sabato 16 gennaio 2010

Rientrati in Italia reperti archeologici di inestimabile valore


L'importante operazione dei militari dell'Arma ha permesso di ricostruire alcuni collegamenti tra i mercanti, i trasportatori e i restauratori di materiale archeologico che operano nel mercato internazionale.

Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale è nato negli anni ’60, quando appunto cresceva la preoccupazione per il dilagare di furti di opere d’arte.

In questi anni il lavoro svolto da questi speciali investigatori è stato di importanza eccezionale e continua ad esserlo. Infatti, lo scorso anno, militari della sezione Archeologia hanno rimpatriato dalla Svizzera 137 reperti archeologici provenienti da vari siti italiani, confiscati dal Tribunale di Roma, nel contesto di indagini condotte dal Reparto Operativo, nei confronti di un noto trafficante.

L'uomo è stato già condannato il 15 luglio 2009, anche in secondo grado, a otto anni di reclusione, in relazione ad un vasto traffico di reperti archeologici, provento da scavi clandestini effettuati in Italia e poi rivenduti in tutto il mondo a collezionisti e musei.

Le indagini, iniziate nel 1995, consentirono di sequestrare, presso il Porto Franco di Ginevra, oltre tremila reperti e moltissimi documenti e fotografie polaroid. L’esame di quanto sequestrato ha permesso di ricostruire alcuni collegamenti tra i mercanti, i trasportatori e i restauratori di materiale archeologico che operano nel mercato internazionale, ovvero ha consentito, attraverso una serie di ulteriori Commissioni Rogatorie Internazionali, di arricchire e completare il quadro investigativo fino a quel momento delineato.

In particolare, tra queste, oltre alla perquisizione effettuata presso l’abitazione di Parigi del noto dealer Robert HECHT, imputato in un processo penale pendente in Roma, sono risultate fondamentali le prove acquisite durante quella eseguita, nel marzo del 2001, nei confronti dei restauratori di Zurigo “FRITZ BURKI & SON”.

Presso i BURKI, padre e figlio, il primo noto anche per aver restaurato, negli anni ’70, il famoso vaso di Euphronios, scavato clandestinamente a Cerveteri, poi venduto al Metropolitan Museum di New York per la cifra, astronomica per quei tempi, di un milione di dollari, recentemente restituito all’Italia a conclusione di altra indagine di questo Reparto ed attualmente esposto a Castel Sant’Angelo, sono stati rinvenuti reperti di certa provenienza italica, alcuni dei quali ancora sporchi di incrostazioni terrose ed avvolti in quotidiani italiani.

In particolare: un elmo in bronzo, avvolto in pagine del “Corriere della Sera” del 1994, custodito in una scatola di cartone con la scritta “CANDEGGINA ACE”; frammenti di ceramica pertinenti a vaso archeologico campano avvolto in alcuni fogli del “Mattino” di Napoli; frammenti di un cinturone in bronzo, avvolti in pagine del “Corriere dello Sport”; una scatola di cartone contenente frammenti ceramici di natura archeologica con dentro un bigliettino di un noto trafficante siciliano; una scatola di cartone, con scritta a penna “CASTELVETRANO”, contenente frammenti ceramici di natura archeologica; diversi reperti in bucchero; tantissimi frammenti di ceramica afferenti a vasi figurati di natura archeologica; un borsone da viaggio, con scritta esterna “MONDRAGONESE CALCIO”.

Nell’abitazione di uno dei due è stato trovato il passaporto statunitense (scaduto) del citato Robert HECHT, oltre ad altri reperti interi, nonché documenti relativi a rapporti d’affari che intercorrevano tra quest’ultimo ed i restauratori.

Nella circostanza sono stati sequestrati, complessivamente, oltre 500 reperti archeologici. Purtroppo, il procedimento penale nei confronti dei BURKI, anche a causa di lungaggini burocratiche dovute alle formalità rogatoriali e al gravame dei ricorsi presentati, ha subito un forte rallentamento tanto da far intervenire i termini di prescrizione.

Nonostante ciò, il Giudice per le Indagini Preliminari di Roma, nel disporre l’archiviazione del processo, ha comunque emesso un provvedimento di confisca dei reperti. Al momento dell’esecuzione si è scoperto che i Burki, che nel frattempo erano rientrati in possesso dei reperti, restituiti dalle autorità elvetiche, ne conservavano solo i 137 presentati alla stampa.

Il Comando Carabinieri TPC, polo di gravitazione informativa e di analisi a favore di tutte le Forze di Polizia, sta proseguendo le indagini, in collaborazione con le autorità svizzere, per individuare gli oltre 300 reperti ancora mancanti, le cui fotografie sono state inserite nella Banca Dati delle opere d’arte da ricercare.

Nel dicembre 2009, è stata altresì chiesta, nel rispetto dei codici deontologici, una fattiva collaborazione a tutte le Associazioni di categoria, fornendo le immagini dei reperti mancanti su supporto informatico, al fine di farle pubblicare sui rispettivi siti web con l’indicazione dell’esistenza del provvedimento giudiziario a loro carico e chiedendo di sensibilizzare tutti gli iscritti perché forniscano ogni notizia utile al loro rintraccio.

In questi giorni sono stati rimpatriati, da personale del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, due importantissimi reperti archeologici appartenenti al patrimonio culturale italiano. I due beni sono stati individuati a seguito di accertamenti effettuati sulla Banca Dati delle opere d’arte da ricercare e recuperati negli Stati Uniti d’America a seguito di indagini svolte in diretta collaborazione con l’Immigration and Customs Enforcement (ICE), autorità doganale USA, a cui sono stati forniti tutti gli elementi comprovanti la illecita provenienza dall’Italia e la legittima appartenenza all’eredità culturale italiana.

Il primo reperto è un affresco, eseguito in secondo stile pompeiano, databile al I secolo d.C., raffigurante una “ministra sacrificante”, delle dimensioni di cm 80 x 60. L’opera era parte di una serie di sei affreschi ritrovati in una villa romana, portata alla luce nel comune di Boscoreale (NA), alle pendici del Vesuvio.

I reperti, ritrovati in ottimo stato di conservazione, probabilmente per l’opera di copertura della lava, nel lontano 1957 vennero depositati nei magazzini dell’area archeologica degli scavi di Pompei. Soltanto nel 1997 fu formalmente denunciato l’ammanco di uno degli affreschi, probabilmente rubato molti anni prima ed esportato illegalmente. Tale affresco è stato poi individuato presso la casa d’aste Christie’s di New York in attesa di essere venduto.

Il secondo è un cratere corinzio a colonnette, scavato illegalmente in Italia e le cui foto polaroid, scattate presumibilmente all’atto del ritrovamento e dopo il restauro, sono state poi trovate presso il porto Franco di Ginevra tra la documentazione sequestrata al noto trafficante Giacomo Medici. Questo reperto, scomparso per diverso tempo, era stato commercializzato in Giappone e comprato da un noto museo nipponico del settore, che lo aveva rimesso in vendita nel dicembre 2008 sul mercato di New York, sempre presso la casa d’aste Christie’s.

Entrambi i reperti sono stati sequestrati da funzionari dell’ICE di quella città, su richiesta dei militari del Reparto Operativo TPC e successivamente confiscati dalle autorità statunitensi che li hanno restituiti, a titolo definitivo, al patrimonio culturale dello Stato Italiano.

Nessun commento:

Posta un commento