Lo scandalo delle liste di attesa "truccate": chi le rispetta aspetta anche 340 giorni per un’ecografia. Il 60% è invece erogato senza sapere come.
Presentato a Roma il II Rapporto sulla sanità del Lazio realizzato da Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato.
Cittadini disorientati e a caccia di informazioni, in ansia per presunti errori diagnostici e terapeutici, in lotta tra loro per accedere alle prestazioni ma il più delle volte vittime di un sistema di liste di attesa colabrodo, buono solo per essere aggirato se non sfruttato per fini personali. Nel 2010 infatti le prestazioni erogate e non prenotate nella Regione Lazio sono state ben 8.751.821, pari al 62,9% del totale delle prestazioni erogate. Mentre chi le rispetta può attendere oltre 100 giorni per una visita oculistica o urologica, più di 180 per una visita cardiologia, oltre 280 per un eco-color doppler, addirittura 340 giorni per un’ecografia all’addome.
Nel II Rapporto regionale curato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, lo scenario poco edificante dei cittadini del Lazio alle prese con le tante contraddizioni della sanità regionale, alla luce dei 4023 casi giunti al servizio Pit (Progetto integrato di Tutela) di Cittadinanzattiva Lazio dal 1 gennaio al 31 dicembre 2010.
La “fotografia” del Sistema Sanitario laziale dal punto di vista dei cittadini è stata presentata a Roma, alla presenza di esponenti istituzionali, operatori del settore e organizzazioni impegnate a vario titolo in ambito sanitario.
“Con un sistema sanitario in fase di ristrutturazione noi crediamo che il principio della contestualità sia sacrosanto”, ha dichiarato Giuseppe Scaramuzza, segretario regionale di Cittadinanzattiva- TDM Lazio. “Si chiudono i servizi solo laddove si riesce a garantire contestualmente l’apertura di nuovi e più adeguati servizi sanitari”.
Sanità regionale & disagio dei cittadini: i problemi più sentiti dai cittadini sono la mancanza di informazione e il conseguente disorientamento (18,2%), i presunti errori (17,2%) e la difficoltà di accesso alle prestazioni (11,9%). Seguono, rapporto con medici/personale sanitario (8,7%), denunce varie (7,1%), invalidità e accompagno (5,4%), liste di attesa (5%). Nel dettaglio:
Richiesta di informazioni e conseguente orientamento (18,2% del totale dei casi): poca chiarezza che accompagna compiti e doveri dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta (30% delle segnalazioni relative); incompletezza delle informazioni relative al pagamento del ticket al Pronto Soccorso e alle patologie per le quali è prevista l’esenzione (27%); difficoltà di comprensione della normativa di riferimento (22%); non conoscenza di funzionamento ed organizzazione dei servizi (18%), dall’ospedalizzazione alla riabilitazione, dalla scelta del medico ai diritti rispetto alle visite a domicilio, dal come prenotare un esame al conoscere gli orari di apertura degli studi; salute & diritto del lavoro (2%).
Presunti errori diagnostici e terapeutici (17,2% dei casi), principalmente in oncologia (26% delle segnalazioni relative): sottovalutazione sintomi, mancata diagnosi tempestiva, mancata prescrizione di accertamenti idonei a favore di accertamenti non idonei, errata lettura di accertamenti diagnostici, errata diagnosi e falso negativo, etc. Ortopedia (24%): diagnosi errata o tardiva, non riconoscimento di lesioni in atto, sottovalutazione sintomi segnalati dal paziente, errata immobilizzazione, mancato rilevamento di tutte le lesioni in politraumatizzati, etc. Seguono, chirurgia generale (15%), cardiologia (7%), diagnostica e ginecologia (6% ciascuno), medicina generale (4%), oculistica ed otorinolaringoiatra (3% ciascuno), odontoiatria ed urologia (2%), pediatria (1%).
“Anche se non sempre dietro una segnalazione sussiste un errore medico rilevante giuridicamente”, specifica Scaramuzza, “permane nei cittadini la convinzione di aver comunque subito un torto ogni qual volta viene meno il rapporto fiduciario con il medico. Vuoi per un consenso informato ridotto a mera formalità, vuoi per errori banali nella compilazione di referti, prescrizioni, certificati e cartella clinica. Anche a fronte di tali situazioni riteniamo che l’introduzione della mediazione in sanità rappresenti una buona occasione dal punto di vista della tutela dei diritti”.
Difficoltà di accesso alle prestazioni (11,9% dei casi), in primis quelle assistenziali (28% delle segnalazioni relative). Seguono le richieste per mancata assistenza (18%), info sulle modalità di funzionamento dei servizi (16%), complicazioni burocratiche (13%), servizi mancanti (10%), non erogati (8%) o erogati con ritardo ingiustificato (7%).
Rapporto con i medici/personale sanitario (8,7% dei casi), a causa del mancato rispetto di principi deontologici, scarsa umanità e sensibilità da parte di chi dovrebbe sempre porre al centro la persona e non semplicemente la malattia.
Denunce (7,1% dei casi): cattive condizioni delle strutture (57% delle segnalazioni relative), inadeguato trattamento degli utenti (26%), venir meno del diritto a continuità e qualità delle cure (14%), richiesta ingiustificata di pagamenti e rifiuti di rimborsi spettanti di diritto (3%).
Invalidità e accompagno (5,4% dei casi): le segnalazioni attengono soprattutto la consulenza, sia medica (60% delle segnalazioni relative) che tecnica (15%), seguite da richiesta di informazioni, sia generica (11%) che relativa alla Legge n. 80/2006 (7%).
Liste di attesa (5% dei casi): difficoltà di accesso a servizi e prestazioni (48%), attese e ritardi ingiustificati (25%), malfunzionamento liste di attesa (13%), mancata erogazione del servizio (10%), esenzione pagamenti (4%).
“L’ottimo lavoro del RECUP”, conclude Scaramuzza, “è in gran parte vanificato dal fatto che solo poche aziende forniscono una percentuale significativa delle agende. Il risultato è che oltre il 60% delle prestazioni erogate nel Lazio non sono prenotate. Questo dato si colloca fuori da ogni controllo del Servizio regionale di prenotazione, e non fa che alimentare in tanti cittadini un comune senso di ingiustizia perché può facilmente nascondere un sistema di favoritismi, clientele e concussione, se non di corruzione”.
A Roma percentuali particolarmente alte di prestazioni erogate ma non prenotate si riscontrano presso l’Umberto I (85,8% di prestazioni “fuori lista”) e ASL Roma H (64,9%). In provincia, si distingue in negativo l’ASL Viterbo (70,9%), seguita da ASL Frosinone (68,1%) e ASL Latina (67,6%); valori più contenuti presso l’ASL Rieti (49,5%).
10 proposte per una sanità regionale non più centrata solo sul tema “posti letto”
1. Adeguare il finanziamento regionale in considerazione del ruolo della città di Roma, riconoscendo formalmente la particolarità di Roma Capitale anche dal punto di vista sanitario.
2. Rafforzare l’integrazione territorio-ospedale e quella socio-sanitaria, promuovendo da un lato il ruolo dei case manager e, dall’altro, attivando i 7000 letti di RSA accreditati ed i trattamenti di assistenza domiciliare (ADI), oltre che offrendo alternative ai tagli delle strutture riabilitative.
3. Rafforzare il ruolo di programmazione della Regione, lasciando alle ASL la responsabilità di garantire le prestazioni ai propri assistiti attraverso accordi con soggetti pubblici e privati, nel rispetto di comuni standard di qualità e a verifiche effettuate anche con il punto di vista civico.
4. Puntare sui medici di famiglia e pediatri per costituire il fulcro dell’assistenza sul territorio.
5. Affrontare il tema dell’assistenza domiciliare, vera emergenza regionale: ad oggi è garantita in minima parte solo nei giorni feriali mentre nei giorni festivi e prefestivi l’unico “riparo” è l’ospedale.
6. Ridefinire in maniera più equa le rette per gli utenti delle RSA, da calcolate in base ad una rimodulazione che tenga conto di diversi scaglioni di reddito ISEE;
7. Approvare il Piano regionale di governo delle liste di attesa convocando tutti gli attori per non arrivare impreparati a fine aprile. A tal fine sembra determinante puntare sulla piena potenzialità del sistema del RECUP, mediante 4 mosse: unificare i data base dei CUP, garantire una gestione unica dell’anagrafe dei cittadini, rendere prenotabili tutte le agende pubbliche, aprire al RECUP le agende degli erogatori privati.
8. Potenziare i Piani per la trasparenza, previsti dal D. Lgs. n. 150/2009, per dare impulso a due azioni strategiche: sviluppare sistemi di integrazione tra valutazione civica e indagini di soddisfazione; coinvolgere utenti e cittadini in operazioni come la verifica della qualità di protesi e di ausili o il rispetto dei capitolati di appalto di servizi, già praticato da molte aziende sanitarie.
9. Implementare politiche locali della sicurezza secondo i 10 principi individuati, sin dal 2000, nella Carta della sicurezza nella pratica medica e assistenziale, promossa da Cittadinanzattiva
10. Adottare al livello aziendale la Carta della qualità in chirurgia e la Carta della qualità in medicina interna, due strumenti, scritti a quattro mani con le società scientifiche dei chirurghi e dei medici internisti (ACOI e FADOI), per tradurre in organizzazione dei reparti di chirurgia e di medicina interna la volontà di migliorare qualità e sicurezza delle cure.
Fonte: www.cittadinanzattiva.it
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