A distanza di otto anni, il crack Cirio ha una paternità, anche se condivisa: 9 anni a Cragnotti, 4 a Geronzi, più altri responsabili individuati dai giudici della prima sezione penale del tribunale di Roma.
Unicredit (quale responsabile civile) e gli imputati riconosciuti colpevoli dovranno versare un risarcimento di 200 milioni di euro in via provvisionale.
Circa 35mila risparmiatori videro andare in fumo oltre 1.125 milioni di euro.
Con il crack Cirio, seguito da quello di Parmalat, Giacomelli, Finmek, Finmatica ecc., emerse drammaticamente l’assoluta inconsistenza dell’attività di controllo e della autorevolezza della Consob nel decennio precedente. Secondo la Consob, che, nel 2005 aveva terminato le ispezioni negli istituti di credito che piazzarono i titoli ai risparmiatori, i bond Cirio non furono mai inseriti nel paniere di offerta delle banche, ma si sarebbero improvvisamente materializzati nei depositi a custodia e nei portafogli della clientela per “smaterializzarsi” durante le “accurate” ispezioni annunciate dopo l’esplosione del caso.
Nonostante i tempi della giustizia italiana, nonostante la inconsistenza delle azioni di vigilanza della Consob, Adusbef (parte civile nel processo) plaude alla ritrovata paternità del crack Cirio ed auspica che le “ricerche” sugli altri crack, ancora orfani, abbiano gli stessi risultati.
Fonte: http://www.adusbef.it
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