mercoledì 30 novembre 2011

BERLINO TRA EUROBOND E UE

di Emanuela Pessina

BERLINO. Secondo alcune agenzie stampa, i capi di Governo dei 27 Paesi dell'Unione europea si incontreranno l'8 dicembre a Bruxelles per una cena informale di lavoro in cui si discuterà di alcune modifiche al trattato Ue. Una cena, spiegano alcune fonti, che vuole concedere ai leader europei più tempo per discutere di questioni oscure quali la stabilizzazione delle banche e la creazione di un muro di protezione che limiti la crisi del debito: problematiche tanto gravi da assomigliare sempre più a vere e proprie sfide, in un’atmosfera di assoluta e palese disarmonia fra i capi di Stato europei. Il Consiglio europeo, quello ufficiale, è previsto invece per il giorno dopo: ma che questo nuovo incontro fornisca una risoluzione definitiva alla crisi, in realtà, non se l’aspetta più nessuno.

La notizia arriva pochi giorni dopo i rumors che vedevano la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy impegnati nella stesura di un patto di stabilità da applicare solo ad alcuni Stati secondo il modello degli accordi di Schengen: uno stratagemma pensato per evitare le eventuali resistenze di certi Paesi. Secondo questo trattato “esclusivo”, in pratica, solo gli Stati che godono di un rating tripla-A potrebbero essere messi in condizione di emettere titoli di debito autonomamente.

Diffusa sabato dal quotidiano popolare tedesco Bild, e ripresa poi da tutta la stampa internazionale, l’indiscrezione non ha mancato di suscitare ovunque indignazione e incertezza. La prospettiva di dividere Eurolandia ha infatti messo in luce ancora una volta la debolezza della moneta unica, e cioè la mancanza di una coesione politica di base che permetta ai suoi leader di prendere decisioni economiche sicure senza ricorrere a continui compromessi. La moneta unica si scopre sempre più simile a un palazzo di vetro e acciaio costruito su un terreno ad alto rischio sismico, caratterizzato da forze interne che premono. Anche il trattato esclusivo, di per sé, non è che una soluzione di mezzo, perché prova a ravvicinare la politica economica della Germania a quella del resto della zona euro, forse l’attrito principale che mina la costruzione della moneta unica.

Perché il nodo cruciale della crisi dell’euro, in realtà, si è ridotto all’intransigenza di Angela Merkel (e del suo governo) nei confronti degli Eurobond, da molti considerati l’unica ricetta valida contro la crisi del debito sovrano. La posizione della Cancelliera è determinata: no agli Eurobond senza un controllo internazionale che possa garantire il rispetto delle regole da parte dei singoli Paesi. A spiegare la visione tedesca ci ha pensato il presidente della Bundesbank tedesca, Jens Weidmann, che ha ammesso di non essere contro gli Eurobond a priori: l’Europa si potrà assumere responsabilità comuni solo alla fine di un processo politico di integrazione degli Stati membri. 

Il processo indicato da Weidmann presuppone innanzitutto l’unificazione fiscale e un controllo comune sui bilanci dei singoli stati della zona euro. In particolare, secondo il presidente della banca federale tedesca, l’istituzione Europa dovrebbe avere il diritto di intervenire anche drasticamente nei singoli Paesi quando questi non rispettassero le regole. Anche se, ha ammesso Weidmann, dopo una rigida politica che crei una maggiore convergenza economica tra i membri dell'Eurozona, gli Eurobond potrebbero non essere più necessari. Difficile capire la visione della Germania sia un ulteriore compromesso per guadagnare tempo, quindi, o se venga proposta come soluzione concreta.

A non concedere nulla all’intransigenza dalla Germania, neppure il beneficio del dubbio, è la stampa internazionale. “Più che un’idea è un´ideologia, che nella cultura economica nazionale ha radici lontane, risalenti al periodo fra le due guerre”, ha commentato Barbara Spinelli su La Repubblica. “È la cosiddetta dottrina della «casa in ordine» (Haus in Ordnung), secondo la quale ogni Stato deve prima raddrizzare le storture e far pulizia nel proprio recinto, e solo dopo può contare sulla cooperazione e la solidarietà internazionali”. Per Anatole Kaletsky del Times di Londra “la Germania è nuovamente in guerra con l’Europa, almeno nel senso in cui la politica tedesca si è posta traguardi che sono tipici delle guerre, come la dislocazione dei confini internazionali e l’assoggettamento di altri popoli”.

Ai giornalisti e agli economisti internazionali viene spontaneo associare la rigidezza della Germania alla sua storia, ma forse non si considera che quello che la Cancelliera pretende è ancor’oggi alla base della società tedesca. Nella sua struttura sociale, la Germania punta tutto sul rispetto reciproco tra i singoli individui, comunemente disciplinato dalle regole del gioco: e il rispetto delle regole è, in questo senso, insito nella società e nelle abitudini umane. Forse, la Germania sta solo cercando di imporre un modello di funzionamento. Che tutta l'Europa ci debba riconoscere é altra cosa.


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