martedì 10 dicembre 2013

LO SPETTRO DEL POPULISMO

Un nuovo spettro si aggira tra i Paesi occidentali: esso si chiama populismo. In questo modo vengono classificati quei partiti che, ad esempio, in Europa mettono in discussione la globalizzazione, i mercati finanziari, la moneta unica europea, l’attuale processo di integrazione del Vecchio Continente, la politica di immigrazione e le politiche di austerità. Sebbene questi partiti stiano spuntando ovunque e stiano avendo un sempre maggiore seguito elettorale, stando ai partiti tradizionali e ai loro organi di informazione non dovrebbero avere diritto di cittadinanza politica. Così in Francia si ripropone senza successo (vista la recente sconfitta a Brignoles) un “Fronte repubblicano”, formato da socialisti e dall’UMP di Nicholas Sarkozy, per fronteggiare l’ascesa del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. In Olanda si forma un Governo per escludere il partito di Geert Wilders. In Italia si fa un Governo delle larghe intese, che non tiene conto delle proposte lanciate da Beppe Grillo. Anche in Svizzera ci si indigna dei successi del Movimento dei cittadini ginevrino e della Lega dei ticinesi. E così via. Non si puo’ nemmeno escludere che tra non molto anche il Papa Francesco venga accusato di populismo per la sua attenzione ai poveri e per le sue critiche a questa società fondata unicamente sul denaro e quindi idolatrica. 

Insomma, non è più il comunismo o la sinistra a far paura ai gruppi di potere, che comandano il mondo, ma questi partiti e questi movimenti che pongono sul tappeto (talvolta in modo discutibile) questioni essenziali per il futuro delle nostre economie e delle nostre società. Essi vengono chiamati populisti, nel tentativo di bollarli come movimenti contrari al rispetto dello Stato di diritto, delle libertà democratiche e di tutto quanto oggi fa parte del “politicamente corretto”. Eppure, il populismo è una categoria molto discutibile e soprattutto che spesso non si addice a questi movimenti. Il populismo è l’accarezzare i desideri popolari senza tenere conto delle conseguenze politiche, sociali ed economiche di certi provvedimenti. Ad esempio, è stato definito populista il movimento peronista in Argentina, che con una politica di concessioni salariali e sociali protrattesi per anni ha provocato il declino di un’economia argentina, che figurava fino alla fine della Seconda Guerra mondiale tra le più forti del mondo. 

Questi movimenti non propongono politiche di questo genere, ma mettono giustamente in discussione tabù che i poteri forti desiderano vengano considerati come verità “dogmatiche” assolutamente indiscutibili. Eppure le grandi scelte politiche degli ultimi decenni (globalizzazione, deregolamentazione dei mercati finanziari, euro, ecc.) hanno prodotto la più grave crisi di questo dopoguerra, dalla quale non siamo ancora usciti, un forte aumento della disoccupazione, un incremento delle disparità sociali, un diffuso senso di insicurezza, ecc. Dovrebbe quindi apparire naturale che si apra una discussione su queste grandi opzioni e che a questo dibattito partecipino anche coloro che si sono affrancati dal pensiero unico dominante. Storicamente questo ruolo era ricoperto dalla sinistra, ma oggi la sinistra è diventata innocua. Anzi, è la ruota di scorta dei poteri forti. Infatti che differenza c’è tra un Hollande e un Sarkozy? Nessuna, se non diversità di stile e di accenti. I grandi deficit pubblici dei Paesi europei sono stati prodotti negli anni in cui i partiti tradizionali di destra e di sinistra erano al Governo e applicavano le dottrine economiche e politiche del pensiero liberista. Sempre questi partiti hanno permesso lo stravolgimento del progetto europeo, che oggi è diventato lo strumento attraverso cui i poteri forti impongono le loro politiche al popolo europeo, infischiandosene anche delle libertà democratiche. E’ quindi comprensibile che i partiti tradizionali perdano ovunque consensi e che una crescente percentuale di elettori cerchino alternative reali votando per i cosiddetti partiti populisti. Si potrebbe concludere affermando “Evviva il populismo”, che almeno tenta di aprire una discussione su quelle “verità” che i partiti tradizionali considerano indiscutibili e che invece dovrebbero essere oggetto di una discussione aperta scevra da pregiudizi. La saggezza popolare è comunque destinata a prevalere contro i voleri dei poteri forti e delle formazioni politiche al loro guinzaglio. 

di Alfonso Tuor 


1 commento:

  1. Strano paese l'Italia:
    quando il popolo protesta allora è populista, se muore di fame in silenzio, allora sì che è popolare.
    I miei complimenti.
    http://www.ilcittadinox.com/blog/popolare-e-ordinario-per-chi-non-e-straordinario.html
    Gustavo Gesualdo

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