sabato 5 marzo 2011

I CHIRURGHI: LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE VANIFICA 30 ANNI DI SFORZI. “LE LINEE GUIDA GARANTISCONO UN OTTIMALE ITER DIAGNOSTICO”

Il prof. Pietro Forestieri (presidente CIC): “Questa pronuncia rischia di deteriorare il rapporto con il paziente e determinare uno spreco di risorse. La medicina deve basarsi sulle evidenze scientifiche”.

“È stato vanificato un percorso culturale e di pratica clinica che ci ha portato a conquiste di assoluta avanguardia, come la day surgery e la one day surgery. Modalità attraverso le quali possiamo garantire una sanità più efficiente, più efficace e sicura”. Il prof. Pietro Forestieri, presidente del Collegio Italiano dei Chirurghi (CIC), è critico nei confronti della sentenza della Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio una sentenza della Corte d’appello di Milano con cui è stato assolto un medico accusato di omicidio colposo. Al centro della vicenda processuale la morte di un uomo avvenuta la notte successiva alle sue dimissioni in seguito a un intervento per infarto miocardico. “Non voglio e non posso entrare nel merito della specifica vicenda né delle motivazioni della sentenza della quarta sezione penale della Cassazione – continua il prof. Forestieri -. Da medico, però, non posso non rimanere perplesso, se non sconcertato, da un virgolettato, attribuito ai giudici, relativo ad un loro giudizio sulle linee guida: ‘nulla si conosce dei loro contenuti né dell’autorità dalle quali provengono né del loro livello di scientificità né delle finalità che con esse si intende perseguire’. Siamo praticamente tornati indietro di circa trenta anni. Sono vanificati gli sforzi perché si attui, finalmente e compiutamente, una medicina basata sulle evidenze scientifiche ed all’interno di linee guida, che garantiscano un ottimale iter diagnostico e terapeutico, non ottusamente predefinito ma sempre lasciato alla scienza e coscienza del medico”. “Questa sentenza – conclude il prof. Forestieri - non può che dare ulteriore spinta alla medicina difensiva, che, oltre ad essere uno spreco, diretto ed indiretto, di grandi risorse, mina ancora più profondamente il già deteriorato rapporto medico-paziente. Sono, infine, amareggiato nel dover constatare che di un atto medico che, di per sé, ha una specificità ed un’adeguatezza sociale del tutto peculiari e propri, si interessi ancora una volta un tribunale penale. Sarebbe il caso, ad ottanta anni di distanza dal Codice Rocco, di regolamentare diversamente l’atto medico, senza, per questo, depenalizzarlo necessariamente. Leggendo, infine, gli stralci di una perizia legale del caso specifico e le motivazioni dei giudici di cui sopra mi domando se non sia giunto il tempo di finirla con medici legali e giudici tuttologi”.
 

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