I gravi segni del tempo e lo stato di generale abbandono in cui si trova la Basilica più cara al mondo cristiano, saranno presto cancellati grazie a un progetto internazionale di restauro, capofila l’Italia, che vede i ricercatori dell’Ivalsa-Cnr impegnati nella verifica delle strutture lignee dell’edificio.
A restaurare la chiesa della Natività di Betlemme, una delle più antiche al mondo oltre che il luogo simbolo della nascita di Gesù, sarà un team internazionale, coordinato dal prof. Claudio Alessandri dell’università di Ferrara e dal Consorzio Ferrara Ricerche, che ha siglato un accordo in tal senso con le autorità palestinesi. Tra gli organismi coinvolti anche l’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Ivalsa-Cnr).
Eretta nel IV secolo per desiderio di sant’Elena, madre di Costantino il Grande, e ricostruita a seguito di un incendio nel VI secolo sotto il regno di Giustiniano, la Basilica della Natività è stata oggetto di un rapporto dell'Unesco, secondo cui il grave deterioramento della copertura mette a rischio i dipinti e le strutture lignee al suo interno.
“L’aspetto attuale del tempio, valutabile da qualsiasi pellegrino in visita, è piuttosto trasandato, soprattutto per le visibilissime colature di acqua che corrono lungo i muri, chiaro segno delle carenze di tenuta del tetto nei confronti delle acque meteoriche”, spiega Nicola Macchioni, ricercatore dell’Ivalsa-Cnr. “Il nostro compito è quello di eseguire la diagnosi strutturale sugli elementi lignei che compongono la copertura della chiesa, realizzare la datazione della struttura stessa con metodologia dendrocronologica e valutare lo stato di conservazione degli infissi”.
L’analisi degli elementi lignei, mai compiuta finora, potrebbe svelare molti segreti intorno alla storia della Basilica, meta irrinunciabile dei molti pellegrini in Terra Santa e insieme rappresentazione delle difficoltà di dialogo tra chiese cattolica, ortodossa e armena, che in quest’occasione hanno raggiunto un accordo storico, grazie alla mediazione dell’Autorità nazionale palestinese cui compete la giurisdizione territoriale.
“Dai primi sopralluoghi, svolti in loco tra ottobre e novembre, possiamo dire che quasi sicuramente l’aspetto attuale della struttura di copertura non corrisponde più a quello originario”, prosegue Macchioni. “I numerosi campioni prelevati per lo svolgimento dell’indagine dendrocronologica consentiranno di collocare temporalmente gli eventuali interventi di restauro e manutenzione che si sono susseguiti nei secoli, come quello, riportato da documenti storici, relativo a un invio di legname nel 1479 da parte della Repubblica di Venezia, dietro richiesta dei frati francescani, per il rifacimento della copertura”.
“Durante i sondaggi abbiamo avuto modo di rilevare anche lo stato di conservazione delle finestre della navata principale e dei transetti, oltre che delle porte presenti all’interno del tempio, tra le quali ha grande importanza storica quella che immette all’interno dell’edificio dal nartece e le due che consentono l’accesso alla grotta della natività”, conclude Macchioni.
Nel corso dei prossimi mesi il materiale e i dati raccolti verranno analizzati nei laboratori Ivalsa-Cnr di Sesto Fiorentino (Fi) e di San Michele all’Adige (Tn). I risultati ottenuti saranno la base per la redazione del rapporto che, unitamente a quelli forniti dalle altre unità operative, consentirà di mettere a punto il progetto di restauro della copertura della Basilica.
Foto disponibili ad alta risoluzione su http://dl.dropbox.com/u/10042096/Nativita_Ivalsa_foto%20alta.zip
Fonte: CNR
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