mercoledì 12 gennaio 2011

HAITI, A UN ANNO DAL SISMA: PROMESSE DI RICOSTRUZIONE, INGANNO E DELUSIONE

A un anno dal terremoto, dopo aver ascoltato molte promesse della comunità internazionale e sentito di molti impegni assunti in conferenze e riunioni, la maggioranza degli haitiani nutre forti perplessità.

Sono davvero scarsi i risultati dell'intervento internazionale per il miglioramento delle condizioni umanitarie e una ricostruzione visibili sul terreno. E se è lampante l'assenza del governo haitiano – peraltro ora alle prese con un'intricata crisi post-elettorale – è difficile capire come la presenza di centinaia di Organizzazioni non governative, di una folta missione delle Nazioni Unite (la Minustah) e di rappresentanti governativi in un'ottica presumibilmente solidale di un'ampia fetta del mondo non sia stata seguita da efficaci interventi a favore dello sviluppo del paese. Camille Chalmers, economista ed esponente di spicco della Piattaforma haitiana per uno sviluppo alternativo (Papda), coalizione di movimenti sociali haitiani, incontrato a Port-au-Prince, ci dà alcuni elementi di risposta.

Domanda: Chi si occupa di gestire i fondi della ricostruzione promessi dalla Comunità internazionale? Con quale meccanismo?

C. Chalmers: In teoria è la Commissione ad interim per la ricostruzione di Haiti (Cirh) ad occuparsi dell'attribuzione dei progetti, ma in realtà è soprattutto la Banca mondiale. E' infatti la Banca mondiale a controllare il fondo fiduciario multidonatori, che verifica i fondi in arrivo per Haiti. Finora, secondo le informazioni in nostro possesso, è stata adottata una lista di 29 progetti, molti dei quali non hanno ancora ricevuto un finanziamento completo. La Commissione ha impiegato circa 8 mesi per insediarsi. In 8 mesi hanno avuto la “straordinaria efficienza” di organizzare ben tre riunioni. Notevole per una situazione di emergenza! Tutto è quindi molto poco chiaro, e la Commissione è paralizzata. Non c'è alcuna iniziativa significativa nella ricostruzione. Tutto sembra bloccato. Dal 31 marzo ci hanno parlato di un aiuto di 11 miliardi di dollari, ma finora soltanto una piccola parte è stata erogata, e delle somme erogate, molto poco è visibile sul terreno. E' una grande delusione. Una situazione vicina allo scandalo.

Domanda: La Commissione ha consultato le organizzazioni di base haitiane nell'adozione dei suoi progetti?

C. Chalmers: Niente affatto. Non c'è stata alcuna consultazione delle organizzazioni haitiane. Anzi, fino a fine settembre il sito web della Commissione era in lingua inglese. Solo ad ottobre sono comparse traduzioni in creolo e in francese. Non c'è alcuna trasparenza nel meccanismo decisionale. Il lavoro di questa commissione è ricevere progetti, riunirsi per discutere dei progetti, adottare progetti. E' una cattiva abitudine presa nei confronti di Haiti da tanto tempo: confondere lo sviluppo con una lista di progetti. Lo sviluppo non è una lista di progetti. Inoltre, ci sono scandali attorno all'attribuzione dei progetti, ad esempio organizzazioni vicine agli organizzatori della Commissione che hanno beneficiato di contratti molto redditizi. A dimostrazione del fatto di quanto Haiti o le vittime del sisma non siano la priorità.

Domanda: Sa quanti fondi sono stati bloccati e a cosa sono serviti finora?

C. Chalmers: So ad esempio che il Congresso americano ha adottato un piano di aiuti. In un primo tempo si parlava di 2,3 miliardi. Finora ci sono state due erogazioni: la prima, per rimborsare le forze armate americane nelle spese sostenute dopo il 12 gennaio, la seconda, per rimborsare alla Banca interamericana per lo sviluppo (Bid) i 479 milioni di dollari chiesti ad Haiti come rimborso del debito. Credo che 479 milioni di dollari americani investiti direttamente nell'urgenza, per le persone che vivono nella strada, avrebbero potuto fare la differenza. Ho parlato con diversi cooperanti di organizzazioni presenti ad Haiti e alcuni di loro mi hanno confessato che il 75% dei fondi ricevuti per l'aiuto ai terremotati è consumato dal personale espatriato, tra stipendi, alloggi, trasporti, vacanze. Sapete che cos'è lo “Rar” ? È una cosa inventata dalle Nazioni Unite: quando ci si trova in un'area di conflitto, per cui si suppone essere sottoposti a uno stress permanente, c'è il diritto al “Rest and Recuperation”, ovvero il diritto di andare ad esempio a Santo Domingo o a Miami per quattro giorni, tutto spesato, per poter recuperare dalla situazione molto stressante di lavoro.

Domanda: Come valuta l'intervento delle organizzazioni, governative e non, della comunità internazionale ad Haiti dopo il terremoto?

C. Chalmers: L'esperienza che stiamo vivendo in questo momento, come popolo e come nazione, è quella di vedere le maschere cadere. Tutto il discorso mistificatore della generosità internazionale cade nel vuoto, si vede chiaramente di cosa si tratta, si tratta di controllo geopolitico, di dominazione, si tratta di utilizzare i progetti per rafforzare la dominazione e per rafforzare la presenza delle aziende multinazionali. Il grande problema è che alcune organizzazioni hanno dato un contributo interessante in termini di consultazione o controllo, ad esempio per l'acqua, per le latrine, per l'organizzazione dei campi profughi, hanno portato la loro esperienza. Ma molto rapidamente, passata la fase di emergenza, non si vede più l'efficacia della loro presenza. Il problema è che si tratta di iniziative disparate e indipendenti, c'è un numero altissimo di Ong, ognuna costruisce il suo piccolo bastione, non c'è molta comunicazione tra tutti questi enti, né comunicazione con lo stato haitiano. Per cui anche quando troviamo progetti interessanti, non possono dare risultati davvero significativi per l'insieme della popolazione.

Domanda: Secondo lei è giustificata l'immagine caotica e d'insicurezza spesso usata per descrivere la capitale Port-au-Prince?

C. Chalmers: Di fatto Port-au-Prince è una città molto tranquilla, sorprendentemente tranquilla considerate le disparità di ricchezze e la pressione subita dalle masse. Secondo i dati in circolazione, il tasso di omicidi con armi da fuoco è tre volte superiore a Santo Domingo, il tasso di rapimenti è del doppio a Trinidad e Tobago rispetto a Port-au-Prince, e il livello di violenza è molto più elevato a Caracas, Rio de Janeiro o Sao Paulo. Tuttavia, c'è un'immagine confezionata per presentare Haiti come un paese caotico, violento, ingovernabile. Un'immagine che giustifica la presenza della Minustah, che giustifica la presenza di queste migliaia di Ong, e giustifica i flussi finanziari che accompagnano questo genere di presenza. La Minustah, in sei anni di presenza – era arrivata ad Haiti nel 2004 dopo la cacciata dell’ex presidente Jean-Bertrand Aristide, ndr - non ha risolto nulla. Se si va a guardare il mandato della Minustah, nella risoluzione 1542 del Consiglio di sicurezza, troviamo i seguenti punti: ristabilire un clima di stabilità e sicurezza, organizzare elezioni democratiche, garantire il rispetto dei diritti umani. Guardando ai risultati, si può dire che il paese ha fatto passi indietro su questi tre fronti da quando la Minustah sta ad Haiti.

(di Céline Camoin)[CC]

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