Nel 2030 gli over 80 anni saranno 5,4 milioni (+54% rispetto al 2010), nel 2040 6,7 milioni di non autosufficienti. Solo il 36% degli italiani ritiene adeguata la copertura del welfare. E il 68% è preoccupato per il proprio reddito in vecchiaia.
Il sistema di welfare non rassicura più gli italiani. Più degli altri cittadini europei, gli italiani si sentono «ai margini» della società (il 21% contro il 9% della media europea), non inclusi dalle politiche sociali e da un sistema di welfare che risponde ai loro bisogni in maniera meno efficace che altrove. Un italiano su tre si sente a rischio di povertà (il 36% contro il 25% della media europea). E solo il 36% (contro il 51% della media europea) ritiene che il sistema di welfare fornisca una copertura adeguata. Il 62% esprime un giudizio negativo anche sugli strumenti di tutela dei disoccupati: una quota superiore al dato di altri grandi Paesi come Germania (39%), Francia (29%), Regno Unito (28%) e più alto della media europea (45%). Il 44% ritiene che negli ultimi cinque anni la situazione sia perfino peggiorata, rispetto al 38% medio europeo, al 39% dei francesi e al 27% degli inglesi. La valutazione chiama in causa non solo gli ammortizzatori sociali di primo intervento, come la cassa integrazione, ma tutta la filiera degli strumenti di protezione e reinserimento per chi perde il lavoro.
Le preoccupazioni per il futuro delle pensioni. Con particolare apprensione è vissuta la propria condizione di futuro pensionato. Il 28% degli italiani è molto preoccupato e il 40% abbastanza preoccupato per il fatto che il proprio reddito in vecchiaia sarà insufficiente a garantire un livello di vita dignitoso. I due dati sono superiori ai valori medi europei, pari rispettivamente al 20% per le persone molto preoccupate e al 34% per quelle abbastanza preoccupate. Negli altri grandi Paesi europei i timori sono decisamente minori: in Francia il 15% dei cittadini è molto preoccupato e il 36% abbastanza preoccupato, nel Regno Unito le percentuali scendono rispettivamente al 13% e al 34%, in Germania all’11% e al 34%. Il 21% degli italiani di età superiore a 18 anni è convinto che sarà costretto ad andare in pensione più tardi rispetto all’età di pensionamento pianificata, il 20% pensa che dovrà provare a risparmiare di più per quando sarà in pensione, il 19% ritiene che il proprio assegno pensionistico sarà d’importo inferiore a quanto si aspetta.
L’evoluzione demografica traina i nuovi bisogni. Alle preoccupazioni dell’opinione pubblica e alla diffusa insicurezza individuale si aggiungono fattori strutturali inaggirabili che pesano sul destino del nostro sistema di welfare. L’invecchiamento della popolazione e la progressiva erosione della quota di popolazione attiva sono i fenomeni che impatteranno di più sui futuri scenari sociali. La quota di over 65 anni sulla popolazione totale ha già raggiunto il 20% (12,2 milioni di persone) e nel 2030 supererà il 26% (16,5 milioni), con un incremento del 35% in vent’anni. Ci saranno 4 milioni di persone non attive in più a fronte di una diminuzione di 2 milioni di attivi. L’aumento del tasso di dipendenza degli anziani (dal 30,9% del 2010 al 43,7% del 2030) innescherà crescenti squilibri tra contributori e beneficiari del sistema pensionistico, che verrà sottoposto a nuove sfide di compatibilità. Basti pensare che tra il 2010 e il 2030 la popolazione di 80 anni e oltre passerà dai 3,5 milioni attuali a 5,4 milioni (dal 5,8% all’8,8% della popolazione totale), con un incremento del 54%, mentre gli italiani con 90 anni e oltre, che oggi sono 465mila, diventeranno 1,3 milioni (cresceranno dallo 0,8% al 2,1% della popolazione complessiva).
L’incontenibile crescita della domanda di assistenza. All’invecchiamento della popolazione è associato l’aumento delle malattie cronico-degenerative e delle disabilità, che richiederanno l’impegno di grandi risorse sul fronte assistenziale. Secondo le stime del Censis, la quota di persone con disabilità sul totale della popolazione è oggi pari al 6,7% (4,1 milioni di persone), arriverà nel 2020 al 7,9% (4,8 milioni) e al 10,7% nel 2040 (6,7 milioni).
Gli squilibri del sistema pensionistico. La sostenibilità del sistema pensionistico rimane l’altro nodo cruciale da affrontare per una rimodulazione del sistema di welfare. In Italia la spesa sociale è pari al 27,8% del Pil, in linea con la media europea (26,4%). Ma rispetto agli altri Paesi, in Italia la spesa previdenziale pesa in modo abnorme sulla spesa sociale complessiva. I 5.880 euro di spesa sociale pro-capite vengono assorbiti in gran parte dalla spesa pensionistica: 3.404 euro pro-capite nel nostro Paese, rispetto ai 3.087 euro della Germania e i 2.504 euro della media europea.
I limiti degli interventi di razionalizzazione e delle politiche dei tagli. L’andamento della spesa per il personale sanitario delle Regioni sta diminuendo (tra il 2000 e il 2009 è passata dal 36,8% al 33,1% della spesa sanitaria totale). Ma è difficile intervenire ulteriormente su questo fronte, considerando il rischio di caduta della qualità delle prestazioni rese e il ruolo di serbatoio occupazionale svolto dalle strutture sanitarie (un ospedale ha un valore sul territorio sotto il profilo occupazionale, oltre che una funzione di rassicurazione sociale, che va al di là della funzione strettamente sanitaria).
Riorganizzare il sistema di welfare. «Da anni discutiamo di ipotesi di riorganizzazione del sistema di welfare» - ha dichiarato Giuseppe De Rita, presidente del Censis. «A fronte di vistosi vuoti di copertura dell’impianto pubblico sanitario, socio-assistenziale ed educativo, il sistema ha continuato a tenere grazie a intrecci virtuosi che vedono in un ruolo di protagonismo le famiglie e le loro risorse private, il volontariato, le reti informali. Si è configurato in modo spontaneo un meccanismo di welfare mix. Sperimentazioni in Paesi a noi vicini ci appaiono a volte suggestive, ma sono convinto che vada cercata una nostra strada per l’individuazione di nuove politiche sociali che poggino su responsabilità condivise sia pubbliche che private».
Al via il progetto «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali». È questo l’obiettivo del progetto «Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali», che vede la collaborazione del Censis e di Unipol Gruppo Finanziario. «Vogliamo promuovere una riflessione sul welfare - ha detto Carlo Cimbri, amministratore delegato di Unipol - che, a partire dalle attuali prospettive e dalla rilevazione dei reali bisogni delle famiglie, contribuisca a rimodulare un nuovo assetto delle politiche sociali, per rispondere al mutato contesto e alle nuove domande di tutela. Il Gruppo Unipol, per la sua lunga esperienza e la leadership riconosciuta nell’economia sociale, si propone come promotore di questo laboratorio di riflessione, nel quale sviluppare il dibattito e le proposte di strumenti nuovi e politiche attive in grado di rinnovare il settore delle tutele sociali».
Fonte: CENSIS
Nessun commento:
Posta un commento