giovedì 14 aprile 2011

TRIBUNALE DI BRESCIA: DISCRIMINATORIA L'ORDINANZA DEL COMUNE DI CALCINATO CHE CHIEDEVA AGLI STRANIERI UN REDDITO MINIMO E L'IDONEITÀ DELL'ALLOGGIO AI FINI DELL'ISCRIZIONE ANAGRAFICA E SUBORDINAVA L'OSPITALITÀ DI CITTADINI STRANIERI ALL'IDONEITÀ ABITATIVA

Prima pronuncia giurisdizionale in Italia sul divieto di "ethnic-profiling". Discriminatori e vietati dalla legge i controlli della polizia municipale limitati a talune categorie di residenti o aspiranti tali, scelti in base alla nazionalità.

Il Tribunale di Brescia, sez. V.G., con ordinanza dd. 31 marzo scorso (n. 588/2011), ha accolto il ricorso presentato dall'ASGI e dalla Fondazione Guido Piccini per i diritti dell'Uomo ONLUS di Brescia contro l'ordinanza del Sindaco del Comune di Calcinato (prov. di Brescia) , con la quale veniva richiesto ai cittadini stranieri che richiedevano l'iscrizione anagrafica la dimostrazione di un reddito minimo in analogia con quanto previsto per l'iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari e l'esibizione del passaporto valido con regolare visto di ingresso, nonché la certificazione di idoneità dell'alloggio rilasciata dagli uffici tecnici, richiesta in quest'ultimo caso anche ai cittadini dell'Unione europea. Con il medesimo provvedimento, il giudice di Brescia ha accertato i profili discriminatori dell'ordinanza del Sindaco di Calcinato nella parte in cui prevedeva che coloro che intendevano dare ospitalità ai cittadini stranieri e dunque erano sottoposti alla disciplina di comunicazione di detta ospitalità prevista dall'art. 7 d.lgs. n. 286/98, dovevano pure fornire informazioni aggiuntive relative alla capienza dell'alloggio e alla certificazione di idoneità del medesimo.

Il giudice civile di Brescia ha riconosciuto il carattere discriminatorio dell'ordinanza del Sindaco di Calcinato in quanto essa viene a ledere il principio di parità di trattamento tra straniero regolarmente soggiornante e cittadino in materia di iscrizione anagrafica, sancito dall'art. 6 c. 7 del d.lgs. n. 286/98 (T.U. immigrazione), poiché per l'iscrizione anagrafica degli stranieri venivano richiesti requisiti aggiuntivi rispetto a quelli previsti per i cittadini italiani (la dimostrazione del reddito minimo, la certificazione di idoneità abitativa). Di conseguenza, il giudice ha constatato che l'ordinanza del Sindaco non trovava alcun fondamento nella normativa primaria e secondaria in materia di iscrizione anagrafica. Ugualmente, l'applicazione dei requisiti reddittuali, in analogia con quanto previsto per i cittadini comunitari dal d.lgs. n. 30/2007, è destituita di fondamento giuridico in quanto i presupposti normativi sono diversi, poichè per i comunitari, all'atto dell'iscrizione anagrafica, viene verificata anche la ricorrenza delle condizioni per il soggiorno nel territorio nazionale per un periodo superiore ai tre mesi. Ugualmente la richiesta di esibizione del passaporto munito di visto di ingresso nel territorio nazionale non trova una razionale causa giustificatrice poiché la regolarità del soggiorno dello straniero è sufficientemente comprovata dal permesso di soggiorno e, comunque, l'accertamento della regolarità del soggiorno degli stranieri è demandata ai competenti uffici statali, mentre i Comuni non hanno poteri in materia di controllo dell'immigrazione.

Sono state ugualmente ritenute discriminatorie dal giudice di Brescia le disposizioni dell'ordinanza sindacale che "integrava" illegittimamente le norme in materia di comunicazione dell'ospitalità dello straniero di cui all'art. 7 del Testo Unico imm., prevedendo la comunicazione di informazioni ulteriori relative alla capienza abitativa dell'alloggio e alla certificazione di idoneità alloggiativa. Il giudice di Brescia ha riconosciuto come in tale modo erano stati introdotti dei requisiti aggiuntivi (un quid pluris) non previsti dalla normativa e tali dunque da poter avere un effetto dissuasivo all'ospitalità nei confronti di cittadini stranieri.

Ugualmente, il fatto che, per effetto di tale ordinanza sindacale, gli organi comunali potevano disporre controlli e sopralluoghi sulla salubrità e le condizioni di abitabilità degli alloggi, solo in relazione al fatto che questi erano abitati da cittadini stranieri ovvero quest'ultimi vi potevano essere ospitati, costituisce per il giudice di Brescia una discriminazione vietata dall'ordinamento giuridico, in quanto viene a ledere il principio di imparzialità dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Costituzione. Così si esprime il giudice di Brescia: "Invero, se deve pur ammettersi che il Comune, nella persona del Sindaco, ha poteri di controllo dell'abitabilità degli alloggi, con eventuale possibilità di intervento in caso di carenze igienico - sanitarie degli stessi (art. 4 D.P.R. 425/94), nonché in caso di superamento dei limiti stabiliti dal D.M. 05/07/1975, per evitare il sovraffollamento delle abitazioni, tuttavia, occorre evidenziare che detti poteri vanno esercitati osservando il principio di imparzialità dell'azione amministrativa previsto dall'art. 97 Cost. Sicchè, ove detti poteri vengano esercitati utilizzando criteri di scelta dei soggetti controllati che non hanno il carattere della generalità dei residenti nel territorio comunale, ma sono limitati solo a talune categorie di aspiranti residenti, scelti in ragione della loro nazionalità (e segnatamente, agli stranieri comunitari ed extracomunitari), allora il comportamento viola il principio di parità di trattamento, e pertanto assume carattere discriminatorio in relazione a dette categorie di soggetti".

L'ordinanza del giudice di Brescia è dunque significativa in quanto costituisce forse il primo precedente giurisprudenziale in Italia che affronta la tematica definita nel mondo anglosassone con il termine di '"ethnic - profiling", cioè l'uso o l'influenza di stereotipi o di fattori etnico-razziali o religiosi da parte delle forze di polizia o delle autorità pubbliche nelle proprie attività di controllo delle persone e delle loro attività, senza una ragionevole giustificazione. La Commissione Europea contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI), l'organo indipendente del Consiglio d'Europa specializzato nella lotta al razzismo e alla discriminazione razziale, ha presentato nell' ottobre 2007 una sua raccomandazione di politica generale ( n. 11) chiedendo agli Stati membri di prevenire e contrastare tale fenomeno.

Il giudice di Brescia ha dunque ordinato al Comune di Calcinato la cessazione del comportamento discriminatorio adeguando l'ordinanza a quanto stabilito dalla legge in materia di iscrizione anagrafica degli stranieri e dichiarazioni di ospitalità degli stranieri e condannando il Comune al pagamento delle spese legali. Il Comune dovrà inoltre pubblicare l'ordinanza sul proprio sito Internet.

Tuttavia, il giudice di Brescia ha respinto le richieste dei ricorrenti della pubblicazione dell'ordinanza, a spese del Comune, su un quotidiano nazionale o regionale. Tale parte della decisione del giudice desta perplessità avendo in considerazione il carattere collettivo della discriminazione effettuata dal Comune di Calcinato ed il fatto che in tali circostanze la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea ha riconosciuto l'opportunità della pubblicazione della decisione giudiziaria quale sanzione effettiva e dissuasiva per la discriminazione effettuata. 



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