martedì 10 gennaio 2012

UNICREDIT: ADUSBEF DENUNCIA NORME CAPESTRO AUMENTO CAPITALE E CLASS ACTION CONTRO VERTICI,DA GHIZZONO A NICASTRO E FIORENTINO

BANCHE: ADUSBEF STUDIA CLASS ACTION ED AZIONE RESPONSABILITA’  CONTRO MANAGER UNICREDIT E LA CONSOB, A TUTELA PICCOLI AZIONISTI DEFRAUDATI DA MODALITA’ INIQUE AUMENTO DI CAPITALE. SU AUMENTO CAPITALE, ANDAMENTO DEI TITOLI, DIRITTI ED OPZIONI E LORO COPERTURE CON RICORSO STRUMENTI DERIVATI, ADUSBEF HA PRESENTATO ESPOSTI DENUNCE ALLE PROCURE DELLA REPUBBLICA

Adusbef ha affidato ai propri legali di studiare le modalità capestro di aumento di capitale, penalizzanti per i piccoli azionisti, approvati da una Consob contigua agli interessi dei banchieri, che ha prodotto un ulteriore crollo delle azioni arrivate al minimo storico, per evidente incapacità gestionali di un management che ha depredato migliaia di piccoli investitori, distrutto valore e capitalizzazione, passato in pochi anni da 100 miliardi di euro ai tempi della fusione con Capitalia a poco più di 8 miliardi di euro odierni.

L’operazione di aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro, avallato dalla Consob, che prevede l’emissione di 2 nuove azioni per ogni vecchia posseduta e la possibilità di esercitare i diritti fino al 27 gennaio, molto oneroso (soprattutto per i piccoli investitori) con il titolo Unicredit molto diffuso tra i piccoli risparmiatori, ha indotto- per l’enorme mole di diritti emessi, i piccoli investitori a vendere almeno una parte delle opzioni, per poter poi seguire l’aumento di capitale. Solo che per avere una nuova azione, oltre al diritti, bisognerà versare 1,943 euro, quindi al momento vendendo tre opzioni (0,66 euro) si riuscirebbe a racimolare abbastanza per sottoscrivere un nuovo titolo.

Tale meccanismo di spirale viziosa, ha innescato un circolo vizioso in base al quale, più crollano i diritti, più il ricavato della vendita delle opzioni diventa esiguo, rendendo difficile per i retail seguire l’aumento nelle stesse proporzioni, inducendo i piccoli a vendere i diritti per fare cassa ed avere le risorse con cui seguire l’aumento, ed i grandi investitori a cedere le opzioni con la scommessa di farle crollare per riacquistarle a prezzi più bassi, consentendo enormi guadagni sugli arbitraggi speculativi e la differenza di prezzo tra azione ed opzione. 

Ieri infatti, nel primo giorno di trattazione dei diritti che permettono agli investitori di partecipare all’aumento di capitale, il mercato ha venduto opzioni in massa (arrivando alla sospensione per eccesso di ribasso con un segno teorico meno del 49%) per rilevare i nuovi titoli, determinando così anche il crollo ulteriore del 12,81% delle vecchie azioni Unicredit trattate in Borsa, arrivate ieri a 2,2860 euro ad azione, dopo un crollo del 54% negli ultimi 12 mesi.

Tale ben architettata frode a danno dei piccoli azionisti, ha indotto l’Adusbef a presentare esposti denuncia alle Procure della Repubblica per verificare se le modalità di aumento di capitale ed il nulla osta della Consob, che non doveva permettere di defraudare i diritti dei piccoli risparmiatori, abbiano configurato condotte penalmente rilevanti a danno degli azionisti minori, costretti a ben tre aumenti di capitale negli ultimi anni, puntualmente andati in fumo per precise responsabilità di un management strapagato ed attaccato a dorate poltrone, che oltre ad aver appioppato derivati avariati, ha fatto ricorso a tali scommesse anche per sostenere l’ultimo aumento di capitale.

Adusbef ha chiesto infine alle Procure,se lo scatto dei diritti di Unicredit, che oggi 10.1.2012 in apertura e dopo il crollo di ieri, hanno subito un rialzo del 21,38% a 0,57 euro,mentre le azioni guadagnano un più contenuto +0,87% a 2,3 euro, non abbia configurato abuso, turbativa di mercato ed insider trading sui titoli oggetto di aumento di capitale. 

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