Esperti ed esponenti di Ong e associazioni locali e internazionali lo sostengono da una decina di anni: la diga di Bujagali, che sta sorgendo nelle vicinanze delle fonti del Nilo Bianco, in Uganda, non conviene dal punto di vista economico.
Adesso se ne stanno rendendo conto un po’ tutti, visto che pure i costi della linea di trasmissione per i 250 megawatt prodotti dalla centrale idroelettrica stanno lievitando in maniera esponenziale.
L’impresa costruttrice, l’indiana Jyoti Structures, addebita questa “spiacevole novità” alla modifica dei piani previsti in origine a causa “delle condizioni sfavorevoli sul campo”. Il timore, più che fondato, è che per colpa del progetto sostenuto da Banca mondiale e Banca europea per gli investimenti, (mentre la compagnia italiana Salini è coinvolta nella realizzazione della diga) le bollette dell’energia degli ugandesi aumentino considerevolmente. Si passerebbe dai sei centesimi di dollaro per unità stimati inizialmente a oltre il doppio, a fronte delle promesse di più “elettricità a costi più bassi”.
Nel frattempo, come emerge da un interessante articolo pubblicato dal quotidiano ugandese “The New Vision”, per l’approvvigionamento energetico la cittadinanza locale sta guardando altrove. Al solare, per esempio. E le fonti alternative – tra cui anche l’eolico e il geotermico – non sono prese in considerazione solo dalla popolazione rurale, ma anche da quella che abita nei centri urbani. Proprio perché Bujagali si sta rivelando un pessimo affare per il Paese africano.
Fonte: CRBM
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