di Luigi Nervo
Armare i ribelli in Libia è la soluzione estrema per abbattere Gheddafi, ma resta comunque una reale possibilità. È questo il senso del discorso del presidente americano Barack Obama che ha difeso l'intervento militare: «È l'unico modo di fermare il bagno di sangue». Nel discorso trasmesso in diretta televisiva ha parlato di libertà e di democrazia come aveva già fatto il suo predecessore Gerorge W. Bush prima della Seconda Guerra del Golfo. Ma a differenza di allora intravede alcune variazioni: «Il cambiamento di regime ha richiesto otto anni, migliaia di vite americane ed irachene, e circa mille miliardi di dollari – ha spiegato – Non è qualcosa che possiamo permetterci di ripetere in Libia». E ha aggiunto: «Un massacro avrebbe macchiato la coscienza del mondo, ho rifiutato di attendere le immagini dei massacri e delle fosse comuni prima di intervenire».
Ha anche parlato di Gheddafi come di un uomo che ha ormai le ore contate: «Grazie alle forti pressioni, non solo militari, ci aspettiamo che Gheddafi ceda e alla fine lasci il potere – è stato uno dei passaggi del discorso – Oltre ad aver imposto una no fly zone puntiamo a proteggere i civili con una serie di strumenti politici e diplomatici, come le sanzioni, tutti elementi che puntano a porre fine al regime libico».
L'ipotesi di armi ai ribelli è stata accolta anche dal segretario di Stato Hillary Clinton: «La risoluzione Onu – ha detto – permetterebbe di farlo». E anche alcuni esponenti repubblicani sono dalla parte del presidente in questo frangente: è il caso del capogruppo repubblicano alla Camera John Boehner che ha definito «utile» l'intervento di Obama. Ma l'opposizione sembra spaccata e sia John McCain che Sarah Palin hanno criticato duramente il Presidente accusandolo di non essere andato fino in fondo nel tentativo di cacciare Gheddafi.
Ma anche in campo internazionale ci sono molte divisioni. Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen ha detto che l'Alleanza Atlantica è stata mobilitata in Libia «per proteggere le popolazioni e non per armarle». E il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov ha criticato la posizione fortemente interventista di Parigi: «Poco fa il ministro degli Esteri francesi ha detto che Parigi è disposta a discutere con i partner della coalizione le forniture di armi per l'opposizione libica – e ha aggiunto – Noi su questo siamo pienamente d'accordo con il segretario della Nato». Il timore è la presenza di uomini di Gheddafi e militanti di Al Qaeda infiltrati tra le file dei ribelli. Lo ha fatto notare il comandante della Nato in Europa James Stavridis: «Stiamo esaminando attentamente il volume, la composizione, le personalità, per capire chi sono i leader di queste forze di opposizione».
Intanto dalla Libia Mahmoud Shammam, portavoce del Consiglio nazionale transitorio, chiede giustizia per il suo popolo: «Gheddafi va processato per crimini contro l'umanità. Niente scambi indecenti, niente esili dorati macchiati del sangue dei nostri martiri. Noi chiediamo un processo politico, siamo consci che la soluzione non è militare e ribadiamo che va affidata ai libici, ma non consentiremo mai che Gheddafi e la sua famiglia possano esserne parte». E non lesina una frecciata al Governo italiano: «Il problema è che Berlusconi è stato troppo amico di Gheddafi. Adesso avete riaperto il consolato di Bengasi e fate grandi promesse di amicizia. Vediamo».
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