venerdì 7 gennaio 2011

FABBRICA ITALIA, PRODUCE SCHIAVI

di Ezio Alessio Gensini
Da Operaicontro.ir ricevo e pubblico
Fabbrica Italia, produce schiavi. L’accordo di Natale a Mirafiori va letto e riletto con attenzione. Un documento in cui la schiavitù moderna è formalizzata con tanto di allegati e rimandi tecnici a sistemi internazionali di organizzazione del lavoro. L’industria moderna và in questa direzione. Torna indietro ed esprime in forma nuova il suo contenuto antico: operai se volete sopravvivere lo potete fare solo vendendo a noi padroni la vostra forza lavoro e noi siamo disposti a comprarla alle nostre condizioni, altrimenti? Altrimenti morite di fame. Dopo gli operai di Pomigliano tocca quelli di Mirafiori scegliere con un referendum, ma come andrà a finire è ancora da vedere. Andiamo con ordine. Il ricatto è espressamente scritto nella premessa. Mirafiori svilupperà nuove produzioni a condizione che diventino “operative e praticabili” le norme contenute nell’accordo e ciò sarà possibile solo se la maggioranza dei lavoratori le approverà. Come è democratico Marchionne, o le approvate o è chiaro che rimarrete in mezzo ad una strada. Bisogna assolutamente chiedersi come è possibile che si eserciti un ricatto così primitivo, così assoluto, che incide sul livello di esistenza di migliaia di persone senza che susciti nessuna reazione, nessun grido allo scandalo, nemmeno dei campioni della democrazia. Tante volte ci siamo chiesti come la democrazia ateniese potesse dirsi tale pur poggiandosi su una base di schiavitù, la modernità ci ha fornito gli strumenti per capirlo. Le classi superiori possono democraticamente mediare i loro interessi politici ed economici alla sola condizione che qualcuno, da qualche parte, venga costretto al lavoro industriale forzato. In fin dei conti Marchionne dallo sfruttamento dei suoi operai estrae un ricchezza che non trattiene tutta per lui e i suoi azionisti. Una parte viene divisa socialmente per mantenere in vita tutta la sovrastruttura politico sindacale che lo appoggia, altrimenti perché lo dovrebbero sostenere, perché si lasciano gli operai di Torino, soli, davanti ad una pressione del genere? L’accordo in questione è stato sottoscritto da quelle che si definiscono organizzazioni sindacali: la FIM e la UILM per prime, ha giocato a loro favore la mistificazione dell’unificare tutti nella definizione di lavoratori, così si sono potute anch’esse presentare come organizzazioni dei lavoratori in genere. Solo che i nodi vengono al pettine, gli impiegati e i capi sono sempre stati la struttura portante di FIM e U ILM, i pochi operai che sono riusciti ad accalappiare lo devono al fatto che hanno gestito assunzioni di comodo, piccoli privilegi di collocazione nella produzione, o semplicemente perché sono stati spinti nelle loro braccia e specialmente al Nord dai preti. Fim e Uilm non sono traditori, vorrebbe dire farli venire da una storia operaia comune, sono solo sostenitori degli interessi del padrone per istinto, per collocazione aziendale. Sono capaci anche di una certa autonomia nei confronti delle direzioni, ma quando il padrone chiama a raccolta, quando la sottomissione degli operai è necessaria alla loro sopravvivenza sono disposti a tutto, a fare il gioco sporco per il padrone, ad esporsi senza ritegno ed è ciò che hanno fatto prima a Pomigliano, ora a Torino. Per la Fismic ed Ugl non serve sprecare una parola, sono organizzazioni che la Fiat ha promosso, tenuto in vita, finanziato, occorre sempre avere al tavolo uno che si presenta come controparte ma che è solo un tuo funzionario mascherato. Serve per creare un qualche problema al fronte opposto, oppure serve come sigla per aumentare formalmente il numero dei firmatari. Il padrone sogna “la FIOM va fatta fuori, facciamola fuori”, devono essersi detti Bonanni, Angeletti e Marchionne. La strada l’hanno trovata, come? Un gioco da bambini si sono detti “facciamo un accordo inaccettabile per la FIOM e scriviamo che chi non accetta l’accordo sta fuori” da Mirafiori, e poi da Pomigliano e poi ancora…La FIOM, il sindacato più forte degli operai fatto fuori da una fabbrica Fiat a Torino, a Pomigliano, con poche righe di un accordo fra sindacati che tutti messi insieme non contano fra gli operai, non fra i lavoratori, fra gli operai, nemmeno il 10% degli iscritti alla FIOM. Secondo l’accordo di Natale se la FIOM non firma non potrà avere le rappresentanze sindacali. La stessa Marcegaglia e l’intera Confindustria tremano all’idea. Forse Marchionne non lo sa, vola alto, ma in tutta l’industria metalmeccanica se la FIOM decide di scegliere la strada del conflitto addio accordi di chiusura a perdere, addio contenimento di richieste salariali, scioperi morbidi. La Marcegaglia sa che nei suoi stabilimenti conviene avere al FIOM, chi controllerebbe gli operai? La FIM e la Uilm che nei reparti produttivi contano meno di niente? L’accordo di Natale mette Landini di fronte ad una scelta seria. Non sottoscrive l’accordo come è naturale che abbia fatto, non vuole il suicidio del sindacato che rappresenta, ma deve anche fermare il modello Marchionne. E’ costretto ad usare la forza operaia della FIOM, non la forza delle bandiere, dei palchi, degli striscioni e dei fischietti, ma la forza degli scioperi, dei presidi, dei tavoli delle trattative fatti saltare, della denuncia di tanti accordi locali di smantellamento delle fabbriche sottoscritti dai suoi impiegati funzionari. Ha una serie di dirigenti sindacali capaci di fare questo? No. Ha dei delegati che non si sono compromessi? Pochi. Una buona parte della struttura viene da anni di unità d’azione con FIM e Uilm, di unità su piattaforme e risultati a perdere.

La Fiom può resistere all’attacco scatenato per farla fuori dalle fabbriche della FIAT, prima a Pomigliano poi a Torino solo se si affida ai nuovi operai che vogliono lottare, che non vogliono andare a casa sconfitti con le briciole degli ammortizzatori sociali, che hanno capito che il colpo che l’accordo di Natale vuol dare alla FIOM in realtà è un colpo agli operai resistenti, a quelli che non si piegano, a quelli che ora scoprono che fra padroni ed operai gli interessi sono inconciliabili. Ma per arrivare a mettere in movimento questi operai tanti piccoli funzionari da scrivania devono saltare, Landini ha intenzione di metterci mano? Ancora non si capisce fino in fondo, anche se ha introdotto nel lessico sindacale l’aggettivo “schiavo” per definire la condizione operaia oggi. Allora torniamo agli schiavi e alle regole di sottomissione concordate in questi giorni. Non leggeremo quei fogli con l’occhio del Costituzionalista, del democratico per bene, della loro legge per piangere sulla fine dei diritti formali. Se uno solo di questi avesse avuto consistenza reale Marchionne e i suoi sindacalisti avrebbero dovuto essere subito fermati. Cambia semplicemente nome alle società per assumere chi vuole ed alle condizioni che vuole ma non è nemmeno cessione di ramo d’azienda, un giornalista, per ridere, scrive seriamente sul Corriere della Sera “Cominciano 4600 assunzioni alla FIAT di Pomigliano”, cominciano le assunzioni di chi è gia dipendente della Fiat di Pomigliano? Se non fosse una cosa tragica ci sarebbe veramente da ridere. L’accordo di Mirafiori con quello di Pomigliano finiranno nei libri di Storia come esempio di una moderna schiavitù, tanto più brutale quanto più è giustificata socialmente come sistema unico, assolutamente necessario per poter produrre nel mondo moderno. Il testo in questione apre con un capitolo che ha per titolo “Clausole di responsabilità” ed esprime semplicemente un concetto: se qualcuno non permette al padrone di fare ciò che è scritto nell’accordo, tipo, spieghiamo noi, mettendo in atto scioperi, fermate, proteste scatta subito la ritorsione. Tutti sanno che è sempre possibile che gli schiavi scoprano, nel corso dell’applicazione, che le condizioni di lavoro sono troppo pesanti, e bisogna premunirsi. Se sono i sindacalisti ad organizzare questi ostacoli l’azienda può togliere loro, per punizione, i permessi sindacali retribuiti, oppure se i comportamenti che mettono ostacoli all’applicazione del piano sono prodotti dai lavoratori ciò libera l’azienda “dagli obblighi derivanti dal presente accordo”. Tutti a casa. Se questa non è una limitazione di quel tanto sbandierato diritto di sciopero di cosa si tratta? Siccome però tutti sanno che attriti sono sempre possibili l’accordo mette le mani avanti e costituisce una commissione paritetica di conciliazione. E’ cosi paritetica che il suo compito è esaminare “le eventuali specifiche situazioni che concretizzano il mancato rispetto degli impegni assunti dalle organizzazioni sindacali …” una commissione di controllo sul comportamento degli schiavi. La commissione ha tutto un iter per essere convocata, valutare ogni cosa ma al termine della procedura, se non c’e una valutazione congiunta “l’azienda sarà libera di procedere secondo quanto previsto dal punto sulle clausole di responsabilità”. Una presa in giro spacciata come garanzia per i cosiddetti lavoratori. La sua composizione, metà uomini di azienda che si muovono in blocco unico, l’altra metà scalzacani rappresentanti dei sindacati firmatari in gara a chi fa meglio il suo compito di servitore, il segretario delle commissione ancora un uomo della FIAT. Si chiama paritetica. Veniamo ora a come lo schiavo di Mirafiori deve lavorare. Premessa. Consigliamo a tutti di leggere queste pagine dell’accordo, a non accettare nessuna riduzione da telegiornale, per capire il grado di civiltà di un periodo storico bisogna riferirsi a come, in quel periodo, si produce la ricchezza materiale, in quali condizioni produce il produttore diretto. Per capire la società del nostro tempo seguiamo l’uomo di Mirafiori e vediamolo al lavoro come lo vuole l’accordo di Natale. Lavorerà col sistema Ergo-Uas. La descrizione dell’allegato parla chiaro “Il sistema ergo-uas comporta la valutazione ergonomica del sovraccarico biomeccanico relativo a tutto il corpo, valutando il carico statico, il carico dinamico, le applicazioni di forza, le vibrazioni e la movimentazione manuale dei carichi e, conseguentemente le condizioni di lavoro in relazione alle operazioni/cicli di lavoro e alle posture degli addetti.” Questo è un uomo? Questo è un uomo ridotto a macchina, blindato dentro parametri da macchina, misurato come un accessorio di una macchina. E tutti i messaggi sociali sulla libera espressione di movimenti del corpo, sulla realizzazione di se stessi tramite il manifestarsi della propria esuberanza? Dove sono finiti? C’è una vita da schiavi di una parte della popolazione che è nascosta e che solo in alcuni momenti viene in luce, se ne parlerà forse per un po’ poi verrà di nuovo sommersa. In FIAT si dovrà lavorare con quel sistema , che prevede orari da 15, 18, 12 turni. A Melfi per più di 5mila operai, sono già operativi 18 turni. Il giorno e la notte come cadenze biologiche sono cancellate, i sabati e le domeniche come cadenze sociali sono cancellate, il riposo è concesso solo per far ritemprare una forza muscolare sfibrata e renderla di nuovo disponibile per un nuovo ciclo di lavoro. Nell’accordo di Mirafiori si stabilisce come a Pomigliano la diminuzione delle pause giornaliere da 40 a 30 minuti. L’osservatore esterno quasi sorride, tutto questo agitarsi su una lunghezza del tempo di uno stacco pubblicitario in televisione, di una rapida chiacchiera da Bar eppure… Nelle tabelle sul sistema di lavoro allegate all’accordo di Mirafiori per alcune operazioni sono previste 40 TMU (1 secondo= 27,78 TMU ) circa 2 secondi, l’uomo di linea non ha scampo, dieci minuti diventano per il padrone un effettiva intensificazione dello sfruttamento, per l’operaio uno sforzo disumano. Spremere chi è gia spremuto vuol dire schiacciarlo. Ma vengono monetizzate, spiega il servo fedele, una manciata di euro in cambio di un prolungamento del consumo intenso della propria pelle. Uno scambio che fa arricchire il padrone e accorcia la vita dell’operaio. Ma l’accordo non si limita solo alla questione delle pause, introduce la possibilità dei 12 turni, dieci ore al giorno per quattro giorni. Il primo turno dalle 6.00 alle 16. 00, il secondo dalle 20.00 alle 6. L’uomo del primo turno inizia, in orario, ad agire sulla linea, prende e piazza 30 TMU, maneggia 50TMU, aziona 10TMU, blocca e sblocca 20TMU e così avanti fino al pomeriggio alle 16. Dieci lunghe ore di tortura, come uscirà da quei cancelli, come guarderà la Torino bene dei Bar del centro, e a casa i soliti telegiornali con le solite facce dei parlamentari che non vanno nemmeno in parlamento a votare e si fanno sostituire dai pianisti? Sicuramente con l’occhio torvo di chi sente che la rivolta prima o poi arriverà e non guarderà in faccia a nessuno. Poi arriveranno le domande sul come sarà stato possibile arrivare all’esplosione di una rabbia così incontrollata, se lo chiesero per gli scontri di piazza Statuto del ‘62 e chiusero dicendo che era colpa dei giovani teppisti terroni.

Hanno sottoscritto un accordo per tenere inchiodati uomini alle catene per dieci ore consecutive e pensano che sia tutto normale. Scrivete, scrivete e firmate e firmate sui vostri fogli queste condizioni ma l’operaio che dovrà subirle non era a quei tavoli e per lui possono diventare carta straccia in qualunque momento. La difesa della pelle, da questo consumo intenso, poteva prodursi in modo individuale utilizzando uno strumento inerente la salute pubblica: curarsi la malattia stando a casa Un corpo sottomesso a questi ritmi si ammala, richiede tempo di riposo per curarsi e ristabilirsi. Ogni fisico ha i suoi limiti in rapporto alle condizioni in cui è costretto ad agire. Bisognava chiudere questa possibilità, trovare un sistema punitivo per chi si ammala oltre il limite che l’azienda stabilisce come “normale”. Un sistema indecente. Mentre si causano nell’organizzazione di lavoro condizioni di stress, di tensione muscolare patologica, di rimescolamento continuo di cicli biologici si impongo regole restrittive alla possibilità di riposarsi, curarsi, reintegrare le forze, bisogna costringere l’operaio a presentarsi al lavoro anche se sta male e come si fa? Si usa il solito vecchio sistema: colpire il salario, i primi giorni di malattia non vengono pagati dal padrone. Sulla base di dati consuntivi medi sulle assenze per malattia si procederà a non pagare ai dipendenti che si assentino per malattie brevi, nel 2011, il primo giorno, se il dato a consuntivo supera il 6%. Nel 2012, due giorni, se il dato supera il 4% ed infine negli anni successivi si continua così se non si scende come dato medio sotto il 3,5%. Il non pagamento dei primi due giorni di malattia diventerà la norma. Nemmeno in vacanza al mare o in montagna la popolazione scende sotto questo livello di malattia, figuriamoci su una linea di montaggio di una fabbrica. In realtà la difesa della salute pubblica ha un’interpretazione imprenditoriale nuova: ti ammali, ti punisco. La gabbia invisibile che costringe gli operai ai lavori forzati prende corpo. E i preposti alla gestione della salute dei cittadini? Tacciono, gli operai sono cittadini particolari. Due altri cardini di come lo schiavo verrà usato a Mirafiori hanno per titolo “bilanciamenti produttivi” e “recuperi produttivi”. Il primo: in qualunque momento l’operaio può essere spostato da area ad area, non solo nella prima ora del turno ma anche nell’arco del turno per fronteggiare le perdite di produzione dovute a fermate tecniche e produttive. Fermate produttive, si chiamano così anche gli scioperi, le fermate per sovraccarico di lavoro, per il troppo caldo, il rumore…Così si hanno a disposizione uomini pronti per coprire gli eventuali e contingenti buchi. Ma non bastava, nel secondo cardine si parla espressamente di perdite di produzione NON dovute a causa di forza maggiore o a seguito di interruzione di forniture, da recuperare collettivamente entro i sei mesi successivi. Primo: le perdite di produzione che non rientrano nelle casistiche indicate si possono produrre in un solo modo: lo sciopero, un’invenzione operaia per colpire il padrone dove più gli interessa, la produzione. Non c’è altro mezzo, se non si voglia la rivolta, o la distruzione delle macchine alla LUDD, il tessitore inglese di ormai quasi duecento anni fa. Meglio il riconoscimento del diritto di sciopero e la sua praticabilità altrimenti non si sa dove si può andare a finire. Ma alla FIAT, sindacalisti consenzienti e padroni ossessionati dal pericolo degli scioperi non solo vogliono impedirli ma se per caso si attuassero e provocassero una perdita della produzione si sono impegnati a farla recuperare, quando? Nei giorni di riposo a regime ordinario. Ma diranno c’è scritto “previo esame congiunto” fra chi? Fra gli stessi firmatari dell’accordo, fra crumiri e padroni. Queste condizioni definite per Mirafiori e Pomigliano sono presentate come condizioni per il rilancio degli stabilimenti, mentre per Termini Imerese non ci sono cure, là duemila operai devono andare a casa senza appello. Ma stranamente nell’accordo di Mirafiori c’è un punto specifico che si titola Cassa integrazione straordinaria. Sarà chiesta per un anno e per tutto il personale a partire dal 14 febbraio, servirà scrivono nel periodo precedente l’avvio produttivo della nuova società. Anche per Pomigliano è previsto lo stesso strumento. Oltre il danno, la beffa. Hanno concordato come costringere l’operaio a nuove forme di schiavitù, lo hanno legato con regole e contro regole perché non possa nemmeno scioperare ma non sono nemmeno in grado di garantirgli un miserabile lavoro. C’è la crisi e le vendite FIAT sono crollate. Questo è il dato di fondo della crisi del capitalismo in tutto il mondo, e lo sa anche Marchionne che cerca in tutto il mercato mondiale, per salvare i suoi profitti, quote di mercato da rubare ai suoi concorrenti e operai schiavi da sfruttare senza limiti. Ora comunque la parola passa agli schiavi moderni, agli operai. La vicenda della FIAT ha messo in chiaro con chi stanno i Bersani, i Dalema, e tanti altri. Marchionne ha trovato in loro degli aperti sostenitori e sui contenuti più veri degli accordi, quelli che riguardano le condizioni reali di produzione, la sottomissione degli operai alla catena.

Vogliono salvare la faccia facendo trapelale un disaccordo sull’esclusione della FIOM, nascondendo il fatto che certe condizioni di lavoro presuppongono la fine di un certo sindacalismo operaio. Per mettere dei limiti agli scioperi, far lavorare la gente dieci ore a turno, ridurre le pause gia strette e via dicendo hanno bisogno della fine del sindacato come rappresentante di interessi autonomi, indipendenti degli operai dal padrone, hanno invece bisogno di un sindacato che è parte integrante degli interessi del padrone, dei sindacalisti che hanno il solo compito di gestire la sottomissione degli operai a questi interessi. Il sindacato delle corporazioni industriali che FIM e UILM hanno inaugurato. Tanti si indignano per il ricatto della FIAT, ma il ricatto agisce ed una volta messo sul tavolo va affrontato, dicono, con un prendere o lasciare. Quelli per cui è meglio un lavoro da schiavi che niente lavoro sono tanti e si sa non lo devono fare loro. Comunque una cosa, già, questi signori riconoscono, come tutti quelli che chiamano modernità quello che si delinea alla FIAT. In questa società è solo possibile un lavoro da schiavi salariati, un lavoro per il padrone. Dignità del lavoro, realizzazione professionale nel lavoro, tutte balle, gli operai vendono le loro braccia perché è l’unico modo per sopravvivere. Ma se il lavoro per il padrone ci riduce sempre più a schiavi, non ci dà nemmeno la possibilità di vivere degnamente, c’è un modo per poter sopravvivere, anzi un modo per aprire nuove possibilità di vita: una lotta aperta, senza mezzi termini ai padroni alla Marchione, che è il prototipo del moderno industriale prodotto dalla crisi. Di fronte a chi ti ricatta con la fame ci sono due possibilità piegarsi oggi, e poi ancora di più domani oppure ribellarsi. Far saltare il tavolo. A degli operai minacciosi bisogna comunque garantire una vita sopportabile, altrimenti anche la rivoluzione diventa possibile. A degli operai sottomessi puoi chiedere qualunque cosa. Ma pensano veramente che si può cancellare la FIOM dalle fabbriche, impedire gli scioperi, punire gli operai malati con un accordo, senza modificare anche le forme politiche, senza seppellire la seconda repubblica e con essa tutte le illusioni democratiche? La terza repubblica terrà a battesimo una nuova agguerrita, tanto temuta, lotta fra le classi. La FIAT la sta provocando. Da una parte gli operai e i loro sostenitori, dall’altra i padroni e i loro scagnozzi. Lo sciopero del 28 gennaio 2011 potrà essere un primo SEGNALE.

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