sabato 26 novembre 2011

PIÙ QUALITÀ DEL RESTAURO CON PRODOTTI ECOLOGICI. LEGAMBIENTE TRA I PROMOTORI DI “RESTAURO SOSTENIBILE”, IL CONVEGNO PER LA SALUTE DELL’ARTE E DEI RESTAURATORI

Obiettivo: ridurre i rischi legati all’uso delle sostanze chimiche.

Ridurre i fattori di rischio per la salute dei restauratori e scongiurare l’inquinamento ambientale: è questo l’appello lanciato durante il convegno sul Restauro sostenibile, svoltosi oggi presso l’Orto Botanico di Roma, promosso - in occasione dell’Anno Internazionale della Chimica - dal Centro di Ricerca per le Scienze Applicate alla Protezione dell’Ambiente e dei Beni Culturali e del Dipartimento di Igiene "G. Sanarelli"dell’Ateneo Sapienza, Chimica Verde, i sindacati del settore Feneal Uil - Filca Cisl - Fillea Cgil, IA-CS e Legambiente.

Il convegno ha affrontato i temi della conservazione responsabile dei beni culturali e fatto il punto sulle nuove metodologie per un restauro sostenibile, alla luce dei nuovi passi avanti fatti dalla ricerca su materiali e sostanze a basso impatto per la salute e per l’ambiente.

Il contatto diretto, in ambienti diversi, con polimateriali di differente grado di conservazione, sottopone l’operatore addetto alla tutela del bene, a rischi multipli: chimici, fisici e microbiologici. Ancora oggi, per la mancanza di un’adeguata informazione e per i vincoli delle leggi di mercato, gli operatori utilizzano reagenti e strumenti di vecchia generazione, che non garantiscono la salute del restauratore e la tutela dell’ambiente. Infatti nonostante la ricerca abbia fatto grandi passi avanti nell’innovazione di prodotti e tecniche, le nuove pratiche faticano a decollare.

Tra le prime cause la mancanza di una puntuale informazione agli operatori del settore e lungo tutta la filiera del restauro. Nel corso del convegno gli esperti hanno evidenziato una serie di criticità presentando le proposte per risolverle e ottenere un restauro ecosostenibile.

La prima è quella di stimolare tutti gli attori coinvolti nella filiera dei materiali da restauro, - produzione, utilizzo e smaltimento – a contribuire con l’informazione, la ricerca e la prassi alla diminuzione degli impatti sia ambientali sia quelli sulla salute. A cominciare proprio da un’attenta informazione e aggiornamento sui sistemi di lavoro alternativi più sostenibili.

La seconda proposta è quella di: risolvere la precarietà diffusa nel settore, un elemento che aggrava i rischi per la salute dei lavoratori. In Italia, ricordano gli esperti, sono circa 30.000 gli operatori coinvolti nell’attività di restauro, per l’80% donne, con un’età media di 33 anni. Il 52% lavora con contratti di tipo autonomo o parasubordinato, che spesso si scoprono essere veri e propri lavori dipendenti. Il restante 48% lavora prevalentemente con contratti a tempo determinato. La precarietà diffusa dunque è un elemento ulteriormente aggravante rispetto al sistema di tutela del lavoro e della salute, che dovrebbe essere garantita ad ogni operatore.

Ne consegue che nella gestione del rischio chimico diventa più difficile riuscire a riconoscerne gli effetti nel breve e lungo periodo. Inoltre, la progressiva diminuzione dei fondi alla cultura ha generato una riduzione costante del numero degli appalti in termini di quantità e d’importo medio, che mette in ginocchio le imprese specializzate nel settore, costrette a contrarre i costi e i tempi di esecuzione a discapito della qualità degli interventi e delle condizioni di lavoro.

Nel 2010 i bandi di gara sono stati aggiudicati per il 25% al prezzo più basso, con un ribasso medio intorno al 20% e per il 60% con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ma addirittura con un ribasso medio del 24,4%. Se si considera che quasi la totalità delle opere sono sotto soglia, cioè affidate direttamente senza gara o con trattativa privata, è evidente che la mancanza di trasparenza rende più difficile vigilare sull’applicazione delle regole che escluderebbero dal ribasso i costi della sicurezza.

La terza proposta intende definire le scelte coinvolgendo committenza, imprese, operatori e gli stessi produttori dei materiali, con l’obiettivo è orientare il settore all’utilizzo di prodotti meno pericolosi e a metodi ed organizzazione del lavoro adeguati. L’attività del restauro, dunque, deve sempre più guardare alla sostenibilità convertendo la gestione delle attività di tutela, così come quella del recupero e della ristrutturazione dei numerosi centri storici italiani, verso un sistema che rispetti l’uomo e l’ambiente. Una scelta attuale, economicamente vantaggiosa e soprattutto indispensabile.

Infine tra gli esperti è emersa la volontà di costituire un vero e proprio tavolo tecnico, che in modo stabile e da subito offra ai Ministeri preposti il proprio contributo e le proprie competenze.

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