domenica 18 dicembre 2011

HO LASCIATO IL CUORE A ZUCCOTTI PARK

Ho lasciato il cuore a Zuccotti Park
di Caterina Amicucci
L’appuntamento è alle 12 a Duarte square, la piazza dove gli attivisti hanno ripiegato temporaneamente il 15 novembre dopo essere stati sgombrati da Liberty plaza

L’obiettivo del raduno: rioccupare il piccolo giardino di fronte alla sede del Tribeca Film Festival. Lo slogan della giornata è “la nostra voce ha bisogno di spazio”. L’area appartiene alla chiesa di Trinity che, dopo aver sostenuto la protesta, ha opposto un fermo rifiuto alla richiesta degli attivisti di ospitare l’accampamento sul proprio terreno. Il diniego ha suscitato un acceso dibattito nel mondo ecclesiastico newyorkese, altri prelati si sono schierati contro questa posizione ed hanno promesso di essere presenti.

Il piccolo parco è completamente transennato e circondato dalla polizia. I manifestanti si radunano lentamente in un’atmosfera festosa e creativa. Musica, performance teatrali, cartelli e striscioni. Verso le 15, sono quasi duemila le persone che in maniera disordinata affollano la zona. I manifestanti tirano fuori due scale di legno e cominciano a scavalcare la recinzione. La polizia comincia metodicamente a dispiegarsi intorno alla recinzione, centinaia di uomini e mezzi mobilitati. Le battute tra polizia e manifestanti sono di una disarmante gentilezza, incomprensibile ai nostri occhi. Intanto in un angolo un gruppo di manifestanti taglia la catena di un cancello, ma invece di un’irruzione collettiva sono solamente una trentina le persone che varcano la porta e si siedono in maniera pacifica nel giardino aspettando lo scontato intervento della polizia, gli altri retrocedono. Non solo nessuno varca il cancello aperto ma alcuni ripercorrono la scala nella direzione opposta, per abbandonare l’area prima dell’intervento delle forze dell’ordine. 

Tra gli occupanti un vescovo e due preti, accanto ad alcuni punk, studenti e gente comune. Tutti rigorosamente ammanettati con perizia dai poliziotti. Chiediamo spiegazioni sul perché l’irruzione non è stata collettiva. “qui la gente non è abituata, non sa cosa può succedere quando si viene arrestati. La polizia di New York ha tecniche sofisticate e può arrestarci tutti se vuole. Dobbiamo investire di più nella formazione all’azione diretta, per agire in maniera unita e di massa come voi sapete fare in Italia” ci dice Tina, attivista navigata. Se solo sapesse!

I 30 coraggiosi vengono arrestati con  il sorriso sulla bocca, al grido di “we love you, grazie per il vostro coraggio”. Dopo una pausa di musica e balli parte il microfono umano. Le frasi ripetute in coro per assicurarsi che tutti sentano senza l’aiuto della tecnologia. La proposta è : andiamo sotto casa del prete. Un corteo spontaneo si snoda sui marciapiedi. Intorno il traffico di Manhattan nel giorno dei saldi con sconti fino all’80%. La strada del prete è chiusa e militarizzata. Due giri dell’isolato al grido di “Siamo il 99%” e il corteo è naturalmente dissolto. Ci rifugiamo in un caffè per recuperare un po’ di temperatura – qui il freddo è tagliente –  e condividere le impressioni della giornata. Interessante e così difficile da decodificare. 

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