sabato 5 novembre 2011

HPV: LE DONNE ITALIANE CHIEDONO UN’INFORMAZIONE COMPLETA E AUTOREVOLE SU PATOLOGIE E VACCINAZIONE

Vaccinato il 62,2% delle 14enni, ma solo il 2,9% delle donne con più di 18 anni. Per l’81% la vaccinazione gratuita andrebbe estesa alle ragazze più grandi, per il 78% anche ai maschi.

La maggior parte delle donne italiane effettua con regolarità le visite ginecologiche (il 66,5% almeno una volta l’anno) e il Pap test (54%). Ma l’informazione sulla prevenzione del papillomavirus umano (Hpv), uno dei nemici della loro salute più subdoli e diffusi, resta ancora generica, parziale e superficiale. È quanto emerge da una ricerca del Censis che ha coinvolto un campione nazionale di 3.500 donne dai 18 ai 55 anni.

Un’informazione ancora parziale e superficiale. L’80% dichiara di sapere che cos’è l’Hpv (la percentuale è più elevata tra le donne più istruite, residenti nel Centro-Nord del Paese e tra le madri che hanno una figlia nella fascia d’età interessata dalle campagne pubbliche di vaccinazione). Il 94% delle donne informate sa che l’Hpv è responsabile di diversi tumori, soprattutto di quello al collo dell’utero, mentre l’83% sa che può causare altre patologie dell’apparato genitale. Ma meno della metà collega il virus ai condilomi genitali e quasi il 70% ritiene erroneamente che colpisca solo le donne. L’8% crede che sia il virus responsabile dell’Aids, il 7% dell’epatite. Inoltre, prevale l’idea che il virus si diffonda solo mediante il rapporto sessuale completo (67,5%) e che pertanto l’uso del preservativo rappresenti una protezione sufficiente. Solo meno del 20% sa che non è possibile eliminare completamente i rischi di contagio quando si è sessualmente attivi.

Il ruolo centrale delle campagne di vaccinazione. Ben 4 donne su 5 sostengono che le informazioni che circolano sull’Hpv e la vaccinazione non sono chiare. In effetti, le principali fonti d’informazione sono i media: stampa e televisione vengono citate dal 30% circa delle donne. Piuttosto marginale risulta il ruolo dei professionisti della salute, tra i quali prevale comunque il ginecologo (12%). Tuttavia, tra le madri che hanno fatto vaccinare le figlie dai 10 ai 15 anni emerge in modo netto il ruolo svolto dai servizi vaccinali delle Asl, che nel 62% dei casi hanno rappresentato la fonte d’informazione principale al momento della chiamata diretta per la proposta di vaccinazione.

L'esigenza di un'informazione completa e autorevole. La campagna vaccinale gratuita ha un ruolo centrale nell’informazione, sia sull’Hpv che sul vaccino, e finisce per influenzare le convinzioni delle italiane. Le donne intervistate tendono a confondere le scelte di sanità pubblica con le indicazioni dei vaccini, per cui credono che questi siano efficaci solo nelle bambine 11enni, in quanto sono le uniche a cui la campagna gratuita si rivolge. E la maggioranza delle madri con figlie vaccinate, di fronte alla proposta della vaccinazione gratuita per le adolescenti, è stata indotta a ritenere che il problema dell’Hpv non riguardi gli uomini.

Quante si sono vaccinate? Al momento la quota di bambine, ragazze e donne italiane fino a 55 anni che hanno effettuato il vaccino è pari complessivamente al 7,2%. Il dato è molto variabile a seconda dell’età e rispecchia le scelte sull’accesso gratuito alla vaccinazione per le 11enni compiute a livello nazionale e regionale. Risulta vaccinato il 62,2% delle 14enni (cioè le ragazze che avevano 11 anni nel 2008, anno dell’avvio effettivo delle campagne vaccinali). La quota decresce tra le attuali 13enni (59,9%) e 12enni (54,3%), segnalando così una flessione nel tempo delle adesioni alle campagne di vaccinazione gratuita. Scarsa è invece la diffusione della vaccinazione tra le donne adulte e al di fuori del regime di gratuità: la quota delle donne di 18 anni e oltre vaccinate è pari appena al 2,9%.

L’atteggiamento positivo verso i comportamenti di prevenzione. L’atteggiamento prevalente nei confronti della vaccinazione è comunque positivo. Il 30% delle donne dice di non essere interessata, né per se stessa né per le figlie. E solo il 5% si dichiara contraria alle vaccinazioni perché le ritiene pericolose in generale. Il 28% è favorevole solo alle vaccinazioni obbligatorie. La posizione più diffusa (44%) è quella prudenziale, che prescinde da prese di posizione favorevoli o contrarie alle vaccinazioni in linea di principio, ed è orientata a valutare le singole situazioni facendosi guidare dal consiglio esperto di un medico. Anche la valutazione sulle campagne di vaccinazione gratuita è positiva: per l’81% dovrebbe coinvolgere anche le ragazze più grandi, per il 78% andrebbe estesa ai coetanei di sesso maschile.

Il rischio di un calo di attenzione sul tema. In conclusione, le donne italiane si dimostrano inclini alla prevenzione delle malattie dell’apparato riproduttivo e approcciano la vaccinazione contro l’Hpv con un atteggiamento aperto, in cui però è fondamentale l’accesso alle informazioni e la possibilità di confrontarsi con un esperto in grado di guidarle nella scelta. A fronte della disponibilità generica di informazioni veicolate dai media e del ruolo marginale svolto dai medici, l’occasione della campagna vaccinale assume una funzione strategica. L’informazione specifica sull’Hpv e sulla vaccinazione viaggiano insieme, e solo le donne che vi hanno già partecipato sembrano aver trovato un interlocutore autorevole e affidabile nel servizio vaccinale delle Asl. Solo una fascia della popolazione femminile, quella direttamente coinvolta nella vaccinazione gratuita per le adolescenti, viene raggiunta dall’informazione in modo corretto, ma la progressiva riduzione del numero delle ragazze vaccinate nelle fasce d’età che vi possono accedere gratuitamente dimostra che c’è stato un calo di attenzione sul tema.

Che fare? Affinché la prevenzione dell’Hpv si realizzi in modo efficace, e si estenda alla popolazione femminile e maschile per cui esiste l’indicazione, anche attraverso l’accesso in regime di prezzo agevolato, è necessario un impegno ulteriore da parte delle istituzioni. Prima di tutto attraverso il potenziamento della funzione informativa che le italiane attribuiscono al Servizio sanitario nazionale. Il ruolo svolto in modo efficace dai servizi vaccinali delle Asl deve essere sviluppato ed esteso alle donne che non sono target della campagna gratuita. E non possono non essere coinvolti anche i medici curanti, dal ginecologo al pediatra, chiamati a svolgere il loro ruolo di guida esperta: possono rappresentare una fonte d’informazione strategica e «vicina» per favorire una maggiore diffusione tra le donne italiane dei comportamenti di prevenzione delle patologie Hpv-correlate.


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