giovedì 31 marzo 2011

PROCESSO BREVE E PRESCRIZIONE, UN PO’ DI CHIAREZZA

Scritto per noi da Barbara Indovina*

Il ddl n. 1880 presentato per la prima volta il 12 novembre 2009 intitolato "Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi" - in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - approvato dal Senato della Repubblica il 20 gennaio 2010 è tornato ieri, dopo oltre un anno “di giacenza” dall’approvazione del primo ramo del Parlamento, alla Camera dei deputati per la discussione.

Il testo del provvedimento, profondamente modificato nella sostanza, passa all’esame dell’Assemblea con la relazione dell’onorevole Maurizio Paniz.

Innanzi tutto balza all’evidenza la disposizione di cui all’art. 3 che recita “modifiche all’art. 161 del codice penale”: a pochi anni dall’entrata in vigore della c.d. “legge Cirielli”, legge che ha radicalmente mutato l’istituto della prescrizione (ossia della causa di estinzione del reato per il decorrere di limiti temporali), il legislatore modifica ulteriormente le disposizioni circa i termini necessari per poter dichiarare prescritto un reato.

L’istituto dell’interruzione della prescrizione ossia, più semplicemente, dell’allungamento dei termini di prescrizione a seguito di determinati atti o fatti che ne interrompono la decorrenza, con la Legge Cirielli veniva differenziato a seconda della incensuratezza o meno del prevenuto: da un minimo di ¼ per gli incensurati fino ad un aumento apri al doppio del temine ordinario per le persone dedite alla delinquenza.

Facciamo un esempio: il termine di prescrizione del reato di concussione (punito con pena da 4 a 12 anni) è pari al massimo della pena edittale ossia, nel nostro caso, 12 anni; orbene alla luce del disposto della Legge Cirielli l’interruzione della prescrizione (ad esempio provocata dalla pronuncia della Sentenza di primo grado) aumenta per il soggetto incensurato a 15 anni (12 anni più un quarto = 15 anni) mentre per il delinquente abituale tale termine sarà aumentato fino a 24 anni. 

Orbene, l’emendamento proposto ieri consentirà aumenti differenti: in particolare per l’incensurato il tempo necessario a prescrivere non sarà più di ¼ ma di 1/6 e, contestualmente, viene introdotto il “nuovoaumento di ¼ per i casi recidiva semplice (ossia per chi ha già commesso in precedenza un altro reato): quindi, riprendendo l’esempio poc’anzi fatto, in caso di imputazione per concussione il termine prescrizionale in caso di soggetto incensurato muterebbe da 15 anni (12 anni + ¼ ovvero 3 anni) a 14 anni (12 anni + 1/6, ovvero 2 anni). 

Stando così le cose sarà introdotta, quindi, la tanto contestata norma proposta dall’onorevole Paniz circa la ulteriore diminuzione dei termini prescrizionali per i soggetti incensurati: tale modifica processuale si applicherà ai processi per i quali, alla data di entrata in vigore della legge, non sia stata pronunciata sentenza di primo grado

E’ il successivo art. 5 che è completamente difforme da quanto inizialmente presentato e lo si evince dalla lettura del titolo della norma che muta da “Estinzione del processo per violazione dei termini di durata ragionevoli” a “Durata ragionevole del processo e obbligo di segnalazione".  

Non più, quindi, l’introduzione del c.d. “processo breve” ma dell’obbligo di segnalazione in capo al dirigente dell’ufficio giudiziario di comunicare al Ministero della Giustizia e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione circa la “lentezza” del giudice procedente ad emettere determinati provvedimenti: 

- 3 anni dalla richiesta di giudizio del PM alla sentenza di primo grado

- 2 anni dalla sentenza di primo grado a quella di appello

- 1 anno e 6 mesi dalla sentenza di secondo Grado alla sentenza di Cassazione

- 1 anno dal provvedimento della Cassazione che demanda al Giudice di merito un nuovo giudizio

Sparisce, quindi, la parte prevista nel testo approvato al senato un anno fa secondo la quale il decorso dei sopracitati termini avrebbe comportato l’estinzione del procedimento per violazione della durata ragionevole del processo: istituto, peraltro nuovo poiché l’estinzione del processo è propria del giudizio civile conoscendo il processo penale unicamente gli istituti dell’estinzione della pena e del reato. 

In ogni caso, i termini indicati dal legislatore sono, allo stato, incompatibili con l’attuale lentezza della giustizia penale: la durata media di un processo penale in primo grado è, infatti, di circa tre anni e mezzo.

L’indicazione di termini che consentano di ritenere la durata del processo “adeguata” quantomeno agli standard europei e a quanto suggerito dalla Comunità Europea, è doverosa ma inefficace senza modifiche strutturali che intervengano alla base del problema della lentezza della giustizia e non successivamente con decadenze o sanzioni che pregiudicherebbero soltanto i diritti dei soggetti interessati. 

Per le valutazioni finali dovremo attendere in ogni caso il testo che verrà approvato definitivamente specialmente in relazione alla durata del processo e alle conseguenze della mancata ottemperanza a quei termini definiti conformi ad un “giusto processo”: se la sanzione sarà, quindi, di tipo procedurale (con conseguente estinzione del processo) o soltanto “disciplinare” .

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*Barbara Indovina è avvocato a Milano e docente a contratto presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di “Informatica per Giurisprudenza”. E’ autrice del volume “Informatica per giurisprudenza”, Egea Tools, 2010. http://arraylaw.eu/it/barbara_indovina

1 commento:

  1. Interessante ed eloquente.
    Sono un semplice cittadino, e mi domandavo, dopo la votazione dei vari emendamenti correttivi al ddl, se quanto sopra detto resta valido, oppure se per gli incensurati questa esposizione in qualche modo risulti superata perchè, magari, vincolata dalla sussistenza di determinati reati che ne risultano esclusi.
    Grazie
    Ruggero M.

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