sabato 12 marzo 2011

CILE: NO ALLE DIGHE IN PATAGONIA, L'ENEL RINUNCI AL MEGAPROGETTO

Immagine della campagna italiana


“Il CO2 è il principale responsabile dei cambiamenti climatici, il 56% dell'energia in Cile si produce emettendo questo gas. L'acqua è energia pulita. A favore dell'acqua. Hidroaysén: Cile con energia”. Questo è l'accattivante e quasi convincente spot che si apre sul sito della Hidroaysén, società che si autodefinisce “il più grande progetto energetico del Cile. Fondata nel 2006 col proposito di generare “un importante potenziale di energia pulita e rinnovabile” oggi è oggetto di forti critiche da parte della società civile del paese latinoamericano che si è attivata per dire no al mega progetto che prevede la costruzione e gestione da parte di Hidroaysén di cinque centrali idroelettriche, due nel fiume Baker e tre nel fiume Pascua. 

Stiamo parlando di due tra i più importanti fiumi per portata d'acqua che scorrono nella Patagonia cilena e che vengono alimentati dai ghiacciai Campo de Hielo Norte y Campo de Hielo Sur. Zona affascinante quanto inospitale, che - escludendo i poli - conserva la più grande quantità di acqua del globo terrestre, ma anche una grande varietà di animali e piante che mantengono una biodiversità unica al mondo e che - secondo gli ambientalisti della campagna - andrebbe completamente perduta se il progetto venisse davvero realizzato, cambiando per sempre l'aspetto di una delle zone, finora, più incontaminate del pianeta. 

Per questo la campagna Patagoni sin represas - composta da circa 70 organizzazioni - ha lanciato un appello in tutto il mondo per difendere questa zona ai confini del mondo, appello che è stato accolto da una rete di organizzazioni italiane (tra le quali A Sud e CRBM, la Campagna per la Riforma della Banca Mondiale) che ha costituito la campagna italiana Patagonia senza dighe.

Non a caso gli italiani dovrebbero mobilitarsi per difendere l'acqua e la Patagonia. La Hidroaysén infatti è formata Colbun per il 49% e per il 51% da Endesa, società spagnola che fa capo all'italiana Enel (profilo societario in.pdf) che la controlla per il 92% che a sua volta è partecipata per il 13,7% dal Ministero del Tesoro e per il 17,4% dalla Cassa Depositi e Prestiti: insomma lo Stato italiano,cioè noi comuni cittadini la controlliamo per oltre il 31%. Già questi dati dovrebbero bastare a renderci responsabili per un progetto che sta minacciando una delle risorse più importanti del pianeta. Ma se non dovesse essere sufficiente basta andare un pò più a fondo alla questione per scoprire che in realtà il Green Power, tanto reclamizzato dalla nostrana, Enel in realtà nasconde solo grandi affari economici

Si sta approfittando di un paese come il Cile, che sta ancora facendo i conti con la democratizzazione delle istituzioni e una Costituzione di stampo neoliberale lasciata in eredità della sanguinosa dittatura di Augusto Pinochet, è facile capire che non preveda nessun tipo di tutela per l'ambiente. Ma c'è di più: dalla fine della dittatura in poi cariche politiche e vertici di aziende di sono facilmente interscambiati come racconta il documentario “Tutta l'acqua del mondo”, mirando a salvaguardare i grandi interessi economici. Prova ne è il fatto che l'attuale presidente del Cile, Sebastian Piñera è - secondo la rivista Forbes - uno dei più ricchi imprenditori del paese, proprietario della compagnia aerea Lan e di canali televisivi. Il tutto a spese delle categorie più deboli della società e dell'ambiente.  

Questione molto controversa è poi la campagna mediatica che sta conducendo la società Hidroaysén ma anche il governo cileno. Si fa credere alla gente che il Cile abbia bisogno di più energia e che questo megaprogetto sia l'unica soluzione. In realtà uno studio condotto da esperti del settore energetico dell’Università di Santiago (in.pdf) presentato a metà 2009, dimostra che il progetto Hidroaysén non è una necessità. Secondo le stime della Commissione Nazionale sull’Energia il fabbisogno energetico del Cile nel 2025 sarà pari a 22.736 MW.  

Lo studio esamina tutti i progetti di generazione già approvati dalle agenzie governative e a questi si aggiungono altri progetti già in fase di valutazione ambientale che porteranno la capacità di generazione elettrica nazionale a 23.080 MW, un potenziale addirittura maggiore delle stime della Commissione. La motivazione più vicina alla realtà sembra essere invece che tutta questa energia sia necessaria per le grandi società - spesso multinazionali - che si occupano dell'estrazione mineraria nel nord del paese. Sopratutto le miniere di rame - di cui il Cile è il più grande esportatore - come la San Esteban conosciuta a tutti per la brutta avventura - per fortuna a lieto fine - dei 33 minatori rimasti quasi tre mesi nelle viscere della terra nei pressi di Copiapò. 

Il progetto HidroAysén infatti non ha nulla a che vedere con la popolazione locale dato che oltre alle 5 dighe prevede anche una rete per il trasporto dell'energia nel nord del paese, lunga oltre 2000 km e che costerà 3200 milioni di dollari. Nessuna delle 9 regioni impattate dal progetto beneficerà dell’elettricità prodotta. HidroAysén prevede solo uno sconto sulla bolletta energetica, anche se ora sta cercando di aumentare i vantaggi per la popolazione in cambio di una non opposizione al progetto. 

La costruzione di grandi infrastrutture come le dighe sembra seguire una strategia ormai consolidata per produrre energia in luoghi scarsamente popolati, dove risiedono comunità storicamente marginalizzate, che dopo aver subito l'invasione straniera, e lo sterminio della popolazione locale ora si pianifica lo sfruttamento ambientale, sociale, culturale. Sorte già toccata alla parte argentina della Patagonia ridotta a un infinito pascolo di pecore da lana (anche qui le responsabilità italiane non mancano) intervallato solo da pozzi di petrolio e gas. 

La campagna italiana Patagonia senza dighe in occasione della Giornata internazionale contro le dighe del prossimo 14 marzo, chiede a tutti i cittadini italiani di attivarsi spedendo e facendo spedire una cartolina col messaggio "ENEL FUORI DALLA PATAGONIA" all'amministratore delegato della società. Fulvio Conti. Un gesto semplice, ma non irrilevante per far sentire la nostra voce. Un buon esempio di esercizio di cittadinanza attiva. 

(inviata di Unimondo)

Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, A Sud, Servizio Civile Internazionale, Associazione Studi America Latina, Associazione Culturale Aktivamente, Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua, Associazione I Nostri Diritti, Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua, Centro di Volontariato Internazionale per la Cooperazione allo sviluppo, Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali.

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