lunedì 14 dicembre 2009

43° Rapporto Censis: l’Italia con il fiato grosso.

Per il 71,5% delle famiglie italiane il reddito mensile è sufficiente a coprire le spese. Il dato sale al 78,9% al Nord-Est, al 76,7% al Nord-Ovest, al 71% al Centro, al Sud scende al 63,5%.
L’Italia è il primo Paese europeo per numero di cause pendenti (3 milioni 688 mila), seguita a distanza da Francia (1 milione 165 mila) e Spagna (781 mila). Le disfunzionalità del sistema giustizia continuano a penalizzare i processi di sviluppo e modernizzazione del Paese.
Dal 2004 al 2008 sono pervenute alle Forze dell’ordine 19.019 denunce per reati legati alla corruzione della Pa: il 42,2% concentrato nelle quattro regioni del Sud più interessate da fenomeni di criminalità organizzata.
Il fatturato della falsificazione di generi alimentari viene stimato dal Censis in 1.153 milioni di euro, con un impatto in termini di mancata occupazione di circa 24.300 unità.

Nel paese in via di sviluppo la corruzione dei politici è sempre più evidente, la crisi è ancora lunga e buia per le famiglie italiane e la giustizia con 3 milioni 688 mila cause pendenti é quanto emerge dal 43° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, infatti, dal 2004 al 2008 sono pervenute alle Forze dell’ordine 19.019 denunce per reati legati alla corruzione della Pubblica Amministrazione.

Analizzando la distribuzione delle denunce per regione emerge come ben il 42,2% (8.017 in valore assoluto) riguarda reati avvenuti nelle quattro regioni del Sud più interessate da fenomeni di criminalità organizzata. Calabria, Puglia e Sicilia sono anche regioni con un tasso di denunce di reati collegati alla corruzione ogni mille dipendenti superiore alla media nazionale (rispettivamente 11,2, 7,7 e 7,5 a fronte di una media nazionale di 7,3).

Se si combina la propensione alla corruzione dei pubblici funzionari con l’enorme mole di risorse provenienti dall’Europa che negli ultimi anni ha raggiunto l’Italia, e in particolare le regioni meridionali, va da sé che uno dei settori in cui si è maggiormente esercitata questa capacità corruttiva è quello delle truffe comunitarie. L’Ufficio europeo par la Lotta Antifrode (Olaf), nel rapporto relativo all’anno 2007, riporta 5.321 casi di irregolarità segnalati all’Unione europea, per un importo totale stimato di 1.048 milioni di euro.

Nello stesso anno il nostro Paese si trova al quinto posto per numero di segnalazioni notificate (1.170), ma al primo per importi irregolari segnalati, pari a 232,5 milioni di euro.

L’analisi dell’insieme delle attività della Guardia di Finanza per gli anni 2007- 2009 evidenzia come nelle quattro regioni patria delle organizzazioni criminali siano stati eseguiti complessivamente 1.192 interventi per contrastare le frodi comunitarie, pari al 42,9% del totale, con il risultato di 1.019 soggetti denunciati (il 64,6% del totale), 56 arrestati (su 59) e 850.759.355 euro di finanziamenti illeciti individuati (pari al 72,2% del totale nazionale). Di questi, il 41,4% è relativo a fondi agricoli e il restante 58,2% a fondi strutturali.

Ma in Italia è in aumento anche la contraffazione alimentare. Il fatturato della falsificazione di generi alimentari viene stimato dal Censis in 1.153 milioni di euro, con un impatto in termini di mancata occupazione di circa 24.300 unità. Nel 2008 le dogane europee hanno sequestrato 2.434.959 prodotti alimentari contraffatti, corrispondenti all’1,4% del totale dei prodotti sequestrati, con un aumento del 26% rispetto al 2007. All’interno del territorio nazionale i Nas hanno sequestrato nel 2008 generi alimentari per un valore complessivo di oltre 159 milioni di euro, in crescita rispetto ai 121 milioni di euro del 2007. E l’Ispettorato centrale per il controllo della qualità, istituito presso il Ministero delle Politiche agricole, ha svolto nel 2008 più di 37 mila ispezioni, controllando quasi 90 mila prodotti e individuando un 5,5% di prodotti irregolari, con 543 notizie di reato, 4.547 contestazioni amministrative e un totale di 539 sequestri per un valore di oltre 181 milioni di euro. Particolarmente lesivo per l’export italiano è il fenomeno imitativo: il mercato dell’italian sounding vale nel mondo circa 60 miliardi di euro.

Anche la crisi nel paese in via di sviluppo si fa sentire, in realtà, il 71,5% delle famiglie italiane ha un reddito mensile sufficiente a coprire solo le spese. Il dato sale al 78,9% al Nord-Est, al 76,7% al Nord-Ovest, al 71% al Centro, al Sud scende al 63,5%. Il 28,5% delle famiglie che hanno avuto difficoltà a coprire le spese mensili con il proprio reddito ha fatto ricorso a una pluralità di fonti alternative, con una miscela che si è dimostrata efficace. Il 41% ha toccato i risparmi accumulati, in oltre un quarto delle famiglie uno o più membri hanno svolto qualche lavoretto saltuario per integrare il reddito, più del 22% ha utilizzato la carta di credito per rinviare i pagamenti al mese successivo, il 10,5% si è fatto prestare soldi da familiari, parenti o amici, l’8,9% ha fatto ricorso ai prestiti di istituti finanziari e il 5,1% ha acquistato presso commercianti che fanno credito. Negli ultimi 18 mesi più dell’83% delle famiglie ha però modificato le proprie abitudini alimentari.
Quali cambiamenti sono stati introdotti? Il 40% ha contenuto gli sprechi, il 39,7% ha cercato prezzi più convenienti, il 34,8% ha eliminato dal paniere i prodotti che costano troppo. Dal punto di vista psicologico, il 36% degli italiani ha subito in questi mesi maggiore stress (insonnia, litigiosità, ecc.) per motivi legati alla crisi (difficoltà lavorative, di reddito, ecc.) e il dato sale a quasi il 53% tra le persone con reddito più basso. Riguardo al futuro, da un’indagine su un campione di famiglie del ceto medio realizzata dal Censis nel novembre 2009 emergono indicazioni su quali siano i soggetti che devono essere aiutati per favorire la ripresa.
Le famiglie con figli (49,7%) e i giovani (48,8%), piuttosto che gli anziani (21,8%), dovrebbero essere nel sociale i destinatari della quota più alta di risorse, visto che sono stati i più penalizzati dalla crisi. Nell’economia, oltre il 33% del campione ritiene importante aiutare la piccola impresa, meno del 5% richiama la necessità di supportare le grandi aziende. Il 57,7% delle famiglie del ceto medio ritiene poi indispensabile ridurre le tasse sui lavoratori dipendenti, il 42,3% è convinto invece che solo la riduzione di imposte e oneri gravanti sulle imprese (ad esempio, la progressiva abolizione dell’Irap) favorirà la ripresa.

Anche la giustizia che i politici vogliono assoggettare per i loro interessi non se la passa bene e i 3milioni 688 mila italiani che attendono giustizia si devono accontentare solo del primato europeo, infatti, il bel paese è il primo Paese europeo per numero di cause pendenti (3 milioni 688 mila), seguita a distanza da Francia (1 milione 165 mila) e Spagna (781 mila). Le disfunzionalità del sistema giustizia continuano a penalizzare i processi di sviluppo e modernizzazione del Paese. Emerge così una domanda di giustizia disposta a rivolgersi al di fuori del sistema «ordinario» pur di avere risposte certe in tempi brevi.
Tra il 2005 e il 2007 le domande di conciliazione presso le Camere di commercio aventi per oggetto controversie tra imprese sono più che raddoppiate e gli arbitrati sono aumentati del 7,1%. Il ricorso ai sistemi extragiudiziali consente non solo di ridurre i tempi di risoluzione delle controversie, ma anche di contenerne i costi, di cui il Censis stima una incidenza media sul fatturato aziendale dello 0,8% con un esborso medio annuo di 3.832 euro per azienda (ovvero una spesa complessiva per il sistema delle imprese pari a 22,9 miliardi di euro).

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