domenica 19 dicembre 2010

“Lo stato colluso” e la morte del giudice

Gli autori sono Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo, direttore e vicedirettore del mensile 'Antimafia Duemila'. "Borsellino rappresenta un problema per chi sta preparando la discesa in campo di Forza Italia. Un nuovo potere che sicuramente il giudice avrebbe messo sotto inchiesta"

Paolo Borsellino sapeva. Sapeva della trattativa tra Stato e mafia. Aveva intuito il ruolo di Dell’Utri, secondo Cosa nostra, “il personaggio su cui scommettere”. E ancora, il mistero dell’agenda rossa. Il racconto degli ultimi giorni del magistrato antimafia alla caccia dei mandanti “interni” ed “esterni” della strage di Capaci, in cui morì Giovanni Falcone. “Una ricerca che Borsellino pagherà con la vita". Così dicono al Fattoquotidiano.it gli autori del libro “Gli Ultimi Giorni di Paolo Borsellino”, dalla strage di Capaci a via d’Amelio (Aliberti editore, 16,50 euro), Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo.  

Avete deciso di focalizzare l’attenzione sugli ultimi 57 giorni della vita di Borsellino.

Sì. E abbiamo scoperto che c’è un filo rosso che lega tanti momenti della storia della mafia, dell’antimafia e dei loro protagonisti. Gente diversa e dinamiche opposte. Ma la strada che porta al martirio è uguale.

Ci fa un esempio?

Parliamo della strage mafiosa di via Carini (Palermo) del 3 settembre 1982 in cui cadde Carlo Alberto Della Chiesa e la moglie, Emanuela Setti Carraro. Accostiamola a quella di via d’Amelio. Dalla Chiesa sa che a Palermo ha solo 100 giorni a disposizione. Stessa cosa vale per Borsellino. Con la differenza che a disposizione di giorni ne ha avuti meno, 57. Per entrambi la morte è annunciata. Entrambi, ne sono consapevoli. Entrambi lo annunciano. 

Chi è Borsellino dopo la morte di Falcone e come impiega i suoi ultimi giorni?

In quel momento il magistrato ha nelle mani la possibilità di trasformare la storia d’Italia. E’ lui il magistrato più famoso del mondo. Lo diventa, purtroppo, a seguito della morte di Giovanni Falcone. Impiega giorno e notte nel tentativo di vendicare la morte del suo amico fraterno. Indaga sui mandanti interni ed esterni.

Cosa intende per mandanti “interni” ed “esterni”?

Per interni intendo gli esponenti di Cosa Nostra. Gli esterni sono quelli che hanno dato l’imput. Una struttura parallela a Cosa Nostra. Certamente, nei fatti, superiore: lo Stato.

Si parla molto negli ultimi mesi della trattativa.

All’interno delle nostre istituzioni, in quel momento, c’è chi vuole eliminare Borsellino.

Perché ne è così convinto?

Borsellino sapeva già della trattativa tra Stato e la mafia. Sapeva dei contatti tra Cosa nostra e Ros. Sa di Mario Mori

Una storia ancora tutta da dimostrare.

Appunto. Ma c’è qualcosa di più inquietante. Borsellino, proprio in quei giorni, sta iniziando le indagini che riguardano Marcello Dell’Utri. Di lui, il magistrato sa che per la mafia rappresenta un nuovo cavallo su cui scommettere. 

Si riferisce all’ intervista rilasciata a Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi due giorni prima della strage di Capaci?

Sì. Borsellino in quel momento rappresenta un ostacolo non solo per la trattativa in corso, rappresenta un problema per chi sta preparando la discesa in campo di Forza Italia. Un nuovo potere che sicuramente il giudice avrebbe messo sotto inchiesta. Sono convinto che lui avrebbe indagato su Dell’Utri per associazione mafiosa e Silvio Berlusconi per favoreggiamento.

Sono affermazioni pesanti. Ne è proprio sicuro?

Aggiungo un particolare. In quel momento Cosa nostra non ha interesse a uccidere Borsellino. Le carte dei magistrati che noi pubblichiamo lo dimostrano. Brusca, Cangemi, Giuffrè, vale a dire il gotha della mafia indica nomi di altri personaggi da eliminare: Andreotti, Martelli, Mannino, Vizzini, Grasso. Non si capisce da dove venga l’urgenza, a un certo punto, di eliminare il magistrato.

Nel libro mettete insieme tutte le dichiarazioni rilasciate alle toghe dalle persone presenti in via D’Amelio, subito dopo l’esplosione. Ricostruite anche i momenti che portano alla sparizione della agenda rossa.

L’agenda è stata sottratta, questo è sicuro. Ma l’episodio è ancora avvolto nel mistero. L’unica cosa che possiamo dire è che il colonnello Arcangioli (l’indagato numero uno della sparizione, ndr), in quei momenti di angoscia tra le macchine ancora fumanti, ha preso la borsa del magistrato. Con questa è andato in giro tra le macerie. Per poi tornare indietro e riportarla nella macchina. Questa condotta non ha nessuna logica.

Però è stato assolto.

Sì, i giudici hanno stabilito così. Loro mettono in dubbio anche la presenza dell’agenda all’interno della borsa. Tanti dubbi, dunque. Ma tra questi c’è l’illogico comportamento del funzionario.
di Gaetano Pecoraro
Fonte: il Fatto Quotidiano

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