mercoledì 30 novembre 2011

L’UNICREDIT HA LE MANI SPORCHE DI CARBONE

Copertina Climate Killer Banks
Un nuovo rapporto delle Ong rivela la portata del coinvolgimento della banca italiana nel business del combustibile fossile più inquinante.

L’Unicredit negli ultimi cinque anni ha erogato oltre cinque miliardi di euro di finanziamenti per il settore dell’estrazione del carbone, il combustibile fossile che ha un impatto maggiore in relazione ai cambiamenti climatici.

A rivelarlo un rapporto presentato oggi a Durban dalla CRBM e da altre Ong internazionali, coordinate dalla tedesca Urgewald, nell’ambito della diciassettesima Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici. Lo studio, dal titolo “Bankrolling Climate change”, ha preso in esame il portafoglio prestiti dei 100 principali istituti di credito del Pianeta. Dal 2005, ovvero da quando è entrato in vigore il protocollo di Kyoto, le banche hanno finanziato le 31 più importanti aziende estrattive e i 40 produttori di energia tramite carbone con una cifra di poco superiore ai 230 miliardi di euro.

Nella “speciale classifica” stilata dalle Ong, con i primi 20 istituti di credito definiti “killer del clima”, l’italiana Unicredit si piazza quindicesima. Nelle prime tre posizioni troviamo tutte banche statunitensi: JP Morgan (16,5 miliardi), Citibank (13,7 miliardi) e Bank of America (12,6 miliardi). Nella top 20 sono annoverati anche istituti di credito di Regno Unito, Germania, Francia, Svizzera, Cina e Giappone.

Val la pena rammentare che le centrali a carbone hanno dei costi di realizzazione molto elevati. Per uno in grado di produrre 600 megawatt servono almeno due miliardi di dollari, per cui l’accesso al credito da parte delle aziende del settore diventa un elemento fondamentale per continuare un business lucroso quanto inquinante. Non a caso tra il 2005 e il 2010 la portata dei ifnanziamenti è raddoppiata.

È poi singolare come tutte le banche ai primi posti della classifica in passato si siano affrettate a fare delle promesse molto ambiziose in termini di lotta ai cambiamenti climatici, paventando l’adozione di politiche societarie evidentemente disattese dalla pratica quotidiana. I Carbon Principles e i Climate Principles, iniziative di natura volontaria, hanno così mostrato i loro limiti, proprio perché mancando qualsiasi tipo di vincolo diventano una mera dichiarazione d’intenti senza alcun costrutto.

Nonostante Unicredit si impegni a ridurre le sue emissioni di CO2 del trenta per cento entro il 2020”, ha affermato Elena Gerebizza della CRBM, presente alla conferenza sul clima a Durban, “la banca continua indisturbata a finanziare il business del carbone, ed i peggiori progetti oggi sul mercato. Come ad esempio in Slovenia, dove la realizzazione dell’impianto TES6 vincolerà per i prossimi 40 anni ben l’80 per cento delle emissioni permesse al paese secondo gli accordi europei e sottraendo soldi ed opportunità per lo sviluppo del settore rinnovabile. Gli impegni a parole della Banca sono solo fumo negli occhi”.

Fonte: www.crbm.org 

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