Ho riflettuto a lungo come
cristiano e come missionario, nonché come cittadino, sulla crisi
economico-finanziaria che stiamo attraversando, e sono riandato alla riflessione che noi missionari avevamo fatto sul
debito dei paesi impoveriti del Sud. Per noi i debiti del Sud
del mondo erano ‘odiosi’ e ‘illegittimi’ perché contratti da regimi
dittatoriali per l’acquisto di armi o per progetti faraonici, non certo a favore della gente.
E quindi non si dovevano
pagare! “È immorale per noi paesi impoveriti pagare il debito,” -così affermava
Nyerere, il ‘padre della patria‘ della Tanzania, in una conferenza che ho
ascoltato nel 1989 a Nairobi (Kenya). “Quel debito - spiegava Nyerere - non lo
pagava il governo della Tanzania, ma il popolo tanzaniano con mancanza di scuole
e ospedali.” La nota economista inglese N.Hertz nel suo studio Pianeta in debito, affermava che buona parte del debito del Sud del mondo era
illegittimo e odioso.
Perché abbiamo ora paura di
applicare gli stessi parametri al debito della Grecia o dell’Italia? Nel 1980, il debito pubblico
italiano era di 114 miliardi di euro, nel 1996 era salito a 1.150 miliardi di
euro ed oggi a quasi duemila miliardi di euro. “Dal 1980 ad oggi gli interessi
sul debito - afferma F.Gesualdi - hanno richiesto un esborso in
interesse pari a 2.141 miliardi di euro!” Lo stesso è avvenuto nel Sud del
mondo. Dal 1999 al 2004 i paesi del Sud hanno rimborsato in media 81 miliardi
di dollari in più di quanto non ne avessero ricevuto sotto forma di nuovi prestiti.
È la finanziarizzazione
dell’economia che ha creato quella ‘bolla finanziaria’ dell’ attuale crisi. Una crisi scoppiata nel
2007-08 negli USA con il fallimento delle grandi banche, dalla Goldman Sachs
alla Lehman Brothers, e poi si è diffusa in Europa attraverso le banche
tedesche che ne sono state i veri agenti, imponendola a paesi come l’Irlanda,
la Grecia…”Quello che è successo dal 2008 ad oggi - ha scritto l’economista
americano James Galbraith - è la più gigantesca truffa della
storia.”
Purtroppo la colpa di questa
truffa delle banche è stata addossata al debito pubblico dei governi allo scopo
di imporci politiche di austerità e conseguente svendita del patrimonio
pubblico. Queste politiche sono state imposte all’Unione
Europea dal ‘Fiscal Compact’ o Patto Fiscale, firmato il 2 marzo 2012 da 25 dei
27 capi di Stato della UE. Con il Fiscal Compact si rendono
permanenti i piani di austerità che mirano a tagliare salari, stipendi,
pensioni, a intaccare il diritto al lavoro, a privatizzare i beni comuni. Per
di più impone ilpareggio
in bilancio negli ordinamenti nazionali. I
governi nazionali dovranno così attuare, nelle politiche di bilancio, le
decisioni del Consiglio Europeo, della Commissione Europea e soprattutto della
Banca Centrale Europea(BCE) che diventa così il vero potere ’politico’ della
UE. Il potere passa così nelle mani delle banche e dei mercati. La
democrazia è cancellata. L’ ha affermato la stessa Merkel: ”La
democrazia deve essere in accordo con il mercato”. Siamo in piena dittatura
delle banche.
È il potere finanziario che ha
imposto come presidente della BCE, Mario Draghi, già vicepresidente della
Goldman Sachs, (fallita nel 2008!) e a capo del governo italiano Mario Monti,
consulente della Goldman Sachs e Coca-Cola, nonché membro nei consigli di
amministrazione di Generali e Fiat. (Monti fa parte anche della Trilaterale e
del Club Bilderberg). Nel governo Monti poi molti dei ministri siedono
nei consigli di amministrazione dei principali gruppi di affari della Penisola:
Passera, ministro dello Sviluppo Economico, è amministratore delegato di Intesa
San Paolo; Fornero, ministro del lavoro, è vicepresidente di Intesa San Paolo;
F. Profumo, ministro dell’istruzione è amministratore di Unicredit Private Bank
e di Telecom Italia; P.Gnudi, ministro del Turismo, è amministratore di
Unicredit Group; Piero Giarda, incaricato dei Rapporti con il Parlamento, è
vicedirettore del Banco Popolare e amministratore di Pirelli. Altro che
‘governo tecnico’: è la dittatura della finanza!
Infatti sotto la spinta di questo
governo delle banche, il Parlamento italiano ha votato il ‘Patto Fiscale’, il
Trattato UE che impone di ridurre il debito pubblico al 60% del PIL in
vent’anni. Così dal 2013 al 2032, i governi italiani, di
destra o sinistra che siano, dovranno fare manovre economiche di 47-48 miliardi
di euro all’anno, per ripagare il debito. “Noi italiani siamo polli in una
macchina infernale - commenta giustamente F.Gesualdi - messa a punto
dall’oligarchia finanziaria per derubarci dei nostri soldi con la complicità della
politica”. E ancora più incredibile è il fatto che sia stato proprio il
Parlamento, massima istituzione della democrazia, a mettere il sigillo “a una
interpretazione del tutto errata della crisi finanziaria, ponendola
nell’eccesso di spesa dello Stato, soprattutto della spesa sociale - così pensa
L. Gallino. La crisi, nata dalle banche, è
stata mascherata da crisi del debito pubblico”.
Il problema non è il debito
pubblico (anche se bisogna riflettere per capire perché siamo arrivati a tali
cifre!), ma il salvataggio delle banche europee che ci è costato almeno 4mila
miliardi di dollari, a detta dello stesso presidente della UE, Barroso (Sembra
che il salvataggio delle ‘banche americane’ fatto da Obama sia costato su
14mila miliardi di dollari!) .
È
chiaro che non possiamo accettare né il Patto fiscale della UE, né la sua
ratifica fatta dal Parlamento italiano, né la modifica costituzionale
dell’articolo 81, perché a pagarne le spese sarà il popolo italiano.
C’è in Europa una nazione che
ha scelto un’altra strada: l’Islanda. La nostra stampa non ne
parla. L’Islanda pittosto che salvare le banche (non avrebbe neanche potuto
farlo, dato che i suoi debiti si erano gonfiati fino a dieci volte del suo
PIL!), ha garantito i depositi bancari della gente ed ha lasciato il suo
sistema bancario fallire, lasciando l’onere ai creditori del settore piuttosto
che ai contribuenti. E la tutela del sistema di welfare, come scudo contro la
miseria per i disoccupati, ha contribuito a riportare la nazione dal collasso
economico verso la guarigione. È vero che l’Islanda è un piccolo paese ma può
aiutarci a trovare una strada per tentare di uscire dalla dittatura delle
banche.
Per questo suggeriamo alcune
piste per una seria riflessione e conseguente azione:
1. Richiesta di una moratoria per il pagamento del debito pubblico;
2.Indagine popolare (audit) sulla formazione del nostro debito
pubblico allo scopo di annullare la parte illegittima, rifiutando di pagare i
debiti ‘odiosi’ o ‘illegittimi’, come ha fatto l’Ecuador di R. Correa nel 2007;
3.Sospensione dei piani di austerità che, oltre essere ingiusti,
fanno aumentare la crisi;
4.Divieto di transazioni finanziarie con i paradisi fiscali e lotta
alla massiccia evasione fiscale delle grandi imprese e degli straricchi;
5. Messa al bando dei ‘pacchetti tossici’ e della speculazione finanziaria
sul cibo;
6. Divisione delle banche ‘troppo grandi per fallire’ in entità più
controllabili, imponendo una chiara distinzione tra banche commerciali e banche
di investimento;
7. Apertura di banche di credito totalmente pubbliche,
8. Imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie per la
‘tracciabilità’ dei trasferimenti e un’altra sui grandi patrimoni;
9.Rifondazione della BCE riportandola sotto controllo politico
(democratizzazione), consentendole di effettuare prestiti direttamente ai
governi europei a tassi di interesse molto bassi.
Sono solo dei suggerimenti per preparare un piano serio ed efficace per uscire dalla dittatura delle
banche.
Per chi è interessato alle
campagne in atto per un’altra uscita dal debito, consulti: smonta il debito, www.cnms.it.; rivolta il debito,
www.rivoltaildebito.it; no debito, www.nodebito.it.
Se ci impegniamo, partendo dal
basso e mettendoci in rete, a livello italiano ed europeo, il nuovo può fiorire
anche nel vecchio Continente.
Da parte mia rifiuto di accettare un Sistema di Apartheid mondiale dove il 20%
della popolazione mondiale consuma l’80% delle risorse: un pianeta con un miliardo di
obesi tra i ricchi, e un miliardo di affamati tra gli impoveriti, e dove ogni
minuto si spendono tre milioni di dollari in armamenti e nello stesso minuto
muoiono per fame la morte di quindici bambini.
Il mercato, la dittatura della
finanza si trasformano allora “in armi di distruzione di massa”, dice
giustamente J. Stiglitz, premio Nobel dell’economia. “Il potere
economico-finanziario lascia morire - afferma F. Hinkelammert - e il potere politico esegue….
Entrambi sono assassini.”
Diamoci da fare perché vinca
invece la vita!
Alex
Zanotelli
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