di Michele Cervo
E' alto il rischio prescrizione per il processo Marlane. A denunciarlo sono gli avvocati della parte civile per quello che potrebbe essere il più grande caso italiano di morti sul lavoro all'interno di una fabbrica. Alla Marlane di Praia a Mare, in provincia di Cosenza, industria tessile del gruppo Marzotto, le cifre sono impressionanti. Ad oggi risultano circa 80 operai morti a causa delle esalazioni provenienti dal reparto tintoria, altri 50 sono affetti da patologie tumorali e molti altri nei prossimi anni potrebbero ammalarsi. Per tali ragioni il Gup del Tribunale di Paola, il 12 novembre 2010 ha rinviato a giudizio Pietro Marzotto ed altri 11 dirigenti della stessa azienda, con l'accusa di omicidio colposo plurimo, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e disastro ambientale, per aver sversato e interrato nell'area antistante lo stabilimento tessile, tonnellate di rifiuti speciali di cui la maggior parte di natura altamente cancerogena.
Per quest'ultimo capo d'imputazione sono ancora in corso ulteriori indagini, perché bisognerà capire l'esatta quantità delle sostanze interrate lungo la spiaggia antistante la fabbrica, frequentata d'estate dai bagnanti. Il dibattimento inizierà il 24 giugno, a meno di un nuovo rinvio, così come avvenuto lo scorso 19 aprile, quando gli avvocati della difesa, tra gli altri Niccolò Ghedini e Giuseppe Lucibello, riuscirono ad ottenere il rinvio dell'udienza, perché nei decreti del Gup, inviati alle parti, mancavano alcune pagine. Affetti quindi da nullità assoluta per violazione del diritto di difesa. La preoccupazione che ci si avvicini pericolosamente alla prescrizione traspare dalle parole dell'avvocato Lucio Conte , uno dei legali della parte civile.”Dopo la sentenza del processo a carico dei dirigenti della Thyssen – ha dichiarato l'avvocato Conte – definitosi in meno di tre anni dall'inizio delle indagini, ci si chiede come mai il processo nei confronti dei dirigenti della Marlane Marzotto sia iniziato solo a distanza di dieci anni dalle prime indagini, seppur imputati di reati gravissimi in merito a presunte decine e decine di morti sul lavoro?” Proprio a causa di tali lungaggini nelle indagini preliminari, denuncia ancora l'avvocato Conte, numerosi reati di omicidio colposo e di lesioni colpose non sono stati contestati agli imputati perché ormai estinti per prescrizione.
La prima denuncia, infatti, arrivò negli uffici della Procura di Paola nel 1999 a firma di tre ex dipendenti della Marlane, Luigi Pacchiano, Alberto Cunto e Anna Rosa Fagiano, aderenti allo Slai Cobas, in cui evidenziavano, tra l'altro, che tra gli operai della fabbrica si erano verificati numerosi decessi per patologie tumorali. Quella prima indagine fu archiviata. Era evidente - ci spiega l'avvocato Conte - la superficialità con cui si cercò di indagare. Non furono esaminati gli elenchi dei lavoratori della Marlane assunti dal 1969 al 1998 per verificare quanti fossero i deceduti (una rapidissima indagine presso il Comune di residenza e la verifica delle schede Istat presso l'Asl, avrebbe chiarito la causa del decesso), ed ancora le indagini accertarono che era pendente una causa di lavoro contro la stessa Società per risarcimento danni derivanti da malattia professionale, una patologia tumorale alla vescica causata da inalazioni di sostanze cancerogene utilizzate nel ciclo di lavorazione in assenza di misure di sicurezza a tutela della salute.
Fatto questo riconosciuto al lavoratore anche dall'Inail. Non solo, ma la richiesta di archiviazione, fatto strano, venne notificata alle persone offese tre anni dopo. Tra impugnazioni e nuove denunce le indagini comunque ripartirono. Fino ad oggi, con l'inizio delle udienze, e dove tutti gli avvocati di parte civile hanno aggiunto un nuovo elemento: la richiesta alla Procura di Paola ed alla Procura Generale di Catanzaro di modificare le contestazioni mosse agli imputati. Cioè trasformare in base ai numerosi elementi documentali e testimoniali l'accusa in omicidio volontario plurimo con dolo eventuale, lo stesso reato con cui la Corte d'Assise di Torino ha condannato i dirigenti della Thyssen. “All'udienza del 24 giugno – dicono le parti civili – sarà la Procura di Paola a dover dichiarare che l'Italia è unita anche sotto l'aspetto processuale, per dimostrare che su tutto il territorio nazionale è necessario prestare la medesima attenzione alla salute dei lavoratori”.
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