sarà portato di fronte alla giustizia? Sono le domande che fanno e continueranno a fare le vittime e i loro parenti, fino a quando non sarà stata fatta giustizia" - ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

Circa 800 appartenenti alle minoranze del Kossovo vennero sequestrati e uccisi dall'Uck. Solo una piccola parte dei loro corpi è stata ritrovata, esumata e consegnata alle famiglie per la sepoltura.

Secondo i capi d'accusa, le vittime di questi crimini comprendevano kossovari di etnia serba, kossovari di etnia rom ed egiziana, un kossovaro di etnia albanese di religione cattolica così come altri kossovari di etnia albanese. Sebbene il Tribunale abbia stabilito che alcune di queste persone furono sottoposte a maltrattamenti e torture, ha concluso che una sola persona era stata uccisa all'interno della base dell'Uck.

Nel 2009, la Camera d'appello del Tribunale aveva ordinato un nuovo processo in quanto il giudizio precedente "non aveva tenuto in considerazione quanto gravi fossero, rispetto all'integrità del processo, le intimidazioni subite dai testimoni" e "non aveva preso misure sufficienti per contrastare il clima d'intimidazione che aveva pervaso il processo". Nel nuovo processo, sono comparsi solo due testimoni.

"I sequestri di appartenenti alle minoranze e di albanesi considerati traditori dell'Uck sono crimini di guerra e in alcuni casi crimini contro l'umanità. Devono essere indagati come tali e sia l'Eulex che le autorità del Kossovo devono fare tutto ciò che è in loro potere per garantire che i responsabili siano portati di fronte alla giustizia" - ha proseguito Dalhuisen.

A oggi, ciò è accaduto in ben poche occasioni.

L'Eulex, la missione di polizia e giustizia dell'Unione europea, ha l'incarico di indagare e perseguire i crimini di diritto internazionale, compresi i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. Ciò nonostante, nel 2009, ha trasferito alle procure locali kossovare le inchieste su tutti e 62 i casi di sequestro di membri delle minoranze e lì sono rimasti fermi, senza ulteriori indagini o processi.
 
"Le autorità del Kossovo hanno mostrato la totale mancanza della volontà politica di sostenere le indagini e i processi per questi sequestri, come è emerso con evidenza nel corso di quest'anno, quando il primo ministro Hasim Thaçi ha sfidato il diritto dell'Eulex di arrestare un ex comandante dell'Uck e l'ex ministro del Trasporto Fatmir Limaj, accusati di sequestro, detenzione e omicidio di kossovari serbi e albanesi" - ha sottolineato Dalhuisen.
 
"Di fronte a questa clamorosa interferenza politica sul corso della giustizia da parte del governo kossovaro, è doveroso che l'Eulex riporti sotto la sua giurisdizione questi 62 casi, per assicurare che giustizia potrà essere fatta in Kossovo" - ha concluso Dalhuisen. 

Unicredit, sospetta evasione fiscale, per 124 milioni, anche in Germania - Il Fatto Quotidiano


La Guardia di Finanza tedesca perquisisce la controllata Hvb. Nel mirino transazioni in titoli azionari avvenute durante il periodo 2006-2008, quando alla guida del gruppo che in Italia è sotto processo per il caso Brontos, era guidato da Alessandro Profumo



Unicredit, sospetta evasione fiscale, per 124 milioni, anche in Germania - Il Fatto Quotidiano

VITTORIA SU ZARA: I CONSUMATORI NON VOGLIONO VESTITI TOSSICI


La più grande azienda di moda, Zara, e la sua casa madre Indetex, hanno firmato oggi l’impegno per eliminare le sostanze chimiche pericolose dai loro prodotti lungo tutta la catena di fornitura entro il 2020, in seguito alla pressione dell’opinione pubblica scaturita dalla campagna internazionale “Detox” di Greenpeace.

Zara è  l’ottavo marchio che si impegna a eliminare le sostanze tossiche dalla sua linea di produzione, da quando Greenpeace ha lanciato la campagna nel 2011. Inditex richiederà a 20 fornitori di rivelare i valori delle emissioni delle sostanze chimiche pericolose a partire da marzo (e ad almeno 100 fornitori entro la fine del 2013), garantendo a coloro che vivono vicino alle fabbriche tessili il diritto a ricevere informazioni corrette sugli scarichi di sostanze pericolose nell’ambiente, tra cui quelle di coloranti azoici che liberano ammine cancerogene. L’ impegno di Zara consiste anche nel rafforzare il processo di eliminazione degli alchilfenolestossilati dai prodotti e nel fissare ulteriori scadenze a breve termine per l’ eliminazione delle sostanze chimiche pericolose prioritarie, tra cui i PFC (per fluorocarburi).

“Greenpeace si complimenta per l’impegno di Zara a realizzare vestiti senza sostanze tossiche. Se la più grande azienda della moda può farlo, non ci sono scuse per gli altri marchi che devono ripulire la loro catena di fornitura” afferma Martin Hojsík, responsabile della campagna Detox di Greenpeace International. “I consumatori di tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce  ed è ora per gli altri marchi come Esprit, Gap e Victoria’s Secret di ascoltare i loro clienti e liberarsi urgentemente dalle sostanze tossiche”.

L’impegno di Zara  è arrivato appena dopo nove giorni dal lancio del rapporto di Greenpeace “Toxic Threads: The Big Fashion Stitch-Up”. Da allora oltre 315 mila persone hanno aderito alla campagna, con decine di migliaia di azioni su Facebook e Twitter, e oltre 700 persone hanno manifestato fuori dai negozi Zara in tutto il mondo.

“I consumatori hanno il diritto di sapere come e quanto i  fiumi sono inquinati dalle sostanze chimiche pericolose presenti nei nostri vestiti. L’impegno di Zara ad agire con più trasparenza è una pietra miliare nella produzione tessile  e sarà la chiave di volta per convincere gli altri marchi a impegnarsi verso l’azzeramento delle emissioni di sostanze pericolose entro il 2020” afferma Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. La Campagna Detox di Greenpeace esige che le case di moda si impegnino all’eliminazione di  tutte le sostanze chimiche pericolose entro il 2020 e impongano ai loro fornitori di rivelare alle comunità locali tutti i dati relativi alle emissioni di sostanze chimiche tossiche dai loro scarichi industriali. 

lunedì 26 novembre 2012

A RISCHIO BUS PER MANCATA COPERTURA RC AUTO


L’Autorità per la concorrenza e mercato ha aperto un’indagine sulla mancata presentazione delle imprese di assicurazione alle gare per la Rc auto del trasporto pubblico locale, con il rischio che intere flotte di bus del trasporto pubblico locale rimangano senza l’adeguata copertura assicurativa.

È assurdo - dichiara Pietro Giordano, Segretario Generale Adiconsum - che proprio nei centri urbani dove maggiore è il rischio connesso alla sicurezza della circolazione e dove il trasporto pubblico dovrebbe essere potenziato e reso una economica alternativa alla mobilità privata possa accadere tutto ciò. Purtroppo assistiamo a comportamenti di sempre minore responsabilità delle imprese assicurative che nel ramo RC Auto cercano solo l'affare, anche a danno dell'intera collettività”.

L'obbligo a contrarre invece - continua Giordano - deve essere reso una normalità applicata all'intera collettività e non un libero arbitrio che con richieste tariffarie assurde disincentivi la copertura dei mezzi. Se questa è la risposta delle imprese, si lascino liberi i comuni a derogare dalle gare rivolgendosi al libero mercato”.

Adiconsum – prosegue Giordano - chiede che l'indagine aperta nei confronti di 4 gruppi sia allargata anche alle altre 80 compagnie che esercitano questo ramo assicurativo che è e rimane obbligatorio per il cittadino quanto per chi deve offrire la copertura assicurativa”.

Adiconsum – conclude Giordano - propone l'apertura di un tavolo di confronto sul trasporto pubblico locale ed il rischio assicurativo con Enti locali, assicurazioni e Ministero dei Trasporti da realizzarsi con estrema velocità per dare una risposta di sicurezza e coerenza normativa al sistema di assicurazione del trasporto pubblico locale”. 

FISCO:CGIA, ECONOMIA CRIMINALE VALE 170 MILIARDI DI EURO L’ANNO


L’economia criminale vale 170 miliardi di euro all'anno  Una montagna di soldi spaventosa che oltre essere creata attraverso una serie di attività illegali spesso viene riversata sul mercato finendo così per inquinarlo e per stravolgerlo.

La denuncia viene dalla CGIA di Mestre che da qualche anno esegue un monitoraggio sulla dimensione economica del giro di affari prodotto dalle organizzazioni criminali presenti nel nostro Paese.

La stima del valore economico prodotto dalle attività criminali   – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – è il frutto di una nostra elaborazione realizzata su dati della Banca d’Italia. Va ricordato, in base alle definizioni stabilite a livello Ocse,  che i dati prodotti dall’Istituto di via Nazionale  non includono i reati violenti come l’usura e le estorsioni.  Detto ciò, questi 170 miliardi di fatturato prodotti dalle mafie corrispondono al Pil annuo di una regione come il Lazio.  Oltre alle distorsioni del mercato, agli effetti sociali devastanti e allo svantaggio competitivo che un’area interessata dalla presenza delle organizzazioni criminali è costretta a subire, stimiamo in maniera molto approssimativa che il danno erariale prodotto dall'economia criminale si aggira attorno ai 75 miliardi di euro all’anno. Una cifra imponente che, in questa fase di crisi economica, è destinata purtroppo ad aumentare”.

La conferma dell’ escalation del giro d’affari in capo alle organizzazioni criminali emerge anche dal numero di denunce pervenute  in questi ultimi anni all'Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia (UIF). Stiamo parlando delle segnalazioni di operazioni di riciclaggio sospette eseguite da intermediari finanziari (in primis le banche che ne hanno compiute quasi l’80% del totale), verso la UIF. Ebbene, tra il 2007 ed il 2011 sono aumentate del 303%. Nel 2011, ultimo dato disponibile,  hanno raggiunto la quota record di 48.344. 

La CGIA ricorda che una volta ricevuti questi “avvisi”, la  UIF effettua approfondimenti sulle segnalazioni di operazioni sospette e le trasmette, arricchite dell’analisi finanziaria, al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza (NSPV) e alla Direzione investigativa antimafia (DIA). Solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la UIF le archivia. 

domenica 25 novembre 2012

LA CORSA AL SACCHEGGIO DEL CONGO


di Michele Paris
Mentre la comunità internazionale era intenta a seguire lo svolgimento dell’aggressione israeliana nella striscia di Gaza, a inizio settimana l’esercito ribelle che opera nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo è entrato pressoché indisturbato nella importante città di Goma, popolata da un milione di abitanti, prendendone possesso di fronte ad un impotente contingente militare delle Nazioni Unite.

Subito dopo, migliaia di poliziotti e soldati dell’esercito regolare si sono uniti alle forze ribelli, i cui leader, nonostante gli appelli internazionali, hanno annunciato di volersi dirigere verso la capitale, Kinshasa, per costringere il presidente, Joseph Kabila, a dimettersi e “liberare” così l’intero paese centro-africano.

Il prossimo immediato obiettivo della milizia M23 sembra essere la città di Bukavu, capitale della provincia Sud-Kivu situata sull’omonimo lago. Sotto il controllo dei ribelli sarebbe già caduta la località di Sake, ad una trentina di chilometri da Goma, dove giovedì sono stati registrati scontri con le forze armate. Secondo quanto riportato mercoledì dalla Associated Press, nel corso di un raduno organizzato dai ribelli presso lo stadio di quest’ultima città, più di duemila soldati e 700 poliziotti hanno consegnato le loro armi all’M23, mentre a Bukavu la popolazione è già scesa nelle strade per manifestare contro il governo centrale e a favore dei guerriglieri in arrivo.

I soldati dell’esercito regolare sono rimasti invece in gran parte in attesa di ordini dalle autorità di Kinshasa presso una località nelle vicinanze di Goma. I militari della missione MONUSCO dell’ONU, a loro volta, non hanno potuto muovere un dito per contrastare l’avanzata dei ribelli perché ciò non rientra nel loro mandato in Congo.

Per venire a capo della crisi, intanto, il presidente congolese Kabila si è recato nella capitale dell’Uganda, Kampala, per incontrare il presidente del vicino Ruanda, Paul Kagame, e discutere dell’emergenza in corso grazie alla mediazione del presidente ugandese, Yoweri Museveni. Secondo alcuni media, visto l’aggravarsi della situazione, Kabila sarebbe sul punto di accettare un confronto diretto con i vertici dell’M23, cosa che si era sempre rifiutato di fare. Per il momento, tuttavia, l’unica concessione ufficiale del presidente ai ribelli sarebbe la promessa di valutare le loro richieste.

La nuova crisi in Congo è stata discussa anche alle Nazioni Unite, dove martedì il Consiglio di Sicurezza ha approvato all’unanimità una serie di sanzioni nei confronti dei leader dell’M23, ai quali è stato chiesto di ritirarsi da Goma. Contemporaneamente, il Consiglio di Sicurezza ha esortato i paesi vicini a interrompere l’appoggio garantito ai ribelli, senza però nominare i due governi responsabili, quelli di Uganda e soprattutto Ruanda, già accusati da un recente rapporto dell’ONU di fomentare il caos in Congo, finanziando e fornendo armi clandestinamente all’M23 e alle formazioni militari che lo hanno preceduto.

L’avanzata fin qui inarrestabile di una milizia composta da non più di tremila uomini, e che è stata spesso definita come disordinata e priva di disciplina, dipende, oltre che dall’appoggio decisivo di Ruanda e Uganda, anche dalla diffusa impopolarità del governo centrale, universalmente considerato inefficace e corrotto.

La ribellione nel Congo orientale è di lunga data ma il cosiddetto gruppo M23 (ufficialmente CNDP o Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo) è stato creato solo lo scorso mese di aprile sotto la guida dell’ex generale dell’esercito regolare, Bosco Ntaganda, nato in Ruanda e colpito fin dal 2006 da un mandato di cattura del Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l’umanità.

I membri di questa milizia sono in gran parte soldati disertori ed ex appartenenti alle precedenti organizzazioni ribelli che avrebbero dovuto essere integrati nelle forze armate congolesi in base ad un accordo siglato con il governo di Kinshasa il 23 marzo 2009, da cui il nome del loro gruppo. I leader che hanno fondato l’M23 avevano garantito il loro pieno appoggio alla candidatura del presidente Kabila nelle discusse elezioni presidenziali del novembre 2011 ma la rottura è arrivata di lì a poco, a loro dire a causa delle mancate promesse previste dall’accordo.

Il sostegno principale alle formazioni ribelli che agiscono da tempo nelle regioni orientali del Congo è garantito dal governo di etnia Tutsi del Ruanda, guidato da Paul Kagame. Già nel 1996 e nel 1998 il regime di Kigali aveva contribuito ad alimentare un’escalation di scontri e violenze nel paese vicino, tenendo nascosto il proprio coinvolgimento mentre stava dispiegando migliaia di truppe oltre il confine occidentale. Secondo il già citato rapporto dell’ONU, l’M23, così come i suoi predecessori, non è soltanto un gruppo ribelle finanziato e armato dal Ruanda ma addirittura un estensione dell’esercito ruandese, comandato dal ministro della Difesa di Kigali.

La protezione offerta dal Ruanda alle forze ribelli congolesi è legata in primo luogo al tentativo di controllare il redditizio commercio delle ingenti risorse naturali conservate nei territori orientali di questo travagliato paese. Questa strategia di continua destabilizzazione del Congo, messa in atto dal presidente Kagame, è stata resa possibile dal fatto che il Ruanda uscito dal genocidio del 1994 è uno stretto alleato dell’occidente e, in particolare, degli Stati Uniti.

Solo recentemente, perciò, la comunità internazionale ha iniziato a puntare il dito in maniera aperta contro il regime di Kigali, accusato di manovrare forze ribelli che, secondo le organizzazioni a difesa dei diritti umani, sono responsabili di massacri etnici, stupri di massa, omicidi, torture, rapimenti e sfruttamento di bambini-soldato.

Il motivo del cambiato atteggiamento nei confronti del Ruanda, sottolineato anche dal recente invito rivolto dagli Stati Uniti a Paul Kagame di porre fine al finanziamento dei ribelli in Congo, non è dovuto soltanto alle aumentate pressioni internazionali, ma anche a calcoli geo-strategici che riguardano un’area così ricca di risorse naturali nel continente africano. In particolare, come hanno messo in evidenza alcuni documenti diplomatici resi noti da WikiLeaks, gli Stati Uniti vedono con crescente apprensione i legami economici sempre più stretti tra il Ruanda e la Cina.

Il cambiamento di toni dell’amministrazione Obama nei confronti del governo ruandese rivela dunque il consueto cinismo che contraddistingue la politica estera americana, visto che Kagame è stato per quasi due decenni un partner affidabile degli Stati Uniti, nonostante siano da tempo note non solo le manovre del suo governo in Congo, ma anche le responsabilità nello scatenamento del genocidio del 1994 e i crimini contro l’umanità commessi dalle forze ribelli Tutsi, che l’attuale presidente comandava, nel rovesciamento del precedente governo Hutu con l’appoggio dell’esercito ugandese.

Mercoledì, in ogni caso, Ruanda e Uganda hanno chiesto ai ribelli di ritirarsi da Goma e di interrompere la loro offensiva. Il comunicato emesso da Kampala da Museveni e Kagame afferma anche che i loro governi sono impegnati nelle trattative per il raggiungimento di una tregua in Congo. I timori dei due sponsor dell’M23 sono legati sia ad una possibile destabilizzazione totale del paese vicino sia alle conseguenze che entrambi sarebbero costretti a pagare nei rapporti con l’Occidente in caso di un’escalation incontrollata della crisi.
L’appello dei loro protettori è stato però respinto dai leader dell’M23, tanto che il responsabile del braccio politico del gruppo, Jean-Marie Runiga, l’altro giorno ha affermato senza mezzi termini che Ruanda e Uganda non hanno alcun diritto di imporre il loro volere sulla milizia ribelle. Runiga ha poi confermato la volontà dell’M23 di avanzare nel paese fino a quando il presidente Kabila non accetterà di intraprendere un negoziato diretto.

Nel frattempo, il conto della crisi continua ad essere pagato a caro prezzo dalla popolazione civile di un paese che, a fronte di vaste riserve di diamanti, oro, cobalto, rame, petrolio e legame, rimane uno dei più poveri e sottosviluppati del pianeta. In questa regione dell’Africa centrale si scontrano infatti disparati interessi che fanno capo ai paesi vicini e alle varie potenze internazionali, finendo per alimentare perenni conflitti etnici, ribellioni e crisi di difficile soluzione come quella attualmente in atto. 

Le banche devono allo Stato 5 miliardi di euro - Il Fatto Quotidiano


Gli istituti hanno inserito nei bilanci somme che il fisco pretenderà per le imposte non versate. L'agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza sono già in azione, con verifiche partite per Intesa, Mps e alcune Popolari. Per Unicredit, che ha già staccato un assegno milionario, resta aperto il caso Brontos.

Lo Stato ha dichiarato guerra ai furbetti del fisco. Obiettivo: riportare un po’ di milioni nelle casse pubbliche dissanguate da quasi due miliardi di debito. Mentre gli sherpa del Tesoro trattano con la Svizzera per aprire i forzieri elvetici dove sono ancora custoditi i capitali degli evasori nostrani, l’Agenzia delle Entrate farà partire a gennaio il nuovo redditometro per scandagliare le nostre dichiarazioni dei redditi. Ma tra i soldi che “pendono” e che potrebbero tornare presto a casa ci sono anche quelli delle banche quotate in Borsa. Quasi 5 miliardi che sono ancora oggetto di contenzioso, ovvero di partite aperte, negli ultimi anni. E il conto in sospeso con l’Erario è destinato a salire guardando le ultime relazioni trimestrali, anche se non tutti gli istituti hanno aggiornato le informazioni.


Le banche devono allo Stato 5 miliardi di euro - Il Fatto Quotidiano

sabato 24 novembre 2012

TREDICESIME: SI ACCENTUA IL CALO - 0,5 MLD DI EURO (- 1,4%) DEL MONTE GRATIFICHE 2012,CHE SCENDE A 34,5 MILIARDI.


Il 90,7 % (31,3 MLD) MANGIATO DA IMU (4,5 MLD) TASSE E MUTUI, BOLLI, CANONI, RIMBORSO DEBITI PREGRESSI. IL  9,3%  PER CENTO  (MENO DI UN DECIMO)  DESTINATO A RISPARMI, REGALI, VIAGGI   ALIMENTARI !  VITE A RATE DI FAMIGLIE STROZZATE CATTURATE IDEOLOGIA DEBITO !  ADUSBEF-FEDERCONSUMATORI: GOVERNO EVITI AUMENTO IVA. 

Mentre i mass media fanno a gara nelle lodi sperticate al “governo di banchieri, tecnocrati ed oligarchi” guidato da Mario Monti e Corrado Passera (dopo di loro il diluvio!), si accentua il disagio sociale di famiglie e cittadini, plasticamente dimostrato dal secondo calo delle tredicesime nel biennio 2011-2012, come risulta dal 21^ rapporto Adusbef.

Fra tre settimane saranno pagate infatti le tredicesime, che ammontano quest’anno a 34,5 miliardi di euro (- 0,5 miliardi, con un decremento dell’ 1,4% per cento rispetto al 2011), così ripartite: 9,9 miliardi ai pensionati (-2,9%); 9,20 miliardi ai lavoratori pubblici (come nel 2011); 15,4 mld  (-1,9%) ai dipendenti privati (agricoltura, industria e terziario). Ma dopo un anno  di rincari ed aumenti speculativi che hanno falcidiato i redditi delle famiglie costrette a nuovi debiti, con una perdita ulteriore del potere di acquisto, resterà poco per festeggiare.

Sarà un Natale durissimo, dopo l’onda lunga delle convulsioni finanziarie derivanti dagli spread, dal collasso di alcune banche sostenute dalle iniezioni di liquidità BCE con 1.000 miliardi di prestiti triennali al tasso dell’1% (con le ‘virtuose’ banche italiane che hanno avuto 273,8 miliardi di euro !), dalla politica dei sacrifici insostenibili imposti dalla troika a paesi in crisi come Grecia, Spagna e Portogallo, con l’unica nota positiva della richiesta di rinvio a giudizio delle agenzie di rating e la condanna di S&P da parte di un Tribunale australiano; la vittoria di Obama negli Usa nonostante le banche di affari e la cupola finanziaria che governa i destini del mondo.

Tredicesima ancor più che falcidiata quindi sotto l’albero di Natale, per pagare l’IMU che non c’era l’anno scorso, ad aumenti infiniti iniziati a gennaio 2012 con le tariffe autostradali, benzina, bolli, tasse, tarsu, tariffe aeroportuali concessi dal Governo ai soliti capitani coraggiosi per finanziare investimenti pubblici a spese della collettività per fa conseguire profitti privati, ed altri ordinari balzelli.  A fine anno, oltre alla busta paga più pesante, arrivano infatti anche le consuete scadenze fiscali, quali tasse,  bolli,  rate e canoni, che durante il mese di dicembre i contribuenti sono chiamati a versare. Con il risultato di ridurre del 90,7 per cento l’agognata gratifica natalizia. Nel rincorrersi dei pagamenti da effettuare entro il 31 dicembre, dei 34,5 miliardi di euro di tredicesime che verranno pagate quest’anno, soltanto il 9,3 per cento, ossia 3,2 miliardi di euro, per la prima volta  meno di un decimo del monte tredicesime, resterà realmente nelle tasche di lavoratori e pensionati. 

Nel consueto appuntamento che fa i conti (da 21 anni) nelle tasche degli italiani, Adusbef e Federconsumatori prevedono un Natale durissimo sul fronte dei consumi, destinati a calare del 12 per cento perché almeno 3 famiglie su quattro taglieranno le spese per l’incerta situazione economica. A “bruciare” un’ ampia fetta delle tredicesime (il 13 %) interviene per la prima volta la seconda rata dell’IMU per un ammontare di 4,5 miliardi per le famiglie che hanno la prima casa. Ad essa si affiancano bollette, ratei e prestiti per un valore di 10,3 miliardi (ben il 29,9% del monte totale).La RC Auto, che continua a salassare le tasche degli automobilisti con rincari ingiustificati pari al 10% a fronte di una riduzione dei sinistri, mangerà 5,3 miliardi di euro, il 15,4% delle tredicesime, mentre 4,6 miliardi di euro (con una diminuzione del 13,3% sul 2011), serviranno per pagare le rate dei mutui. Il salasso non è però ancora finito: 3,7 miliardi di euro (10,7%) se ne andranno per pagare le tasse di auto e moto, mentre 1,9 miliardi (5,5 %) spariranno per il canone Rai che sarà incrementato nonostante un deterioramento della qualità del servizio pubblico.

La tredicesima per la maggior parte delle famiglie è già stata pesantemente ipotecata  non solo per pagare tasse, ratei e bollette delle utenze domestiche (Enel, Telecom, Gas, ecc.), ma un ulteriore 8,7  per cento, pari a 3 miliardi di euro, servirà per pagare i prestiti contratti con banche, finanziarie, parenti, amici e/o conoscenti per sopravvivere, dato che stipendi, salari e pensioni non bastano più per far quadrare i bilanci famigliari.

Per scopi più piacevoli restano 3,2 miliardi di euro, il 9,3% del monte tredicesime, che potranno essere utilizzati per cenone, regali (spesso ai più piccoli), qualche viaggio, qualcosa da mettere da parte per future esigenze: una miseria, che non servirà a rilanciare i consumi, né ad alleviare le preoccupazioni di famiglie sempre più impoverite da rincari speculativi che si profilano in tutti i settori con la sciagurata tassa sui poveri denominata Iva al 22% e da un  futuro incerto, nonostante un tasso di fiducia, costruito a tavolino, che non aiuterà i consumatori, soprattutto i giovani che protestano per il futuro ipotecato, ad essere più sereni e fiduciosi. 

Adusbef e Federconsumatori, invitano il Governo ad evitare ulteriore inasprimento dell’Iva, la “tassa sui poveri” che colpisce indistintamente tutti i consumatori, gravando in particolare sulle più basse fasce di reddito aggravando così la recessione con un aumento dell’inflazione ed un calo dei consumi,varando un urgente contestuale decreto per una tassa sui patrimoni oltre 1,5 milioni di euro.     

Le tabelle che seguono riportano le stime di Adusbef.
MONTE TREDICESIME 2012  (In miliardi euro) 
Variazione sul 2011

2011
2012

Variaz. 2012/2011
Pensionati
10,20
9,90

- 2,9 %
Lavoratori pubblici
9,20
9,20

0 %
Dipendenti privati
15,60
15,40

- 1,3 %
TOTALE TREDICESIME
35,00 mld
34,5

- 1,4  %

Come verranno spese le tredicesime 2012  - Importi in miliardi di euro 
(In parentesi: percentuale su monte tredicesime) 
Stime Adusbef (21 ° rapporto)  su dati ufficiali   
(Variazione sul 2011)

2011
2012
Variazione 2012/2011
RCAuto
5,6  (16,00%)
5,3  (15,4%)
- 5,3  %
Prestiti / Ratei
3,1    (8,86%)
3,0    (8,7%)
- 3,2  %
Canone Rai
1,9    (5,43%)
1,9    (5,5%)
0,0   %
Mutui casa
5,8  (16,57%)
  4,6  (13,3%)
- 20,7  %
Bolli auto/moto
3,9  (11,14%)
3,7  (10,7%)
-  5,1  %
Bollette + Utenze
7,6  (21,71%)
7,3  (21,2%)
-3,9  %
IMU Famiglie
00 (1)
4,5 (13,0%)
+ 100%
TOTALE SPESO
  27,9  (79,71%)
31,3 ( 90,7%)
+12,2  %
RIMANENZA
7,1  (20,28%)
3,2  (9,3%)
- 54,9  %
TOTALE  TREDICESIME
35,00         mld
34,50       mld
                           - 1,4  %
  (1)   Adusbef stima in 9 miliardi di euro annui  l’Imu prima casa, sul totale di 21 miliardi di euro di gettito complessivo annuo 
     Fonte: http://www.adusbef.it

giovedì 22 novembre 2012

Il Sogno Italiano (Video)




DI FAUNO LAMI

Ecco Cosa Vedo presenta in esclusiva un divertente cartone animato, finalmente doppiato in italiano da Fauno Lami, che spiega in modo chiaro quali sono le vere cause dell'attuale crisi economica e svela come banche e multinazionali sono arrivate a creareil più grande imbroglio mai esistito ai nostri danni. 

Il protagonista della storia è Italo, un cittadino come tanti: sereno, inconsapevole e bene integrato nella civiltà consumistica di oggi. Un bel giorno, la sua tranquilla routine viene interrotta. La dura realtà viene a bussargli alla porta di casa e gli presenta il conto: tasse e debiti talmente alti da non permettergli più di vivere. Tutto ciò che credeva sulla politicasull'economiasulle banchesulla moneta, era sbagliato. Come forse anche quello che crediamo noi.

Se non ci decideremo presto ad aprire gli occhi, questo nostro bel sogno rischia di tramutarsi in incubo, come sta già accadendo in moltissimi paesi europei. I nostri capi di governo svenderanno il paese alle bancheprivatizzando anche i servizi più essenziali ai cittadini. Per fermare questo meccanismo malato è necessario diffondere la consapevolezza di ciò che sta accadendo, svegliando le persone da questo fragile e ingannevole sogno

martedì 20 novembre 2012

NUOVO RAPPORTO GREENPEACE: ATTENTI A QUEI VESTITI, CONTENGONO SOSTANZE PERICOLOSE


Le grandi catene di moda vendono indumenti contaminati da sostanze chimiche pericolose che possono alterare il sistema ormonale dell'uomo o che, se rilasciate nell'ambiente, possono diventare cancerogene. È la denuncia pubblicata nel rapporto internazionale "Toxic Threads - The Fashion Big Stitch-Up" che Greenpeace lancia oggi da Pechino con una sfilata shock.

Le analisi chimiche eseguite da Greenpeace su 141 articoli dei 20 principali brand di moda (Benetton, Jack & Jones, Only, Vero Moda, Blažek, C & A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H & M, Zara, Levi, Victoria 's Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl) dimostrano  il collegamento tra gli impianti di produzione tessile - principali responsabili dell'avvelenamento dei corsi d'acqua - e la presenza di sostanze chimiche pericolose nei prodotti finali.

"Vendendo prodotti contaminati da sostanze chimiche pericolose, le marche più famose del fashion ci stanno trasformando in vittime inconsapevoli della moda che inquina. Le sostanze trovate da Greenpeace, infatti, contribuiscono all'inquinamento dei corsi d'acqua in tutto il mondo, sia durante la produzione che nel lavaggio domestico" - spiega Li Yifang, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Asia orientale.

Per ogni marca, uno o più articoli analizzati contengono NPE (composti nonilfenoloetossilati) che possono rilasciare i corrispondenti nonilfenoli, pericolosi perché in grado di alterare il sistema ormonale dell'uomo. I livelli più alti, superiori a 1ppm, sono stati trovati per i marchi ZARA, Metersbonwe, Levi's, C & A, Mango, Calvin Klein, Jack & Jones e Marks & Spencer (M & S). Per ZARA, inoltre, quattro dei capi analizzati risultano contaminati da alti livelli di ftalati tossici, e altri due presentano tracce di un'ammina cancerogena derivante dai coloranti azoici.

"In qualità di più grande rivenditore al mondo di abbigliamento, ZARA deve adottare con urgenza un piano ambizioso e trasparente per eliminare le sostanze tossiche dalle sue filiere di produzione" - afferma Martin Hojsik, coordinatore della campagna Detox di Greenpeace International. Per convincere l'azienda spagnola a ripulire la filiera produttiva, Greenpeace lancia oggi una petizione a livello mondiale su www.greenpeace.org/italy/zara

I capi d'abbigliamento analizzati sono stati prodotti soprattutto nel Sud del mondo con fibre artificiali e naturali. Essi comprendono jeans, pantaloni, t-shirt, abiti e biancheria intima disegnati per uomini, donne e bambini. I processi di produzione del settore mondiale del tessile utilizzano sostanze chimiche pericolose che viaggiano nei prodotti tessili dai siti di produzione a quelli di consumo. Ad oggi non esistono informazioni sui possibili problemi sanitari per chi indossa questi prodotti.

Greenpeace chiede ai marchi dell'abbigliamento di impegnarsi ad azzerare l'utilizzo di tutte le sostanze chimiche pericolose entro il 2020 - come già hanno fatto alcuni importanti marchi tra cui H&M e M&S - e di imporre ai loro fornitori di rivelare alle comunità locali i valori di tutte le sostanze chimiche tossiche rilasciate nelle acque dai loro impianti.

Per maggiori informazioni visita la pagina "Tessuti tossici - Test sui capi d'abbigliamento":http://www.greenpeace.org/italy/tessuti-tossici/

Il rapporto "Toxic Threads - The Fashion Big Stitch-Up" è disponibile

DAL NEPAL A ROMA, 215 MILIONI DI MINORI AL LAVORO - RASSEGNA.IT


Dati drammatici sui bambini sfruttati nel mondo. Non solo i telai nepalesi e le cave di pietra del Pakistan, ma 400mila anche in Italia. Nella capitale sono pizzaioli e baristi, oppure vengono coinvolti in attività illegali DI MANUELA VANOLI


Dal Nepal a Roma, 215 milioni di minori al lavoro - Rassegna.it

giovedì 15 novembre 2012

Emergenza da Gaza sotto attacco

Rama Haddad, un anno e mezzo

Missili piombati a centro città questo pomeriggio hanno inaugurato quello che Israele ha chiamato Operazione militare "Clooud Pillar".

Stavo uscendo di casa verso le 15.30 quando ho sentito una forte esplosione. Mi sono diretta sul posto a pochi metri di distanza e poi in ospedale con un attivista spagnolo ed un amico palestinese e da allora è stato un susseguirsi di arrivo di ambulanze con feriti, la maggior parte donne, bambini, persone anziane.
Mi hanno riferito dall'Italia che Israele stia conducendo una ottima operazione colpendo solo leaders di Hamas. La realtà non è questa.

La realtà è un inferno di esplosioni, di grida, di padri che corrono con in braccio bambini, di occhi terrorizzati, piccoli corpi bruciati.

Dati dallo Shifa hospital: almeno i 50 feriti, la maggior parte donne, bambini, persone anziane.
Cinque persone morte, tra cui un bambino di 11 mesi, con il 95 % del corpo bruciato,
e una bambina di 7 anni. La terza persona morta è una donna 19 anni.

Due feriti gravi, tra cui un bambino di 13 anni è in terapia intensiva con gravi ustioni.
Il resto delle persone riportano ferite moderate.
La situazione allo Shifa hospital era di altissima tensione ed agitazione.
Famiglie intere sono pervenute, bambini spaventati ed uno in alto stato di stress.

Un sentimento di impotenza soffocante davanti al susseguirsi degli sguardi di dolore di intere famiglie.

Più di 40 attacchi aerei hanno colpito la Striscia di Gaza in poche ore.
Questa è la lista delle persone uccise.

Ahmed Saed Al Ja'abry, 52 anni, comandante delle brigate Al Qassam di Hamas
Mohammed Hamed Al hams, 28 anni
Mohammed Hany Kusieh, 18 anni
Issam Mahmoud Abu Al meiza, 19 anni
Heba Adel Al Mashharawy, 19 anni
Rinan Yousif Arafat, 7 anni
Ali Jehad Al mashharawy, 11 mesi
Mahmoud Abu Swawin, 65 anni

Più di 70 i feriti.

Hanno colpito solo obiettivi militari? Falso.
Sono stati colpiti obiettivi militari, come basi militari di Hamas e stazioni di polizia.
Ma sono stati colpite anche abitazioni di civili.

Un raid ha colpito una casa in Zaytoun, quartiere est di Gaza city. Almeno 11 feriti, la maggior parte bambini, di cui uno ora in terapia intensiva con gravi ustioni. Sul quartiere di Zaytoun ci sono stati diversi attacchi aerei, che hanno ucciso 3 persone, tra cui un bambino di 11 mesi, una bambina di 7 anni, ed una donna di 19 anni.
Un attacco aereo a nord della Striscia di Gaza, nella zona di Al Shikh Zaied, ha ucciso due persone appartenenti alla resistenza palestinese. Successivamente un attacco nel quartiere di Tal Al Hawa in Gaza city ha colpito una casa, causando più di 30 feriti.
Molti attacchi aerei si sono susseguiti nel campo rifugiati di Nuseirat, dove un uomo di 65 anni è stato ucciso, e poi, un susseguirsi di attacchi dal nord al sud della Striscia di Gaza. Al sud in Rafah ed in Khan Younis, nella zona centrale in Deir al balah, nel quartiere Shijaia di Gaza city , a nord di Gaza city in Soudania, a nord della Striscia di Gaza in Biet Lahia ed in Jabalia.

Un attacco è avvenuto anche da parte della Marina militare israeliana che ha bombardato la zona di Beit Lahia, a nord della Striscia di Gaza, non causando fortunatamente feriti.
Attacchi da terra sono avvenutoìi nel pomeriggio a sud della Striscia di Gaza, nelle zone di Khan Younis, Khuza'a, Abassan.

Continuano in questo momento incessanti gli attacchi aerei con droni ed F-16.
Colpite le aree di Tuffah in Gaza city, Jabalia e Beit Lahia a nord nuovamente. Mezz'ora fa un missile è caduto nuovamente sul quartiere di Zaytoun.

In questo momento in cui scrivo, ore 3.15 locali, un'enorme esplosione causata da un bombardamento sul quartiere Shikh Al Udwan in Gaza city. Attacchi aerei anche su Rafah.

Continuano incessantemente gli attacchi aerei minuto dopo minuto.
Ecco alcune foto che ho scattato allo Shifa hospital. Pubblicherò foto e video così come mi consente la connessione.

Abdallah Haddad, 4 anni

Rama Haddad, un anno e mezzo

Fonte: http://ilblogdioliva.blogspot.it

mercoledì 14 novembre 2012

PESTICIDI NEL PIATTO


Un terzo della frutta e della verdura che finisce sulle tavole degli italiani presenta tracce di pesticidi. Alcuni campioni poi sono da record, con 6, 7, anche 9 principi chimici presenti contemporaneamente.

C’è la faccia rassicurante della medaglia: il numero, stabile rispetto allo scorso anno, dei campioni di frutta e verdura fuorilegge (fermi allo 0,6%) e di quelli legali contaminati da un solo residuo chimico (18,3%). E c’è la faccia preoccupante: complessivamente un terzo (il 36%) dei campioni di frutta e verdura analizzati (dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e uffici pubblici regionali competenti) presenta residui di fitofarmaci, e aumentano i campioni da record, con tanti, fino a nove, principi attivi presenti contemporaneamente. Ecco, in sintesi il risultato di Pesticidi nel piatto 2012, il rapporto annuale di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia (scaricabile in fondo alla pagina).



LA LOCANDA DEI GIRASOLI RISCHIA LA CHIUSURA


COMUNICATO STAMPA

A Roma c’è un ristorante la Locanda dei Girasoli. E’ nato dalla volontà di alcuni genitori di ragazzi con la sindrome di Down per dare una prospettiva lavorativa ai loro figli Claudio,Valerio, Emanuela e Viviana che già oggi ci lavorano come camerieri. Purtroppo non è in una via molto frequentata di Roma (in zona Quadraro) ed è molto difficile farlo conoscere. Però se non riusciamo a farlo in fretta, le prospettive non sono molto allegre. La pizza è buona, il locale è carino ed economico e vale la pena di dar loro una mano, non vi pare? Un primo aiuto può essere far girare questo messaggio al maggior numero di amici possibile; se poi conoscete persone o uffici nella zona Appio-Tuscolano è ancora meglio o se avete un amico giornalista che può pubblicizzare la loro esperienza, ancora meglio.


Via dei Sulpici 117/h - 00174 Roma 
Tel - Fax 06.76.10.194 

lunedì 12 novembre 2012

Rapporto AIE: rinnovabili, con questi numeri finiamo sott'acqua


L'ultima edizione del World Energy Outlook della AIE (Agenzia Internazionale per l'Energia) mostra come, da qui al 2035, circa metà della nuova produzione di elettricità che andrà in rete verrà da fonti rinnovabili. Sembra un dato positivo, non lo è: si tratta invece di una quota largamente insufficiente a contenere le emissioni di gas serra nella misura necessaria a evitare il caos climatico che ci attende.

L'AIE stima che, al 2035, uno sviluppo organico delle politiche di efficienza potrebbe portare a una riduzione dei consumi energetici pari a un quinto del loro totale: a patto, però, che vengano rimosse le barriere di mercato e burocratiche. Per quanto il rapporto dia una forte crescita delle rinnovabili, è necessaria una crescita doppia rispetto a quella prefigurata: non raggiungere il 65% della quota di elettricità verde sul totale entro il 2035 equivarrebbe a confermare una tendenza al riscaldamento globale che vedrebbe aumentare le temperature tra i 4 e i 6 gradi Celsius. Senza piani più ambiziosi per le rinnovabili, infatti, l'AIE mostra come da qui al 2025 potrebbero essere realizzate 700 nuove centrali a carbone: un disastro per il clima, per l'inquinamento atmosferico, per le risorse idriche e per molti ecosistemi minacciati dalle estrazioni del combustibile più sporco e dannoso. "Il rapporto AIE viene pubblicato proprio mentre finisce sott'acqua, per l'ennesima volta, gran parte del centro Italia. Ma continuiamo a essere sordi dinanzi a segnali inequivocabili: il clima sta cambiando e noi dobbiamo presto fare qualcosa" dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. 
"In questo senso la Strategia Energetica Nazionale promossa da questo Governo è un vero pasticcio: disegna un Belpaese che somiglia al Texas, alla ricerca di poche gocce di petrolio, e non sostiene in modo credibile e sufficiente la crescita delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Peraltro non vi si fa parola del carbone: ma ad oggi ci sono sul tavolo quattro nuovi progetti di centrali alimentate con quel combustibile". 

"Mentre la stessa Germania, che qualcuno definisce la "locomotiva d'Europa", punta in modo deciso sulle fonti rinnovabili con quote superiori al 50% nel settore elettrico al 2020" ha concluso Boraschi "noi ci riserviamo come sempre il ruolo del fanalino di coda: non facciamo nulla per salvare il clima e al contempo miniamo lo sviluppo produttivo, tecnologico, occupazionale e ambientale del Paese."  

domenica 11 novembre 2012

VIOLENZA CONTRO LE DONNE: L’ATTRICE STEFANIA ROCCA CON ACTIONAID AL FESTIVAL DEL CINEMA DI ROMA

Stefania Rocca insieme all'attrice protagonista del corto
Rosabell Laurenti Sellers

Sabato 17 novembre, fuori concorso, verrà proiettato “Osa”, regia di Stefania Rocca.

“Con le ali dell'amore ho volato oltre le mura, perché non si possono mettere limiti all'amore e ciò che amor vuole amore osa”. Erano queste le parole che pronunciava il giovane Romeo alla sua Giulietta in un dramma che ha attraversato i secoli, i confini e la storia. Il dramma dell’amore che non riesce a realizzarsi, se non nella morte, andando oltre le imposizioni delle famiglie dei due giovani.

Ed è da questo che è partita Stefania Rocca per raccontare nei nove minuti di “Osa”, il corto che l’attrice ha voluto dedicare ad ActionAid, il tema della violenza sulle donne. Passano i secoli e il protagonista è ancora una volta il diritto di scegliere liberamente chi amare. Questa volta però non ci sono due giovani innamorati che si contrappongono alle famiglie di origine, ma al contrario le famiglie di origine che cercano di imporre un matrimonio forzato ad una ragazza che ha invece sognato di poter decidere di se stessa e del suo futuro. 

“Con questo corto ho voluto dare voce a un fenomeno poco conosciuto, come quello dei matrimoni forzati, che è una dei tanti modi di fare violenza contro le donne”, spiega l’attrice Stefania Rocca.  “Ho voluto raccontare il tormento interiore che assale chi è vittima di violenza psicologica, prima ancora che fisica. È per questo che ho deciso di sostenere in prima persona il lavoro che ActionAid porta avanti per combattere la violenza contro le donne. “Osa” vuole essere prima di tutto un incoraggiamento, affinché in qualsiasi parte del mondo le donne possano autonomamente decidere della loro vita, scoprendo di non essere sole”. 

Il corto “Osa” verrà proiettato alla Festa del Cinema di Roma e sarà l’occasione per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema, a pochi giorni dalla Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. “Lo scorso 8 marzo è stato un giorno speciale per me e sono andata a conoscere il lavoro che ActionAid, insieme all’associazione Trama di Terre, sta portando avanti sul tema dei matrimoni forzati. Da quell’incontro è nata l’idea di realizzare “Osa”, per contribuire ad alzare il velo dell’informazione su un tema di violenza contro le donne, come è quello dei matrimoni forzati”, spiega Stefania Rocca.

“Osa” racconta di una giovane sposa che, prendendo ispirazione da una frase di “Romeo e Giulietta”, intuisce che il proprio destino non deve necessariamente essere deciso dalle persone che più ami. Viene colta dal dubbio, indecisa sulla sua effettiva possibilità di osare, di andare oltre le imposizioni e le convenzioni. Soltanto quando prende coraggio, incontra persone come lei, come noi, e scopre di non essere sola. 

La giovane sposa è interpretata da Rosabell Laurenti Sellers, attrice che si è appena fatta conoscere al grande pubblico italiano con la fiction “Una grande famiglia”, di cui è protagonista la stessa Stefania Rocca. 

Fonte: http://www.actionaid.it/it/hp_it.html