martedì 28 dicembre 2010

AMNIOCENTESI ADDIO? IN ARRIVO LE GRAVIDANZE DI SERIE B

                                              di Paolo Ribichini
Stop all’amniocentesi gratuita. Da gennaio 2011 solo le donne incinte “a rischio” potranno eseguire il test che rivela anomalie genetiche nel feto. Le altre dovranno rivolgersi ai privati.

Stando ai dati relativi al 2007 sulla diagnosi prenatale, ogni 100 parti sono state effettuate circa 15,4 amniocentesi. Questi test sono stati effettuati in quasi la metà delle donne di età superiore a 40 anni. Il motivo è semplice: dopo i 35 anni, le donne incinte presentano un elevato rischio di mettere al mondo un figlio con anomalie genetiche gravi che possono portare in età adulta handicap anche gravi.

Il nuovo indirizzo della linea-guida stabilisce che l’amniocentesi e della villocentesi possono essere eseguite gratuitamente solo alle donne risultate positive ad un test sul sangue, da effettuare tra l’11esima e la 13esima settimana; una prova combinata basata su età materna, la translucenza nucale ed alcuni valori nel sangue, che permette di individuare le donne a rischio. Fino ad oggi, invece, tutte le donne over 35 avevano diritto all’analisi sempre e comunque gratis. L’amniocentesi è un esame con cui viene prelevato una piccola parte del liquido amniotico. Viene effettuato tra la 15esima e la 19esima settimana di gravidanza e serve a valutare la qualità cromosomica per individuare eventuali malattie cromosomiche del nascituro. Ma sia l’amniocentesi che la villocentesi comportano circa il 2% di rischio di aborto.

L’intento dell’Istituto Superiore di Sanità, nel tracciare queste nuove linee-guida è quello di ridurre i costi e gli sprechi. Ma il nuovo test sul sangue, se è vero che annulla il rischio di aborto, non convince molti genetisti e biologi della riproduzione che non lo ritengono particolarmente efficace. “Questo test ha livelli di fallibilità piuttosto alti”, spiega una genetista di un centro di fecondazione assistita a Roma. “può provocare falsi positivi o falsi negativi in percentuali elevate, con il rischio che anche la donna che risulta ‘negativa’ non abbia diritto ad un test, mettendo al mondo un figlio down. Inoltre, questa scelta se è vero che produce un risparmio per il sistema sanitario nazionale, non tiene conto dei costi di medio e lungo periodo dovuti ad un aumento di bambini malati. Un costo che ricade anche su alcune famiglie”.

Partendo da questa considerazione nasce il sospetto che il reale motivo che ha spinto l’Istituto Superiore di Sanità ad adottare queste linee-guida non sia legato all’eccesso di ospedalizzazione e a costi troppo elevati. Il sospetto che ancora una volta con la scusa dei tagli e fuorviando la realtà, il motivo sia sostanzialmente ideologico. Non a caso, la stessa Chiesa ha dichiarato di apprezzare le nuove linee-guida. Secondo l’Osservatore Romano queste sono “un buon passo avanti, visto il pericolo non indifferente che in seguito all’amniocentesi avvenga la morte del feto”, aggiungendo che “la diagnosi prenatale genetica, anche quando venga fatta sul sangue materno e senza rischio per il feto, non è eticamente neutra”.

Ma quale sarà l’effetto concreto di questa decisione? Considerando la fallibilità del test del sangue, il rischio è che le donne incinte over 35 che si rivolgono a strutture pubbliche per seguire la gravidanza avranno un maggiore rischio di mettere in vita un figlio handicappato. Così, ancora una volta, ci saranno donne di serie A, che si rivolgeranno a strutture private grazie ad una maggiore disponibilità economica, e donne di serie B. Con più probabilità, quest’ultime potrebbero mettere al mondo un figlio malato senza nemmeno saperlo e dovranno anche sostenere il costo in termini di tempo e di denaro che questo comporta.
di Paolo Ribichini


Fonte: http://www.dirittodicritica.com/
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