Le acque di scarico non correttamente depurate confluivano direttamente nel fiume Tevere.
Il personale del Comando Provinciale di Roma del Corpo forestale dello Stato nei giorni scorsi ha posto sotto sequestro il depuratore ACEA ATO 2 di Roma Nord, dando esecuzione ad un decreto emesso dal GIP del Tribunale di Roma.
Il provvedimento cautelare è l'ultimo atto di un'attività di indagine condotta dagli uomini della Forestale che ha permesso di accertare ripetuti malfunzionamenti nell'impianto gestito dalla società ACEA ATO 2.
L'impianto risultava autorizzato alla raccolta di liquami provenienti dalla rete fognaria del bacino di Roma Nord ed al trattamento dei fanghi non palabili - cioè liquidi - e di altre tipologie di rifiuti provenienti dai depuratori dei comuni appartenenti alle province di Roma e di Rieti che rientrano nell'Ambito Territoriale Ottimale (ATO) 2. Le indagini della Forestale hanno invece consentito di documentare lo sversamento nel fiume Tevere di acque reflue non correttamente depurate, in quanto addizionate di fanghi non sottoposti ai previsti trattamenti.
Le conclusioni dell'attività investigativa del Corpo forestale sono state puntualmente confermate dalla consulenza tecnica successivamente disposta dal Pubblico Ministero titolare delle indagini.
In pratica è stato possibile accertare che parte dei liquami e dei rifiuti convogliavano direttamente allo scarico nel Tevere dopo il solo processo di sedimentazione primaria e quindi prescindendo dall'effettuazione di tutte le altre fasi di depurazione. I fanghi conferiti su gomma - da considerarsi rifiuti ai sensi della vigente normativa di settore - venivano infatti miscelati con i liquami urbani senza essere sottoposti a tutti i trattamenti previsti.
In sintesi, il quadro che emerge dalla relazione degli esperti nominati dal Pubblico Ministero è che con le modalità di gestione attuate per una parte dei rifiuti provenienti dall'esterno, depurati solo parzialmente, di fatto l'impianto veniva a costituire lo strumento per il loro sversamento in acque superficiali - nel caso specifico il fiume Tevere - attraverso una semplice miscelazione con le acque reflue urbane depurate.
I reati ipotizzati sono la frode nelle pubbliche forniture - in relazione alla ripetuta violazione degli obblighi derivanti dalla convenzione di gestione del servizio idrico integrato - e lo smaltimento illecito di rifiuti - con riferimento all'illegale smaltimento nel fiume Tevere dei rifiuti conferiti dai Comuni facenti parte dell'ATO 2. Attualmente risulta interdetto qualsiasi conferimento presso il depuratore di rifiuti provenienti dall'esterno.
Nel mirino degli investigatori è finito anche l'utilizzo in agricoltura dei fanghi derivanti dal processo di depurazione, gestito da una società legata al gruppo ACEA S.p.a., in possesso di specifica autorizzazione della Provincia di Roma.
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