I gravissimi fatti di sangue avvenuti nei giorni scorsi a Firenze (due cittadini senegalesi uccisi e tre gravamente feriti da parte di un folle, che aveva dato un’interpretazione delirante a concezioni ideologiche già di per sé estreme) hanno risvegliato nell’opinione pubblica nazionale un momentaneo sentimento di vicinanza e d’appoggio verso le comunità africane presenti nel nostro territorio e, a cascata, seppur più limitatamente, anche maggior interesse e comprensione per i problemi dei loro paesi d’origine.
Indubbiamente commuove e suscita ammirazione la capacità di vaste componenti della nostra società d’adottare come propri figli e fratelli coloro che sono venuti da lontano, in fuga da situazioni politiche e storiche molto gravi e difficili. Ma al tempo stesso suscita una profonda perplessità sapere che molti nostri concittadini, oggi così zelanti nel condannare la xenofobia di matrice neo-fascista sfociata nella follia omicida, in altri momenti hanno invece espresso apprezzamenti ben poco lusinghieri nei confronti dei migranti; a tacere poi del loro disinteresse sprezzante ed intriso di superficialità nei confronti delle sorti del continente africano.
Firenze non è soltanto la città che oggi si stringe intorno alla comunità senegalese e, più estesamente, anche a tutte le altre, africane e non; è anche la città che, ai tempi dell’assessore Cioni, dava la caccia al lavavetri, spesso e volentieri africano; o che, su iniziativa di Oriana Fallaci, s’ergeva contro la crescente espansione numerica dei migranti musulmani, molti dei quali erano guardacaso senegalesi e di altri paesi africani. Certo, in quelle occasioni una parte della cittadinanza si ribellò tenendo alto il blasone d’alta civiltà ed ospitalità che da sempre e storicamente contraddistingue la città di Dante e dei Medici. Anche in altre grandi città italiani, capitali culturali e morali del paese come Bologna e Milano, avvennero episodi analoghi, con analoghe e provvide reazioni da parte di vasti settori della cittadinanza locale.
Ma non possiamo far finta che sia sempre andato tutto bene; che in queste città gli immigrati fossero ben voluti ed accetti da parte di tutta la popolazione o cose del genere. Prendere le distanze da un atto gravissimo come quello avvenuto tre giorni fa è una scelta doverosa ed obbligata; e spesso è anche, ipocritamente, un modo per autoassolversi e lavarsi le mani da certi cattivi pensieri ormai comunemente condivisi. Sappiamo benissimo che, se dipendesse da molti italiani, gli immigrati verrebbero tutti affondati al largo di Lampedusa e lasciati affogare. Certo; quegli italiani, probabilmente, non sono fra quanti hanno manifestato in piazza il loro sdegno insieme ai cittadini africani. Ma cos’hanno pensato costoro, quando hanno saputo che due senegalesi erano stati uccisi a colpi di rivoltella?
E cos’hanno pensato, ammesso che ne siano informati, questi e anche tanti altri italiani della caccia al nero scatenata dai ribelli libici a Tawergha o del massacro della popolazione locale attuato dai francesi e dai miliziani di Ouattara in Costa d’Avorio (fatti recentissimi, risalenti agli ultimissimi mesi)? In questi ultimi due casi sappiamo benissimo che anche i settori della politica italiana che si definiscono più progressisti, democratici, liberali, ecc, hanno appoggiato con entusiasmo, senza se e senza ma, tanto la guerra in Libia quanto quella in Costa d’Avorio, in quanto “ingerenze umanitarie”. Di fatto sono state entrambe guerre d’aggressione coloniale, in flagrante violazione del diritto internazionale e condotte con finalità ben meno nobili e dignitose dell’umanitarismo. Episodi analoghi, ancor meno noti, avvengono in altri Stati africani; la regia è sempre la medesima e la disinformazione mediatica regna sovrana.
Lascia perplessi vedere tanti italiani, solitamente così insofferenti alla presenza degli africani in Italia ed indifferenti ai problemi dei loro paesi d’origine, improvvisarsi a tributare la loro goffa solidarietà quando avviene un ingiustificabile ed indifendibile fatto di sangue. E del pari suscita perplessità ed ilarità vedere i nostri esponenti politici (che proprio oggi erano intenti ad adulare e legittimare la figura del capo del CNT Abdul al Jalil in visita di Stato a Roma) fare gli antirazzisti in casa propria dopo aver appoggiato ed avallato le peggiori manifestazioni di xenofobia in casa d’altri, ovvero in Africa. Con quale titolarità gli esponenti politici di casa nostra, dal PD al Manifesto, senza dimenticare ovviamente Centrodestra e Terzo Polo, sputano sentenze e lanciando appelli alla solidarietà e contro la xenofobia, dopo aver baciato le mani imbrattate di sangue di colonialisti come Sarkozy e Jalil?
Infine, è giusto ricordare come ogni giorno i figli dell’Africa muoiano in gran numero per mano delle potenze straniere coloniali e neocoloniali e delle istituzioni internazionali non solo a causa delle guerre finalizzate ad ottenere le risorse del loro territorio. Tra le armi usate dal colonialismo e dal neocolonialismo vi sono anche e soprattutto il debito estero come le carestie e le malattie che non soltanto non vengono efficacemente combattute ma addirittura artificiosamente e scientificamente aggravate. Si tratta dunque di uno stillicidio quotidiano: la fredda e disumana esecuzione avvenuta a Firenze è solo la punta dell’iceberg, probabilmente più sgradita e traumatizzante agli occhi della nostra opinione pubblica semplicemente per il fatto di essere più percepibile. Mille morti dall’altra parte del mondo hanno sempre fatto meno notizia di un morto sotto casa nostra.
Fonte: http://www.statopotenza.eu
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