Peggiora di ora in ora la situazione degli africani – tra cui un folto gruppo di eritrei respinti in Libia nel giugno scorso dall’Italia – tenuti prigionieri da oltre un mese sul Sinai da un gruppo di narcotrafficanti beduini. E mentre l’Egitto – competente sull’area – per bocca del suo ministro degli Esteri afferma di non saper nulla del sequestro, le condizioni dei profughi si aggravano.
«Poco fa – spiega a Diritto di Critica il sacerdote eritreo Mussiè Zerai, direttore della ong Habeshia – mi hanno riferito che una donna incinta sta per partorire e si tratta di una situazione ad alto rischio perché non ci sono le condizioni igienico-sanitarie ottimali in caso di complicazioni né qualcuno che la possa soccorrere dal punto di vista medico. Un intervento di liberazione – conclude – è quanto mai urgente».
Rapiti nello scorso ottobre, gli africani sono stati tenuti in condizioni drammatiche. Quattro di loro sono stati portati in un luogo imprecisato perché donassero gli organi e pagassero così il loro riscatto, mentre almeno otto – tra cui due diaconi ortodossi – sono stati uccisi. Numerosi, infine, i feriti, alcuni gravi. Per la loro liberazione, i rapitori chiedono che ciascuno paghi ottomila euro.
di Emilio Fabio Torsello
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