martedì 17 dicembre 2013

PENSIONI GESTITE DALLE BANCHE: PROVE GENERALI?

Il pensiero neoliberista imperante ha, tra i suoi dogmi fondamentali, l’assioma della privatizzazione più spinta: lo Stato si deve occupare del minimo “indispensabile”, dell’esercito, della riscossione delle tasse, dell’ordine pubblico (forse), ecc. Il resto deve essere lasciato all’attività dei privati che sono più “efficienti”.

Il sistema finanziario, per mano delle banche, fa la parte del leone in questa campagna di privatizzazione alla quale non deve sfuggire alcun settore della produzione di beni e servizi, anche quelli vitali per la popolazione.

A questa logica non sfugge nemmeno la previdenza che, in Italia, a partire dalla riforma Dini del 1995, ha visto trasferire al privato fette sempre più consistenti della previdenza pubblica.

Il grimaldello è stato l’introduzione del sistema contributivo per il calcolo delle pensioni, sbandierato come maggiormente equo (l’importo della pensione deve essere proporzionato all’ammontare dei contributi versati durante tutto l’arco della vita lavorativa), che in realtà perpetra l’ennesima ingiustizia in quanto favorisce quei soggetti che dai 25 anni in poi “trovano” posti da manager o da consulente pagato profumatamente e che sono i rampolli (o i servi, in qualche caso) della classe affamatrice che ci schiavizza: i figli delle varie Cancellieri e Fornero, i Michel Martone di turno, per capirci. Mentre i figli della gente comune, che non trovano lavoro e che quel poco che trovano è precario e sottopagato, non avranno mai una pensione.

Tra l’altro, dettaglio tecnico importante che il grande pubblico non conosce, il calcolo con il sistema contributivo si riduce ad un calcolo statistico affidato esclusivamente ad un elaboratore elettronico con il quale chiunque sia in grado di premere un tasto può elaborare la pensione.

Ci sarebbe molto da dire sull’aspetto sociale di siffatto modo di guardare al trattamento economico di chi non è più in grado di lavorare, ma quello che rileva è che anche una banca (udite udite!) può gestire ed erogare le pensioni: in futuro, quando ormai saremo completamente spremuti, andremo in banca a presentare la nostra domanda di pensione.
Tutto ciò non è fantascienza. L’INPS ha già da tempo avviato un processo di “esternalizzazione”, cioè di affidamento ai privati, di pezzi della propria attività istituzionale, processo strisciante, spacciato all’utenza come efficientamento e risparmio del denaro pubblico, salvo poi far pagare il servizio ai cittadini attraverso i finanziamenti a questi privati attingendo dalle entrate fiscali.

Ma ci si è spinti molto avanti: a partire dal 1° gennaio 2012, per il pagamento al di fuori del territorio nazionale dei trattamenti pensionistici, l’Istituto di previdenza si avvale di Citibank N.A. che,  in qualità di Istituto di Credito designato contrattualmente al servizio in argomento, è subentrato alle attività a suo tempo svolte dalla Banca d’Italia.

Le condizioni previste dal contratto di servizio prevedono, tra l’altro, che Citibank proceda, con cadenza annuale, alla verifica dell’esistenza in vita dei beneficiari di pensioni pubbliche riscosse all’estero, attività che, precedentemente, era svolta dalle Rappresentanze diplomatiche e consolari italiane.

Per l’ordinamento giuridico italiano, la verifica di esistenza in vita di un cittadino è demandata esclusivamente ad una Pubblica Amministrazione attraverso propri pubblici ufficiali. In questo caso, invece, un soggetto privato, Citibank N.A., invia ai soggetti interessati un plico contenente la modulistica personalizzata e i pensionati hanno a disposizione 120 giorni per trasmettere alla banca il modulo di certificazione dell’esistenza in vita compilato, firmato, datato e corredato della documentazione di supporto inviandolo ad una casella postale in Gran Bretagna. Se un pensionato all’estero, per errore, invia il modulo all’INPS, questa lo dirotterà su Citibank senza neanche guardarlo.

La mancata “adesione” entro la scadenza stabilita nella comunicazione oppure la mancata validazione dei moduli trasmessi dal pensionato per compilazione incompleta della modulistica, comporta la sospensione dei pagamenti del trattamento pensionistico. Cioè, la Citibank, un soggetto privato, ha il potere che per legge è affidato all’Ente Pubblico di sospendere la pensione al malcapitato!

Quanto sarà lungo o breve il passo per estendere anche al territorio nazionale questa gestione privata dei trattamenti pensionistici? I segnali sono allarmanti. E’ ormai in atto da tempo lo smantellamento sistematico Previdenza pubblica spacciato per razionalizzazione della Pubblica Amministrazione. La spending review, figlia del governo Monti e affidata attualmente a Cottarelli, guarda caso fino a ieri alto funzionario del Fondo Monetario Internazionale, sta falcidiando l’INPS, al quale viene richiesta una drastica riduzione del personale senza considerare che in pochi anni ha già ridotto il proprio organico del 20%ed è in una fase riorganizzativa delicatissima dopo l’assorbimento dell’INPDAP, secondo colosso della previdenza italiana, senza contare le centinaia di milioni di euro di risparmi imposti all’Istituto che finiscono dritti nelle casse dello Stato per il risanamento dei conti, cioè, quindi, nelle casse del sistema bancario per pagare gli interessi sul debito. Il futuro dell’INPS appare quanto mai incerto.

di Ida Lorusso



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