mercoledì 28 ottobre 2009

Influenza suina. Vaccini per i ricchi e sacche per cadaveri ai Nativi del Canada

È difficile misurare in modo accurato l'impatto dell'influenza suina sui popoli indigeni, sia perché le statistiche cambiano in continuazione con la diffusione crescente del virus, sia perché mancano ricerche specifiche tra le popolazioni più a rischio. Tuttavia, analizzando quel che sta accadendo in Australia e Canada, si può constatare il ruolo determinante giocato dal divario di salute esistente tra indigeni e non-indigeni.

Si è fatto un gran parlare della pandemia dell’influenza A/H1N1, Il programma del Governo statunitense da 7 miliardi di dollari, per velocizzare l’entrata sul mercato dei vaccini per gli inizi dell’autunno tante cose per cercare di salvaguardare il portafoglio delle aziende farmaceutiche e forse qualche fortunato occidentale che se si salva dal virus morirà vaccinandosi, il martellamento dei media che dispensa di informazioni utili per evitare il contagio. Ma degli esseri umani che hanno avuto la sventura di essere considerati popolo inferiore cosa hanno pensato di fare i Grandi della terra?

Si deduce che come al solito l’egoismo prevale sull’altruismo e di conseguenza non hanno prodotto nulla anzi come si evince dal rapporto, intitolato “Influenza suina e popoli indigeni” illustra come i popoli indigeni di Canada e Australia siano già stati duramente colpiti dalla pandemia a causa dell’impoverimento delle loro comunità, del sovraffollamento e della mancanza di adeguate misure igieniche.

Tra di loro si registra anche un’incidenza di malattie croniche come diabete, disturbi cardiaci, obesità e alcolismo.

Questo rapporto è stato pubblicato a pochi giorni di distanza dalla consegna di sacche per cadaveri alle comunità delle Prime Nazioni del Manitoba, in Canada, assieme a mascherine e disinfettanti per le mani.

Tra le comunità delle Prime Nazioni della provincia, i casi di influenza suina ammontano già a 130 ogni 100.000 abitanti, di contro ai 24 ogni 100.000 che si registrano tra il resto della popolazione. Nonostante molte famiglie non abbiano accesso all’acqua pulita, il governo del Canada ha tardato a inviare i disinfettanti alle comunità della riserva, in cui è diffuso l’alcolismo, per timore che la gente potesse berli.

“Ho rivolto un appello al popolo del Canada perché lavori con noi per far sì che questo virus mostruoso mieta il minor numero possibile di morti” ha dichiarato il Grande Capo David Harper alla CBC. “Non spediteci sacche per i cadaveri. Aiutateci a organizzarci, mandateci medicine.”

E Armand MacKenzie, della Nazione Innu del Canada orientale ha aggiunto: “Voglio sperare che in Canada, le parole “i più alti standard di salute raggiungibili” stiano a significare qualcosa di più che spedire sacche per cadaveri alle comunità indigene delle Prime Nazioni. Per affrontare la pandemia ci occorre un vero programma, gestito in collaborazione con noi indigeni”.

Il rapporto di Survival solleva anche grande preoccupazione per le sorti delle tribù isolate che non hanno difese immunitarie contro le malattie provenienti dall’esterno; Tra di loro, persino un semplice raffreddore può rivelarsi fatale.

Nell’Amazzonia peruviana, i membri della tribù dei Matsigenka sono già stati colpiti dall’influenza suina, e questo fa temere il diffondersi del contagio tra le tribù incontattate che risiedono nelle vicinanze. Qualsiasi contatto con esterni portatori del virus potrebbe devastare intere comunità.
Stephen Corry, direttore generale di Survival International, ha commentato: “Non sorprende che siano proprio i popoli tribali a essere più gravemente colpiti dall’influenza suina. Anni di colonialismo e di politiche di assimilazione forzata li hanno gettati nell’indigenza e hanno lasciato loro in eredità problemi di salute cronici.
Questo rapporto offre una lucida lettura del problema, ma speriamo possa servire anche come monito per quei governi che per troppo tempo hanno ignorato i bisogni sanitari delle loro popolazioni più vulnerabili”.

“Ci appelliamo anche al senso di responsabilità dei turisti” conclude Francesca Casella, direttrice di Survival Italia. “Alcuni tour operator hanno aperto resort di lusso a pochi metri di distanza dalle terre abitati da alcuni dei popoli più isolati e vulnerabili del mondo, come i Jarawa delle Isole Andamane.
Non esistono precauzioni efficaci contro l’importazione del virus nei loro villaggi. Per scongiurare epidemie devastanti, potenzialmente capaci di provocare la totale estinzione di questi popoli, occorre stargli alla larga.”

Questa è la triste storia dei potenti della terra che girano il mondo millantando di programmare interventi a lungo termine che in realtà nulla muovono e nulla fanno.
Fonte Survival

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