lunedì 6 dicembre 2010

ASSANGE BRACCATO, I MEDIA RACCONTANO LA NUOVA GUERRA FREDDA. L’ITALIA SORVOLA CONCENTRANDOSI SUL GOSSIP

                                                      di Gliitaliani.it
Mentre Assange e i suoi sono ormai braccati in mezzo mondo, sono state bloccate le donazioni attraverso Paypal (unico mezzo di sostentamento del gruppo di Wikileaks) e il sito è continuamente sotto attacco legale e informatico, continua il rilascio dei documento della diplomazia Usa. Perché sono i media che hanno ottenuto da Wikileaks i file a dettare l’agenda delle uscite quotidiane dei documenti. Media di “peso”. Tradizionali. New York Times, Guardian, Le Monde, El Pais e Spiegel. Che attraverso un’analisi giornalistica (si parla di decine e decine di cronisti specializzati impegnati nell’analisi dei documenti) ogni giorno riscrivono pezzetti di storia della diplomazia (e non solo di quella) degli ultimi anni.

Il Guardian pubblica per esempio una inquietante vicenda che coinvolge il leader libico Gheddafi che lo scorso anno, per ripicca contro l’Onu che non gli aveva concesso di piazzare la sua tenda a New York, il colonnello diede ordine di lasciare oltre 5 kg di uranio altamente arricchito in balia di «potenziali ladri e terroristi» nei pressi della centrale nucleare libica che si trova a 14 km da Tripoli. Solo dopo 20 giorni di angoscia Washington e Mosca riuscirono a scongiurare un incidente nucleare con effetti devastanti su tutto l’arco del Mediterraneo. Poi il dossier Yemen, pubblicato dal New York Times: il territorio dello Yemen è un «regno» per le operazioni antiterrorismo condotte in modo unilaterale dagli Stati Uniti. «Noi – spiega in un cable il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh – continuiamo a dire che le bombe sono nostre, non vostre».

E poi ancora, rivelazioni confermano che già dal 2002 nel mondo si combatte una vera e propria guerra informatica a colpi di hacker assunti e schierati da eserciti contrapposti, con Pechino e Teheran come protagonisti, l’India che arranca per le «discussioni interne al governo» e gli Stati Uniti impegnati a rafforzare le proprie agenzie ma in grave ritardo. Centinaia gli attacchi registrati dal 2002 ad oggi, contro i sistemi informatici di organizzazioni governative e impianti militari. Decine gli hacker assunti a tempo pieno. La nuova faccia della guerra fredda?

Intanto in Italia si concentra tutta l’attenzione dei media su quello che viene definito “gossip” e non si guarda oltre la propria provincialissima visione del mondo nella quale le uniche cose importanti su cui focalizzare l’attenzione sono le feste del premier e il suo stato di salute. Si conferma così lo stato, anche a livello di credibilità e peso internazionale, dell’Italia. La provincia dell’Impero. Un impero che non è quello del nostro principale alleato, gli Usa, ma della Russia autoritaria e, come la definiscono sempre i diplomatici statunitensi, “mafiosa”. Per paradosso potremmo quasi dire che stiamo per uscire dal club Nato senza saperlo.  

 “Diplomatici Usa – si legge in uno dei tanti report ripresi in Italia e provenienti dall’ambasciata Usa a Mosca – riferiscono che la stretta amicizia personale tra il primo ministro italiano Silvio Berlusconi e il leader russo Vladimir Putin è una parte chiave delle relazioni tra i due paesi”. Lo sanno pure i sassi in Italia. Ma qui si concentra l’attenzione. Mentre si sorvola, o si pone in secondo piano, la “ciccia”.

“I legami economici, specialmente contratti di gas di lungo termine, sono un pilastro delle relazioni Russia-Italia, e interessano le politiche dell’Italia verso la Russia. Eni e Gazprom hanno impegni di fornitura fino al 2035, e un accordo congiunto per il gasdotto South Stream. Il rappresentante dell’Eni a Mosca è spesso chiamato il ‘secondo ambasciatore’ d’Italia in Russia”. Questo emerge da un report. La “ciccia”, appunto. Argomento centrale ma che sembra interessare meno ai media nazionali del Belpaese che continuano ad insistere sui lussi e le feste e le vacanze da sogno con l’amico Vlad.

Forse perché l’Eni continua ad essere uno dei principali inserzionisti in Italia? Forse perché non c’è partito politico in questo Paese che intrattenga rapporti “cordiali” con il gigante energetico nazionale?

Ma continuiamo. “La Russia riceve benefici economici significativi dall’Italia, ottenendo accesso alle sue attrezzature e alla sua tecnologia, al suo mercato stabile per il gas e il petrolio, e i suoi beni di consumo tanto desiderati. In cambio, la Russia offre all’Italia un sostegno per l’accesso alle forniture di gas e ai mercati centro-asiatici. Le società italiane hanno cercato di investire nel settore dell’aviazione e della generazione di elettricita’ della Russia, sebbene la crisi economica abbia fermato questi sfrozi”. Uno status che, “ha un prezzo”. Nel testo di uno dei documenti dell’ambasciata Usa in Russia si parla in particolare un diplomatico italiano, secondo il quale “i legami economici del paese sono sufficientemente forti da influire sulla posizione politica dell’Italia verso la Russia”. Secondo il diplomatico citato nel dispaccio, “leader, politici e imprenditori sono sempre ‘cauti’ nell’approccio con la Russia, in quanto l’Italia esporta in quel paese oltre 10 miliardi di euro in merci ogni anno, per lo più prodotti da piccole e medie imprese… il governo italiano conosce i difetti del governo russo, ma non può permettersi di essere troppo dura nelle critiche”.

Critiche? L’amico Vlad di critiche da parte del governo italiano non ne ha mai avute.
di ADMIN
Tratto da: www.gliitaliani.it
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