La Corte Suprema di Londra ha pubblicato le motivazioni della sentenza con cui, il mese scorso, aveva negato il ricorso all'immunita' parlamentare nel caso di tre ex membri del Parlamento accusati di furto in relazione a note spese gonfiate inoltrate all'amministrazione della Camera di appartenenza per ottenere il rimborso.
I parlamentari, che si erano dimessi dopo lo scandalo, sostenevano il loro diritto a non subire un processo nei tribunali ordinari, accettando di venire giudicati solo dalle rispettive Camere. Il giudizio di primo grado e quello d'appello avevano già respinto l'ipotesi che un reato comune del tipo in esame potesse venir giudicato dal Parlamento e non in tribunale.
Tuttavia la Corte d'Appello, riconoscendo che era stato sollevato un punto di diritto di interesse generale, aveva dato l'autorizzazione a richiedere un'interpretazione alla Corte Suprema in forma di risposta alla seguente domanda: può il tribunale ordinario sottoporre a processo un parlamentare in relazione ad accuse riguardanti richieste disoneste di rimborso spese relative alla sua funzione, oppure il tribunale non ha giurisdizione in forza dell'articolo 9 del Bill of Rights del 1688 e/o in forza della giurisdizione esclusiva del Parlamento?
La Corte Suprema ha preso in considerazione innanzitutto i limiti dell'immunita' prevista dal Bill of Rights (Art. 9: “That the Freedome of Speech and Debates or Proceedings in Parlyament ought not to be impeached or questioned in any Court or Place out of Parlyament.”) e, siccome essi dipendono dall'interpretazione da dare all'espressione "Proceedings in Parlyament" (atti in Parlamento), ha affrontato il problema di chi sia legittimato a decidere quali siano i comportamenti cosi' definibili.
Storicamente il dibattito sull'argomento ha portato a concludere che la decisione su che cosa si debba intendere per "Proceedings in Parlyament", e su quali siano le prove ammissibili, va affidata ai tribunali e non alle Camere. Anche se i tribunali, in casi di questa natura, pongono riguardo e attenzione al parere del Parlamento. Il significato del termine "proceedings" e' stato piu' volte analizzato nei tribunali senza che, tuttavia, si sia mai potuti giungere ad una definizione precisa e definita nei particolari, ma solo ad un concetto di carattere generale.
Tecnicamente, nel contesto del Parlamento, fin dal XVII secolo, il termine indica un atto ufficiale, di solito una decisione presa dal Parlamento riunito in assemblea. Questa interpretazione, al presente, si estende e comprende tutte le forme e i procedimenti, e soprattutto il dibattito, attraverso i quali si giunge alla decisione. Quindi l'intervento per mezzo di un discorso e il voto, ma anche tutte le altre forme ufficiali di partecipazione (per esempio la presentazione di una petizione, di una mozione, del rapporto di una commissione) che si possano ritenere sostitutive dell'intervento in forma orale.
Oltre all'area piu' ristretta coperta da immunita' costituita dall'articolo 9 del Bill of Rights, la Corte Suprema ha analizzato l'immunita' prevista dalla "exclusive cognisance" (giurisdizione esclusiva) del Parlamento, per cui ognuna delle due Camere detiene il diritto esclusivo di trattare le questioni che la riguardano senza interferenze extraparlamentari o da parte dell'altra Camera. Cio' in base al presupposto che le leggi che regolano la vita interna del Parlamento non sono materia di conoscenza e competenza del giudice ordinario.
Dopo la citazione e il commento della giurisprudenza relativa al tema dell'immunita', la Corte Suprema ha concluso che, sebbene nessuno dei casi citati possa riferirsi direttamente al caso in esame, la deduzione che puo' scaturire dalla loro analisi porta a individuare con sicurezza quale sia il principio che informa l'articolo 9: garantire la liberta' di espressione in Parlamento e nei comitati parlamentari, sotto forma di discorsi e dibattiti.
Questo e' il modo e il luogo in cui si esplica la funzione essenziale del Parlamento. Per far ricadere nell'ambito dei "parliamentary proceedings" anche atti compiuti al di fuori del Parlamento, ma che ad essi si possono collegare, e' necessario considerare la natura di questa connessione, e prevedere, se tali atti non sono gia' coperti da immunita', il loro probabile impatto negativo sullo svolgimento delle funzioni essenziali del Parlamento.
"Adottando questo approccio - ha spiegato la Corte Suprema - la presentazione dei documenti per la richiesta di rimborso spese non si qualifica come atto protetto da immunita'. L'esame delle note spese da parte di tribunali ordinari, esterni al Parlamento, non potra' avere nessun impatto negativo sullo svolgimento delle funzioni essenziali del Parlamento".
"Certamente l'indagine del tribunale ordinario non inibira' nessuna delle varie attivita' dei membri del Parlamento relative, in un modo o nell'altro, all'espletamento dei loro doveri di parlamentari. L'unica cosa che inibira' - ha concluso la Corte Suprema con crudele e britannico sense of humour - e' la presentazione di note spese disoneste".
di Giulia Alliani
Fonte: http://www.osservatoriosullalegalita.org/
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