“E' tutta in salita la
strada tracciata a Doha per la transizione verso un nuovo accordo globale da
sottoscrivere entro il 2015 per essere poi operativo dal 2020, come già
concordato a Durban lo scorso anno. I governi non sono stati in grado di
mettere in campo quella volontà politica indispensabile per colmare con impegni
concreti il preoccupante gap esistente (8-13 Gt di CO2 secondo il recente
rapporto dell'UNEP) tra gli impegni di riduzione assunti sino ad ora dai
diversi paesi e la riduzione di emissioni indispensabile entro il 2020 per
rientrare nella traiettoria di riscaldamento del pianeta non superiore almeno
ai 2°C. Dimenticando che gli impegni di riduzione attuali ci stanno portando
verso una via di non ritorno con un surriscaldamento stimato tra i 3.5°C e i
6°C”.
Questa la dichiarazione di Mauro Albrizio, responsabile Clima e politiche europee di Legambiente, da Doha.
Questa la dichiarazione di Mauro Albrizio, responsabile Clima e politiche europee di Legambiente, da Doha.
“Poco ambiziosi ed
insufficienti anche i nuovi impegni assunti nell'ambito del Protocollo di
Kyoto, tra i paesi industrializzati, dall’Unione europea, la Svizzera, la
Norvegia e l'Australia. A ciò va aggiunto che USA, Canada, Giappone,Russia e
Nuova Zelanda si sono tenuti fuori dal protocollo – ha continuato Albrizio -.
Nonostante ciò il “Kyoto 2” rimane uno strumento indispensabile a garantire la
transizione verso il nuovo accordo globale. E’ l’architrave del nuovo accordo e
garantisce la continuità degli impegni di riduzione legalmente vincolanti per
il periodo di transizione 2013-2020, che dovranno essere necessariamente
incrementati entro i prossimi due anni per contribuire a colmare il
preoccupante gap esistente”.
Un ruolo importante in
questa è fase è chiamato a svolgerlo l'Europa, che sin dai prossimi mesi dovrà
impegnarsi con una determinazione maggiore di quella mostrata a Doha. Non solo
per fare in modo che questo gap sia colmato, ma anche per tradurre in impegni
concreti il programma 2013-2020 di aiuti ai paesi poveri a supporto dei loro
impegni di riduzione e di adattamento ai cambiamenti climatici in corso, con un
sostegno finanziario annuo iniziale di almeno 10-15 miliardi di dollari per
arrivare nel 2020 ai 100 miliardi promessi tre anni fa a Copenhagen.
L'Italia deve impegnarsi con
forza in questa direzione insieme ai paesi europei più avanzati mostrando
coerenza tra l'impegno nazionale e quello internazionale e mettendo in campo da
subito azioni in grado di colmare il ritardo che ancora abbiamo con molti paesi
europei.
Secondo gli ultimi dati
dell'Agenzia europea dell'ambiente, l'Italia nel 2011 ha ridotto le emissioni di
gas-serra solo del 5,6% rispetto al 1990, mentre l'Unione europea nel suo
complesso le ha ridotte di ben il 17,5%.
“Un primo segnale forte
– ha concluso Mauro Albrizio - deve venire da una profonda revisione della
Strategia energetica nazionale che invece di puntare decisamente alla riduzione
del consumo e delle importazioni di fonti fossili, propone addirittura un
rilancio della produzione di idrocarburi nazionali, individuando sia per
l'efficienza energetica che per le fonti rinnovabili, strategie generiche e
strumenti inadeguati a raggiungere gli obiettivi previsti. A questo si
aggiungono i 9 miliardi di sussidi alle fonti fossili che ogni anno vengono
elargiti a petrolio, carbone, gas e autotrasporto nel nostro paese. Il ministro
Clini si impegni concretamente affinché il governo italiano li cancelli e cambi
subito strada sulla politica energetica del nostro paese”.
Fonte: http://www.legambiente.it
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