domenica 20 dicembre 2009

Messico: militari e polizia si trasformano in carnefici senza controllo.

La guerra al narcotraffico, 14mila morti ammazzati in due anni, tiene in scacco il paese e diffonde un modus operandi cruento e spudorato, che sfocia nell'illegalità. I militari e la polizia si stanno trasformando in carnefici senza controllo.

In uno scontro con i soldati della Marina messicana, nello stato centrale di Morelos, è stato ucciso Arturo Beltrán Leyva, il capo dei capi del cartello messicano che gestiva con il fratello Alberto.
Lo chiamavano El Barbas. Era uno dei più ricercati in Messico e sulla sua testa pendeva una taglia di 2,3 milioni di dollari. Secondo la Dea Usa, il cartello Beltrán Leyva, nato da una scissione dal famigerato cartello di Sinaloa, riusciva a far girare 120 tonnellate di cocaina.

Nel cuore del paese, dunque, ancora una volta, una manciata di interminabili minuti di fuoco incrociato e lanci di granate, con scene degne dei più cruenti film hollywoodiani, ha piegato una normale serata di dicembre. Eppure, per molte, troppe zone messicane, questa violenza sta diventando normalità.
La guerra al narcotraffico tiene in scacco il paese e diffonde un modus operandi cruento e spudorato, che non fa sconti. E che sfocia nell'illegalità. È come curare una piaga infetta con una soluzione non sterile. I militari, la polizia, gli agenti di sicurezza si stanno trasformando in carnefici senza controllo.

Se fra il gennaio 2008 e novembre 2009, alla guerra della droga vengono attribuite 14 mila morti violente, cifre che superano i paesi in guerra, all'esercito vengono attribuite gravi violazioni dei diritti umani, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziarie, torture e detenzioni arbitrarie. Il tutto nella totale impunità.

Amnesty International ha dedicato a questa grave situazione l'ultima pubblicazione, che dimostra come né le autorità civili né quelle militari indaghino questi crimini, affinché i responsabili di tali e tanti crimini vengano puniti secondo le leggi nazionali e di diritto internazionale.

In particolare, Amnesty si riferisce a cinque casi di gravi violazioni dei diritti umani, che coinvolgono 35 persone. Aguzzini, un manipolo di soldati.
Si tratta di episodi svoltisi tra il 2008 e l'agosto 2009 e nascosti da un velo di indifferenza e connivenza. E, dai dati raccolti, emerge che questa tragica tendenza è in aumento. Negli ultimi tre anni, la Commissione nazionale dei diritti umani ha portato a termine decine di indagini che hanno portato a 45 raccomandazioni su casi di violazione dei diritti umani per mano dei membri dell'esercito.

A Ciudad Juárez, culla di omicidi e delitti per mano dei narcos, la Commissione statale dei diritti umani ha ricevuto negli ultimi 18 mesi, 22 denunce di sparizioni forzate e omicidi in cui sono coinvolti i militari. E si tratta di cifre che sono ancora lontane dalla realtà. E, ironia della sorte, quasi tutti i casi sono avvenuti mentre i soldati erano incaricati di arginare la violenza prodotto dal narcotraffico.

Violenza chiama violenza. Dall'inizio del 2007 e il luglio 2009, infatti, anche 73 militari sono stati a loro volta ammazzati dai membri delle bande criminali. È una guerra senza esclusione di colpi, dove tutto è reso lecito dall'istinto di sopravvivenza.

"Il lavoro di far rispettare la legge in una giungla simile è sicuramente difficile - commenta Amnesty - per tutti coloro che hanno la responsabilità di migliorare le condizioni della sicurezza pubblica. Ma il delitto non si combatte con il delitto e la gravità di una crisi non può convertirsi nel giustificare l'uso di metodi illegali, né in un pretesto per chiudere gli occhi davanti a palesi e gravi abusi".

Per questo Amnesty intende accendere i riflettori su questa tragedia tutta messicana, per chiedere alle autorità di reagire con misure efficaci a riportare legalità e giustizia. Il Messico è firmatario di tutte le leggi internazionali e regionali in difesa dei diritti umani, e la richiesta è di metterle in pratica alla lettera.

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